Eric Duffaut: “CIO, l’uomo del nuovo rinascimento”
Eric Duffaut è Chief Customer Officer e membro del Management Board di Software AG dall’ottobre 2014, con alle spalle un’importante esperienza lunga oltre 20 anni nella vendita sui principali mercati internazionali dell’industria IT ed è uno dei manager più apprezzati nel suo ambito. Recentemente ha tenuto una conferenza a Milano in cui si è parlato della figura del CIO e di molto altro. Noi non ci siamo lasciati scappare l’opportunità di confrontarci con lui.
Qual è il ruolo dell’IT nel mondo del management di oggi?
Parte dall’alto! L’innovazione tramite software – o digitalizzazione – è nell’agenda strategica di tutti. I dirigenti devono concentrarsi sul rafforzamento dell’innovazione aziendale attraverso lo sviluppo in-house di software agili e dotarsi di un know-how dell’architettura IT all’interno delle loro aziende. Semplicemente non è possibile sopravvivere nell’era digitale basandosi esclusivamente su software, modelli e logiche di business preconfezionati provenienti, ad esempio, dai vendor di sistemi ERP tradizionali che offrono applicazioni statiche. In Software AG notiamo che ogni azienda sta diventando un business software ed è fondamentale che ognuna di esse si affidi ai software per accrescere il proprio vantaggio competitivo. Così ogni leader C-level deve essere in grado di pensare in termini di IT o software per immaginare nuovi modelli e nuove possibilità di business, e deve riuscire a ri-immaginare la propria organizzazione e il nuovo valore di business che intende offrire nel prossimo futuro.
Ci sono business e tipologie di aziende che possono sopravvivere senza una forte gestione IT?
Chiaramente no. L’innovazione continua ad accelerare. Il numero di dispositivi connessi continua a crescere in modo esponenziale. E ci troviamo in un nuovo scenario. Non siamo più in un mercato business-to-business-to-consumer. Siamo in un mercato consumer-to-business. Il consumatore decide e questo sta cambiando il gioco! Oggi, l’innovazione è guidata dal software in ogni settore. Quasi ogni innovazione nasce da un’innovazione software. La digitalizzazione sta guidando l’innovazione a una velocità sempre crescente, con cicli di sviluppo e rilascio sempre più brevi. L’IT è ovunque e si potrebbe affermare che ogni società dovrebbe divenire una società software-driven per sopravvivere. L’IT determina il valore aggiunto che è possibile offrire ai propri clienti, i canali utilizzabili, la distribuzione, la progettazione di prodotti o servizi, in una parola: ogni cosa.
È ancora corretto definire le innovazioni legate all’IT come conseguenze della ‘New Economy’’?
È un termine che non sento da anni. La New Economy è stata sorpassata dallo tsunami della digitalizzazione. Sia l’ambito produttivo sia quello dei servizi ne sono stati pesantemente impattati ed i confini tra i due sono diventati sempre meno netti. La digitalizzazione consente ad ogni azienda produttrice tradizionale di reinventarsi come società di servizi digitali e l’adozione dell’Internet of Things accelererà ulteriormente questo aspetto dato che ogni dispositivo diventa un dispositivo intelligente. In futuro, qualsiasi cosa sarà una fonte di dati: il nostro smartphone, la nostra auto, l’allarme anti-fumo o il pacemaker e persino la nostra pelle – e tutti i dati che vengono generati produrranno nuove informazioni di altissimo valore. Il rilevatore di fumo, per esempio, potrebbe anche rilevare un intruso e denunciarlo alla polizia fornendo la posizione esatta, la nostra auto sarà in grado di comunicare in tempo reale al servizio meteo dove sta piovendo consentendo così di realizzare una previsione accurata, i dispositivi indossabili – i cosiddetti wearable devices – saranno in grado di eseguire qualsiasi tipo di manutenzione preventiva, portandoci “in assistenza” prima che qualcosa “si rompa”. Ogni produttore, a livello globale, sa che tutto questo sta arrivando e dovrebbe reagire il prima possibile attuando cambiamenti e digitalizzando la propria organizzazione prima che un concorrente lo spinga fuori dal mercato. Il vero denaro sarà costituito dal risultato della raccolta e dell’analisi dei dati, e dal valore di business – all’interno o all’esterno di qualunque settore – da questi generato. I dati rappresentano il nuovo petrolio, e il loro utilizzo costituisce la New Economy.
