Chi controlla il mercato della conoscenza in Rete?
Il problema strategico di tutti e di tutto nella fase attuale? Solo uno: come possiamo governare la conoscenza in un flusso sempre più caratterizzato da processi come l’interdipendenza, la globalizzazione e la crescita della Rete?
Domanda complessa, risposta pragmatica. Le posizioni dominanti sul mercato per il controllo della conoscenza generano profitti di grande rilevanza per cui monopolisti ed oligopolisti cercano di mantenere una nuvola di opacità sulla sua esistenza e sui meccanismi economici che lo governano. Un esempio concreto? Pensate ai brevetti sui farmaci “brandizzati” rispetto ai principi di base che potrebbero costare molto di meno all’utente finale. Oppure pensate ai grandi big del web che governano i nostri dati e le nostre informazioni. Ci provano in tanti a rendere questo mercato ancora più opaco: pensate a tutte le norme vessatorie di regolazione del Web che provano a intercettare e rompere la piena libertà dei flussi, quella per cui esistono mondi di fake news ma anche la piena libertà di tutti di scegliere consapevolmente le cose a cui credere. Nel tentativo di mettere confini e barriere che limitino il processi di libertà, falliscono in molti se non tutti perché, da qualche parte nel sistema, c’è sempre qualcuno che rompe il monopolio, che cambia lo schema, che diffonde un segreto, che innova il mercato.
La conoscenza in rete: come un flusso d’acqua
Un tempo non lontano li avremmo chiamati rivoluzionari. E il bello è che non ci sono norme che possano fermarli perché il capitalismo intellettuale abita, per definizione, il mondo. È il regno della Rete, delle interdipendenze globali e si muove a suo agio in un contesto di libero scambio, mal sopportando restrizioni protezionistiche, isolamenti anacronistici o iniquità generazionali dovute alla lentezza con cui si evolvono i soggetti presenti sul mercato. Ma c’è di più: poiché non si tratta della scelta individuale di uno ma del flusso strategico di molti, il mondo 4.0 quando trova un ostacolo si comporta come l’acqua: si espande, si innalza, si insinua fino a che l’ostacolo non viene bypassato. All’inizio, non è semplice da metabolizzare, anzi si rischia di non capire che è saltato lo schema, si è dissolto il format a cui eravamo abituati.
Cambio di motto
Il motto collettivo non è più l“uno per tutti, tutti per uno” che ha ispirato lo spirito dell’Illuminismo e l’evoluzione meccanicistica e oligopolistica dei due secoli successivi. Nel capitalismo delle reti, si vince solo se vincono tutti: la relazione esistente tra i “grandi successi” ed i tanti contenuti/saperi di nicchia è frutto di un processo di competizione collaborativa. È un ecosistema in cui le specie emergenti sono quelle che vivono, per così dire, in simbiosi fra di loro. “Uno per uno, tutti per tutti”: è questo il nuovo slogan vincente che risuona nelle reti e nei social network. Prendiamo ad esempio, un classico: la legge di Pareto sulla distribuzione della ricchezza. È la cosiddetta “legge della libreria”. Ha tante applicazioni ma la più nota è quella per cui il 20% dei prodotti (i libri esposti sullo scaffale) fanno l’80% del fatturato. Peccato che, nell’economia del mondo 4.0, gli scaffali siano infiniti e che sia vero esattamente il contrario: i siti e/o i contenuti che attirano più traffico sono quelli che si mettono meglio al servizio della Rete. Tutti al servizio di tutti. Il caso di Google è lampante: il suo valore sarebbe inesistente se non ci fossero milioni, anzi miliardi di siti/contenuti di nicchia da trovare. D’altra parte, i siti di nicchia sono tanto più utili quanto più facilmente si trovano grazie all’uso dei motori di ricerca. In un “media” senza limiti di spazio come la Rete, i “soggetti stellari” come Google non tolgono spazio agli altri. È il potere della competizione collaborativa, della simbiosi tra i bestseller e i contenuti di nicchia. Ma i sistemi aperti, i sistemi senza frontiere sono bellissimi ma hanno un problema: quello della vulnerabilità. Più Rete, più connessioni e più conoscenza vogliono dire più persone che possono fare scelte consapevoli, ma anche un maggior livello di caos. Di qui, l’importanza crescente di affinare i processi di governo della variabilità e dell’incertezza. Il Mondo 4.0 è un’epoca complessa che, come tutti i sistemi complessi, non può avere soluzioni predeterminate, killer application, finali chiusi. La nostra epoca e, tanto più, il futuro possono avere solo finali aperti.
Cambiamento epocale
Tutto è cambiato perché non viviamo più in cubi ma in un sistema a rete. La rete ha tanti vantaggi rispetto al cubo: è flessibile, è dinamica, è elastica, si adatta in maniera rapida al cambiamento perché dal cambiamento stesso è stata generata. Ma è anche molto più vulnerabile agli shock perché è sempre e comunque interconnessa, per cui quando si smaglia o si spezza in un punto lo shock si ripercuote simultaneamente su tutti i gangli del sistema. L’epoca che può sicuramente vantare il maggior patrimonio di sicurezza nella Storia è anche l’epoca delle reazioni di insicurezza planetarie che si scatenano in modo spesso incontrollato su tutta la Rete alla velocità della luce. D’altra parte, la connettività è la grande novità del nostro mondo: questa possibilità è sempre esistita tra gli uomini, ma prima non eravamo capaci di utilizzarla. Adesso siamo ad un passaggio cruciale, quello che unisce in un ponte simbolico i termini “collettivo” e “connettivo”. È una ragnatela che ha avvolto il globo, una rete sensibile perché fatta di persone e diventata nel tempo sempre più simile ad un vero e proprio sistema nervoso. È anche per questo che è un mercato complesso quello per il controllo della conoscenza. Un mercato difficile da governare se si prendono a riferimento le regole economiche del passato. Non dobbiamo fare questo errore perché gli ostacoli o le posizioni monopolistiche che ne possono derivare sono straordinariamente grandi e pericolose. Dalla capacità di garantire apertura di questo mercato, dipende la piena opportunità di tutti di accedere alla Rete ed alla conoscenza, ovvero l’efficienza dell’intero sistema economico e sociale del futuro prossimo venturo.
A cura di Angelo Deiana
Tratto da Uomo&Manager di Gennaio 2019