Essere lavoratore e genitore in Italia: cosa si aspetta chi ha dei figli dalle aziende?

lavoratore genitore

Lavoro e famiglia, quanto è difficile coniugare l’attività lavorativa con gli impegni familiari? La risposta è tanto. Essere lavoratore e genitore in Italia è tutt’altro che semplice e questo è confermato anche dalla ricerca “People at Work 2023: A Global Workforce View”, annuale survey redatta dall’ADP Research Institute, svolta su circa 33.000 lavoratori in 17 paesi, di cui circa 2.000 in Italia e di questi circa 1.000 genitori.

I risultati dello studio sui genitori che lavorano

Un primo dato immediatamente significativo è che il 40% dei genitori lamenti un mancato avanzamento di carriera, percentuale che scende al 30% tra i non genitori.

Tra le cause di insoddisfazione, il 43% lamenta di non avere avuto nessuno aumento in busta paga a fronte del maggiore carico di lavoro, percentuale che sale al 51% per chi ha figli da 5 a 10 anni.

”È normale che in una società moderna il mondo del lavoro si debba integrare in modo virtuoso con l’ambito privato e familiare. Le aziende sono ormai chiamate a svolgere un ruolo attivo nel comprendere e soddisfare le esigenze dei propri dipendenti. In questo contesto, i programmi di sostegno per i dipendenti con figli rappresentano una priorità a cui dedicare appositi strumenti di aiuto sia economici sia psicologici, e un supporto concreto ad esempio con asili aziendali, voucher babysitter o una flessibilità oraria e di spazi ancora maggiore, che punti soprattutto al raggiungimento degli obiettivi”, precisa Marcela Uribe, General Manager ADP South Europe.

Un po’ di ottimismo non manca

Sempre secondo lo studio, il 50% dei genitori che lavorano si aspetta un aumento in busta paga nel prossimo anno (il 55% dei non genitori), anche perché una percentuale del 29% ha dichiarato di lavorare in straordinario non retribuito almeno 6-10 ore a settimana (solo il 27% dei non genitori).

Se proprio non è possibile avere un aumento, la speranza è quella di avere almeno un premio una tantum per ammortizzare l’inflazione (40%), di ottenere dei buoni spesa/voucher (43%) mentre il 34% spera in un bonus. Solo il 12% starebbe pensando di passare a un part time (il 17% tra chi ha figli da 1 a 5 anni).

Ma la domanda chiave dello studio, a nostro modo di vedere, è “quale ritieni sia per te la cosa più importante nel lavoro?”: a questo interrogativo il 55% ha risposto il salario (52% dei non genitori), mentre il 44% considera fondamentale la sicurezza e la stabilità (contro una media italiana del 38% e il 32% dei non genitori). Il 32% dei genitori lavoratori ammette di non sentirsi sicuro e stabile nella propria azienda. Inoltre, il 45% si sente sottopagato, ma è un dato in linea con la media italiana.

Altro aspetto fondamentale quando si ha una famiglia è il fattore flessibilità, considerato da molti lavoratori un elemento cardine nella scelta di un posto di lavoro. Attualmente, il 14% gode di completa flessibilità, il 31% divide tempo in ufficio con tempo a casa, ma ancora un 52% lavora solo da ufficio; eppure, per il 38% lo smartworking ha semplificato il lavoro e la gestione famigliare. Nei prossimi 5 anni il 21% dei genitori lavoratori spera nella piena flessibilità, mentre il 19% non disdegnerebbe la settimana lavorativa di 4 giorni.