Quali sono i benefici e i rischi della digitalizzazione?
Il rischio più grande è che le aziende non reagiscano in modo appropriato: il cosiddetto “darwinismo digitale” non sarà clemente con coloro che attenderanno troppo a lungo. La trasformazione digitale di un’azienda non è un’opzione possibile. Non intraprendere un percorso di digitalizzazione vuol dire rimanere indietro rispetto alla concorrenza. Molte aziende mirano alla semplice sopravvivenza mentre nel frattempo coloro che abbracciano l’innovazione e si muovono velocemente traggono enormi vantaggi. Ne sono un esempio imprese come Netflix, Amazon o Uber: grande quota di mercato, profitti enormi ed eccellenti valutazioni di mercato. E non dormono sugli allori. Si dice che una start-up abbia a disposizione cinque anni per lasciare il segno prima che sia superata dalla generazione successiva. Pertanto ogni azienda deve realizzare una strategia di digitalizzazione persino per ciò che nel presente è ancora sconosciuto. Questa è la sfida più grande per imprenditori e leader. Il primo fattore chiave da considerare è rappresentato dal fatto che negli ultimi cinque anni il potere si è trasferito nelle mani del cliente finale. Comunicare e interagire attraverso molteplici canali, personalizzando l’offerta di prodotti e servizi, attuando azioni di marketing one-to-one, coinvolgendo i clienti nella progettazione dei prodotti, collaborando con i clienti in grado di accedere e confrontare i prezzi a livello globale, fornendo servizi digitali aggiuntivi e la possibilità per i clienti di poter influenzare in tempo reale le opinioni in qualsiasi luogo e momento, nonché di trarre benefici dalla collaborazione cross-industry. Un secondo fattore è l’Internet of Things o l’Industrial Internet, che avrà un impatto sulla digitalizzazione del mondo di gran lunga superiore rispetto a qualsiasi altra fase di digitalizzazione che ha riguardato gli ambiti sociali e consumer sino ad oggi – con opportunità enormi. Su tale aspetto siamo ancora nelle fasi iniziali e il chi, cosa, come e perché dell’IoT solleva molte questioni ancora aperte. Questo è il motivo per cui dico che i direttori di alto livello devono definire una strategia per prepararsi a un mondo ancora ampiamente sconosciuto e in evoluzione, e basarla su agilità e flessibilità.
Internet of Things: è una realtà o dobbiamo ancora considerarlo come un obiettivo da raggiungere in futuro?
L’adozione dell’IoT esploderà nei prossimi cinque anni, con stime da 20 a 40 miliardi di nuovi sensori che saranno online ad ancora stime più grandi del volume di dati generati. Sta già accadendo oggi. Perché? Perché l’Internet of Things sarà la ‘killer application’ per la digitalizzazione. Secondo il vecchio detto: non si può gestire ciò che non si può misurare, e tuttavia le tecnologie IoT disponibili oggi già consentono alle aziende di misurare e gestire quasi tutto. Questa è una buona notizia per le imprese che vogliono offrire di più, riducendo al contempo il consumo di risorse. È una buona notizia per le amministrazioni che gestiscono il traffico, la raccolta dei rifiuti, le riparazioni della luci in strada, e così via. Ed è anche una buona notizia per gli istituti di valutazione dei cambiamenti o dei danni ambientali. E persino i product designer la vedono come una buona notizia poiché vorrebbero conoscere le sollecitazioni e le tensioni attuali a cui sono soggetti i loro prodotti, e non più semplicemente quello che hanno calcolato nelle loro previsioni in fase di progettazione. È una buona notizia anche per noi di Software AG. L’IoT forzerà un enorme movimento verso lo sviluppo di software in-house da parte delle imprese insieme ai fornitori di software – noi la chiamiamo Co-Innovation. Sempre più aziende si rendono conto di questo. Se le aziende vogliono una spinta importante per l’efficienza o per sviluppare nuovi modelli di business digitali, hanno bisogno di sviluppare una strategia di digitalizzazione individuale e applicazioni di differenziazione. In grado di differenziarle dai competitor. Nulla di tutto ciò è acquistabile sugli scaffali.
Come dovrebbe essere oggi un manager alla guida di una società? Che cosa differenzia un leader da un manager?
