Benessere organizzativo: una chiave di volta anche per la produttività delle aziende
Il lavoro, si sa, è fatto di alti e bassi. I manager alla guida delle aziende, conoscono benissimo l’importanza del benessere dei lavoratori: ad un livello basso, corrisponde (solitamente) un rendimento al di sotto delle attese e viceversa.
Per meglio comprendere la situazione, Jointly, B Corp ® italiana che si occupa di Corporate Wellbeing, e Modus, team di professionisti con competenze trasversali che operano nella consulenza per le organizzazioni, nella formazione e nel sostegno alle persone, hanno creato l’Osservatorio Jointly Balance, con l’obiettivo di analizzare concretamente l’impatto che un programma di benessere organizzativo ha sulle persone e di conseguenza sull’azienda. L’Osservatorio ha analizzato, dal 2020 ad oggi, uncampione statisticamente rappresentativo di 500 persone che hanno usufruito del servizio di counseling aziendale.
“Il beneficio di adottare all’interno della propria azienda una serie di strumenti di ascolto è quello di evitare l’insorgere o il peggioramento di situazioni di malessere individuale, affrontando tempestivamente i segnali e intervenendo a sostegno. È ormai consolidato che l’investimento in strumenti e pratiche di benessere organizzativo, anche a supporto dei dipendenti, favoriscono l’engagement dei lavoratori. Il servizio che combina counseling e supporto psicologico alle persone è da considerare parte integrante di una strategia più ampia per ascoltare e comprendere i propri collaboratori e affrontare meglio le nuove sfide organizzative e di business. Le aziende non possono più fingere che tutto sia come prima, oggi il lavoro deve essere organizzato al fine di far star bene i propri dipendenti, perché il malessere ha ripercussioni negative sul modo di lavorare, e sul fatturato dell’azienda stessa a seguire. Adottare strumenti di benessere organizzativo permette di creare un ambiente di lavoro positivo”, dice Anna Zattoni, Founder e Presidente Jointly.
I risultati degli studi effettuati
Da aprile 2020 a luglio 2023 centinaia di persone distribuite in Italia hanno richiesto il servizio Jointly Balance e hanno fruito di un primo colloquio di supporto e orientamento con un counselor-psicologo (il 51% delle persone che ne hanno avuto l’opportunità). Il 77% delle persone che ha svolto il primo colloquio ha attivato il successivo percorso di counseling di tre colloqui. Altri hanno ulteriormente proseguito, o stanno proseguendo, in ulteriori percorsi di counseling o sono stati indirizzati in altre forme di supporto.
La maggior parte delle persone che hanno usufruito del servizio sono donne (il 64%), concentrate nella fascia tra 30 e 50 anni di età e in larga maggioranza con figli e con un partner. In ampia misura si tratta di persone che svolgono funzioni impiegatizie, ma accedono in misura significativa anche ad aree manager e dirigenziali dirigenti, con un aumento dell’accesso di questi ultimi.
Al momento della richiesta le motivazioni relative il lockdown rappresentavano l’7,8%, con punte più elevate a ridosso della pandemia. In seguito al colloquio di orientamento tale percentuale si è ridotta al 2%.
Tra le motivazioni più utilizzate per la richiesta del servizio, ci sono i problemi personali che coprono inizialmente il 42,4% fino ad arrivare al 46,5% nel 2023, i problemi relazionali personali passano dall’11,3% al 16,2%. Diminuiscono i problemi di tipo professionale organizzativo (da 19,5% a 17,5%) e relazionali lavorativi (da 18,9% a 17,8%). Per il 35% dei fruitori dei percorsi, le tematiche sono state di tipo lavorativo, in misura prevalente inerenti al proprio ruolo, nel senso di difficoltà a svolgerlo per cambiamenti interni all’azienda o difficoltà nel definire tempi e spazi di lavoro ben separati da quelli domestici; negli altri casi, si è trattato di situazioni relative alla sfera personale, con tematiche e risvolti diversi (46,5%).
Andando nello specifico, emerge che per oltre un terzo delle persone (il 34%) le tematiche, personali o lavorative, presentavano marcati tratti di problematicità relazionale.
“Il benessere dei collaboratori è stato riconosciuto dai manager italiani tra le priorità strategiche per rispondere in maniera efficace alle nuove sfide organizzative e le aziende che hanno una strategia di wellbeing ben definita possono registrare un aumento fino al 18% dell’ebitda (dato Mckinsey)”, dice Francesca Rizzi, amministratore delegato di Jointly. “Forse il più importante impegno di ‘empatia organizzativa’ consiste nel valorizzare e costruire nuovi stili e modelli di leadership e di comunicazione. Occorre una leadership supportiva, meno invasiva e orientata a ‘contenere’ preoccupazioni e pensieri dei propri collaboratori, ma non a sostituirsi ad essi, in grado di utilizzare anche le nuove tecnologie di comunicazione. L’esperienza maturata negli ultimi quattro anni da Jointly conferma che – accanto ai tradizionali problemi del disagio nei contesti lavorativi – le persone sempre di più ricercano vicinanza, rispecchiamento con la propria azienda. Un nuovo “patto” di engagement basato su valori comuni e rispetto reciproco, che è particolarmente sentito dalle donne lavoratrici, i giovani e i neoassunti”.