Daniele Contini: “Bisogna imparare ad anticipare i trend!”

Daniele Contini è il Country Manager di Just Eat in Italia. Un ruolo fondamentale, in un’azienda che da subito ha riscosso un grande successo nel nostro Paese. Contini è una figura di riferimento in Italia nel mondo della digital economy per aver contribuito al lancio di numerose startup, come Subito.it, che in poco tempo sotto la sua guida è diventata una realtà importante nel proprio settore. Con Just Eat i risultati non sono tardati ad arrivare, oltre che per la validità del progetto, anche per la competenza di Daniele Contini, che sta contribuendo in maniera decisiva alla crescita dell’azienda. Noi lo abbiamo incontrato e con lui abbiamo discusso del ruolo del manager moderno e non solo.

Cosa significa essere manager in Italia di una azienda internazionale?

Ho lavorato prevalentemente in aziende a carattere internazionale e non solo e ho dunque avuto la possibilità di vivere entrambe le realtà e confrontarle. Gli aspetti più interessanti del lavoro per un’azienda internazionale sono la possibilità di avere una grande apertura visiva e mentale ad altri mercati. Questo fattore consente di scambiare esperienze e confrontarsi con altri manager che affrontano sfide nei propri Paesi. Per me è stato importante per capire situazioni differenti e affrontarle in maniera consapevole ed efficace in Italia.

Cosa rappresenta oggi Just Eat in Italia?

È una realtà che punta a conquistare tutti gli italiani. Un servizio consumer che vuole potenziare le abitudini di consumo tramite l’applicazione digitale nel mondo del cibo. Per noi è una sfida: l’Italia ha una grande tradizione gastronomica, diversa da Regione a Regione, ma anche differenze di digitalizzazione da una zona all’altra. Noi vogliamo far scoprire il cibo in un Paese così attento alle sue tradizioni alimentari.

Qual è la chiave di volta del successo di Just Eat?

Sono diverse: la varietà dell’offerta, il fatto di presentare e offrire quasi 5000 ristoranti tra i quali scegliere, in centinaia di comuni, la distribuzione capillare, la possibilità di scelta tra diverse tipologie di cucina. In Italia, ad esempio, abbiamo una forte tradizione legata alla pizza: noi stiamo cercando di far conoscere altre realtà, come la cucina giapponese, cinese o greca. Siamo attenti alla qualità, che per noi non è sinonimo di cibo costoso, come fanno alcuni nostri competitors, ma offriamo un ottimo rapporto qualità/prezzo. Vogliamo dare la stessa scelta che c’è per i ristoranti.

Fenomeno App: quanto funziona in Italia per quanto riguarda i servizi a pagamento?

Per le informazioni che ho e per la mia esperienza è un fenomeno che funziona molto bene per le piattaforme di gioco, che offrono modelli di acquisto in app. Sono quelle più redditizie. Per il resto vanno molto bene quelle in abbonamento. Ritengo siano molto interessanti anche quelle legate al fitness, che offrono una versione base e poi la versione a pagamento.

In Italia siamo al passo con la concorrenza estera?

I dati oggi dicono che siamo indietro. Su due aspetti. In primis le infrastrutture digitali, infatti sono molti gli italiani che non hanno accesso a internet ad alta velocità, il secondo è l’aspetto umano, ossia oggi in Italia la capacità innovativa è più bassa perché a livello di formazione ci sono poche risorse allocate per la quella tecnologica. Il settore dell’ICT occupa solo il 2,5% dei lavoratori rispetto ad una media europea del 3,5%. Un altro elemento importante è che, a livello di quota operatori, l’Italia è tra i fanalini di coda dal punto dell’occupazione vista femminile in questo settore. Inoltre, siamo l’ultimo Paese in Europa sull’impiego di giovani sotto i 35 anni. Questo è molto grave.

Spesso i manager sono costretti a spiegare alle aziende le dinamiche del nuovo mercato: come vengono recepite?

Personalmente, ho sempre riscontrato interesse, supporto e rispetto. Non solo nella mia esperienza presente, ma anche in quelle passate. Le aziende sono interessate e consapevoli dell’importanza dell’ascolto e hanno coscienza dell’importanza dello stesso. Mi pare di vedere che la situazione a livello europeo dimostri l’importanza di un approccio glocal, che abbia la capacità di coniugare la situazione globale con le singole esperienze e necessità locali.

Internet è un mondo ancora virtuale o possiamo definirlo ormai uno strumento della vita reale?

È parte della nostra vita. Lo vedo sotto due profili. Il primo è quello di fare cose che si facevano prima dell’arrivo dello stesso, in maniera diversa. L’altro aspetto è quello che internet ha introdotto nuove attività che prima non esistevano, l’esempio classico è quello dei social network o dei giochi online.

Oggi su cosa si deve puntare per un business vincente?

Sono tre i punti: la soddisfazione del cliente, l’innovazione e il saper anticipare i trend di consumo. È fondamentale capire cosa le nuove generazioni vogliono e cosa vorranno da qui a cinque anni. Questo rende divertente lavorare nel mio ambito.

Quali sono le qualità indispensabili per un manager moderno?

Attenzione nello svolgere bene la propria attività, la disponibilità a lavorare con il cuore, la convinzione che lavorare bene voglia dire anche divertirsi e avere soddisfazione personale, oltre che ovviamente dei clienti. In ultima battuta direi essere consapevole che oggi le nuove generazioni sono più motivate alla realizzazione personale e questo rende il mercato del lavoro più dinamico.

Dopo l’esperienza a Subito.it. è andato a lavorare all’estero: perché è tornato?

Ho svolto un ruolo internazionale che mi ha portato ad essere spesso all’estero. Ho visitato diversi Paesi europei e non solo. Le ragioni che mi hanno spinto a tornare sono di tipo personale. Era difficile far collimare le esigenze del lavoro e della famiglia.

Secondo Lei è ancora attuale parlare di “cervelli che fuggono dall’Italia”?

Fuga di cervelli è un termine che non mi piace molto. Preferisco parlare di cervelli in movimento: persone che cambiano Paese per fare esperienza, soprattutto in età giovanile. Trovo sia giusto cercare nuove esperienze. Soprattutto nel nostro settore è fondamentale confrontarsi per crescere. È uno scambio positivo. L’Italia deve imparare ad essere un Paese attrattivo dal punto di vista lavorativo. Un esempio al quale ispirarsi è Barcellona dove c’è un ecosistema positivo e virtuoso sotto vari aspetti che facilita questo tipo di dinamiche.

In un mondo sempre più social e digital, come deve presentarsi oggi un manager pubblicamente?

Oggi deve presentarsi in maniera trasparente, non solo per quanto riguarda la sfera lavorativa, ma anche nella vita privata, poiché rappresenta in ogni momento l’azienda per la quale lavora: specialmente sui social occorre tenerlo presente. Questo relativamente alle opinioni personali che si esprimono. Ciò, a mio giudizio, è positivo perché così si è sempre se stessi.

Tratto da Uomo&Manager di Novembre 2016