Un leader deve essere un visionario ed un evangelista. Lei o lui dovrebbe favorire l’innovazione continua al fine di essere agili ed adattarsi come mai prima. Nel mondo di oggi, il veloce batte il lento. E questo è il motivo per cui la nuova generazione di leader è costituita da esperti di tecnologia. Gli effetti della digitalizzazione vanno ben al di là di qualsiasi cosa abbiamo visto in precedenza. Abbiamo parlato molto a proposito di aziende, ma sono milioni le persone che non hanno accesso alle infrastrutture di business tradizionale a cui è stato dato invece l’accesso all’economia globale proprio attraverso le tecnologie digitali. E andando ancora oltre, se c’è qualcosa che può aiutare a ridurre il nostro consumo di risorse, aumentando al contempo la produzione e innalzando gli standard di vita, questa è la digitalizzazione. Sarà la digitalizzazione a rendere possibile misurare l’impatto ambientale di ogni fenomeno, artificiale o naturale, e prendere provvedimenti. Recentemente, Microsoft ha annunciato una nuova iniziativa per curare il cancro e Facebook ha pianificato l’investimento di 3 miliardi di dollari per eliminare questa malattia. Questi sono esempi estremi ma mostrano come le aziende digitali siano in grado di ampliare i loro orizzonti verso una visione del possibile. Qui non stiamo parlando di miglioramento incrementale, ma di come le iniziative stiano cambiando le regole del gioco. Non sto dicendo che ogni business leader abbia bisogno di una visione globale ma è possibile cominciare con una sola impresa, un dipartimento governativo o un istituto scientifico alla volta. Inizia a mettere in atto cambiamenti. E poi? Chi può saperlo, il cielo non è più il limite.
Possono moderni software e piattaforme sostenere la crescita di un’azienda da una dimensione media a una più grande in termini di fatturato?
Certo! Solo una piattaforma software è in grado di sostenere un’azienda nella rivoluzione digitale in cui ci troviamo, e in cui ci troveremo nel prossimo decennio. Questa è senza dubbio l’arma competitiva e una grande opportunità per le aziende di medie dimensioni. Ancora una volta, non si tratta più del ‘grande che schiaccia il piccolo’, bensì del veloce che batte il lento. È il solo modo possibile per crescere. Questo è ciò che mi entusiasma ogni giorno. Ogni giorno parlo con i clienti, insieme esploriamo il possibile, l’innovativo, il dirompente. In Software AG, crediamo con passione nell’innovazione dei clienti. È nel nostro DNA. È ciò che siamo e che saremo sempre. Il nostro portfolio rispecchia questo al massimo. Riteniamo che nessuno meglio dei nostri clienti possa immaginare il futuro della loro azienda. È per questo che chiediamo ai nostri clienti non solo di delineare come migliorare attraverso azioni concrete, ma anche di immaginare quello che possiamo realizzare insieme. Questo significa più canali di servizio clienti in un nuovo coinvolgimento di partnership, il nostro reparto di ricerca e sviluppo che lavora al loro fianco, il nostro ecosistema di partner che diventa l’ecosistema di partner del nostro cliente, il nostro essere software vendor neutrale e indipendente che fornisce la possibilità ai nostri clienti di lasciare aperte le porte in merito alle loro scelte di business e IT al fine di adottare la soluzione migliore per loro esigenze.
Nella suo recente visita in Italia, lei ha parlato dell’evoluzione del ruolo del CIO. Com’è cambiato e quali sono state le principali influenze esterne?
I CIO sono praticamente i nuovi uomini del Rinascimento. Essi devono avere un occhio sulle numerose nuove tecnologie informatiche che emergono costantemente e un occhio su come la combinazione quasi infinita di queste tecnologie sia in grado di trasformare un business. Si tratta di un ruolo centrale e fondamentale in un’azienda digitale. Se ogni alto dirigente deve essere formato sulle possibilità del software allora ogni CIO deve avere una profonda comprensione delle possibilità, dei nuovi modelli di business, che stanno fornendo nuovo valore ai clienti ad un ritmo incredibile. Il CIO dovrebbe semplicemente unire tecnologia e business altrimenti lui o lei rischiano di perdere la propria rilevanza. Il CIO deve essere un trasformatore di business! La digital disruption è semplicemente l’innovazione digitale in azione. Rende l’inefficiente, efficiente. Riposiziona le risorse, a livello macro e di impresa, fino a collocarle dove sono in grado di generare le migliori performance assolute. È in grado di fornire risposte alle domande senza risposta del nostro tempo. Salva vite e migliora la qualità della vita.
Tratto da Uomo&Manager di Ottobre 2016