Giacca e cravatta o stile Marchionne? L’outfit del manager nel 2025

outfit del manager nel 2025

Nel 2025 il guardaroba del manager è al centro di una trasformazione silenziosa ma sostanziale. Le immagini classiche legate alla figura dirigenziale — il completo sartoriale, la cravatta impeccabile, le scarpe lucide — non sono sparite, ma hanno assunto un nuovo significato, in un panorama lavorativo che mescola formalità e spontaneità, tecnologia e identità personale. Il codice di abbigliamento, un tempo rigido e codificato, oggi si declina in una molteplicità di interpretazioni che riflettono lo stile, i valori e persino le strategie comunicative del professionista.

In questo contesto fluido, l’abito non è più soltanto una divisa: è una scelta. E dietro ogni scelta, c’è un messaggio da trasmettere, consapevole o meno. Il manager del 2025 si muove tra ambienti fisici e digitali, tra incontri in presenza e videoconferenze, tra spazi di coworking e sedi istituzionali. L’outfit si adatta, si reinventa, a volte sorprende.

Il peso della tradizione: giacca e cravatta resistono

Il completo classico continua a essere un elemento distintivo in molti settori, in particolare in ambiti come la finanza, il diritto e la consulenza aziendale, dove l’immagine trasmette ancora autorevolezza e affidabilità. Giacca e cravatta, in questo senso, sono più di un abbigliamento: sono strumenti simbolici che rafforzano l’identità professionale e contribuiscono a costruire un’aura di serietà e controllo.

Tuttavia, anche all’interno di questo universo apparentemente immutabile, si notano delle evoluzioni. Le linee sono più morbide, i tessuti più tecnologici e confortevoli, i colori meno rigidi. Non si tratta di stravolgimenti, ma di adattamenti sensibili. L’outfit classico si modernizza per rispondere alle nuove esigenze di comfort e mobilità, senza perdere la propria funzione comunicativa.

Il modello Marchionne e l’estetica dell’essenzialità

A distanza di anni, lo stile di Sergio Marchionne continua a influenzare l’immaginario collettivo, specie tra coloro che occupano ruoli di comando in settori innovativi. Il celebre manager si presentava regolarmente in pullover scuro e jeans, segnando una discontinuità netta con il formalismo tradizionale. Quel look, apparentemente semplice, non era frutto di trascuratezza, ma di una precisa dichiarazione: le idee e i risultati valgono più del vestito.

Molti manager nel mondo tech e nelle startup si ispirano a questa filosofia. Prediligono capi minimali, comodi, funzionali. Il maglione dolcevita o il cardigan sostituiscono la giacca, le sneaker affiancano — o sostituiscono — le scarpe in pelle. Questo approccio si lega spesso a un’idea di leadership orizzontale, vicina ai collaboratori, e a un rifiuto dei codici esteriori di potere.

Smartworking e ibridazione degli stili

Il diffondersi del lavoro da remoto ha rivoluzionato anche il modo in cui i manager si vestono. Le riunioni su Zoom e Teams hanno reso centrale la parte alta dell’outfit, mentre la componente inferiore, non sempre visibile, ha subito un progressivo rilassamento. In molti casi, è diventato frequente combinare una camicia elegante con pantaloni informali, o addirittura sportivi.

Ma l’impatto dello smartworking è andato oltre. Ha contribuito a una più generale contaminazione degli stili: capi formali e informali si mischiano sempre più spesso, dando vita a nuovi equilibri. La giacca destrutturata si abbina a una t-shirt tecnica, i pantaloni chino sostituiscono i classici in lana, le scarpe da ginnastica si fanno essenziali e dal design pulito.

Questa ibridazione è anche una risposta al bisogno di sentirsi a proprio agio, di conciliare il ritmo del lavoro con la cura di sé. In questo senso, persino la scelta di una lacca per capelli da uomo può riflettere la volontà di mantenere ordine e presentabilità, senza rinunciare alla praticità. L’aspetto, oggi più che mai, è un tassello della comunicazione personale.

Moda, sostenibilità e identità

Il tema della sostenibilità ha investito anche l’abbigliamento manageriale. Le nuove generazioni di dirigenti sono più attente alla provenienza dei tessuti, ai processi di produzione, all’impatto ambientale dei capi acquistati. Etichette come “Made in Italy” o “low impact” diventano segnali importanti, non solo per se stessi, ma anche per trasmettere determinati valori all’interno e all’esterno dell’azienda.

In parallelo, cresce l’interesse per la moda come strumento di affermazione della propria identità. La scelta di un colore, di una texture, di un accessorio fuori dagli schemi, può diventare un tratto distintivo. Questo non significa eccedere o ostentare, ma piuttosto riflettere un’idea più personale e dinamica della figura manageriale.

Si osserva anche un ritorno alla sartoria su misura, non tanto per ragioni di status quanto per rispondere al desiderio di capi che si adattino perfettamente al proprio corpo, al proprio ruolo, al proprio stile di vita. Una camicia ben tagliata, un pantalone che segue la linea naturale delle gambe, una giacca con spalle equilibrate possono fare la differenza, anche a schermo, durante una videochiamata.

Verso una nuova grammatica estetica

Ciò che sta emergendo nel 2025 è una vera e propria grammatica estetica del manager contemporaneo. Una grammatica che non impone, ma suggerisce; che non impacchetta l’individuo, ma lo accompagna. Le regole sono meno rigide, ma più raffinate. Occorre conoscere le convenzioni per saperle interpretare, e talvolta anche superare.

Un giovane dirigente in una multinazionale tech può scegliere di presentarsi a una conferenza in sneakers bianche, jeans scuri e blazer. Un CEO di una storica azienda manifatturiera potrà continuare a preferire l’abito sartoriale, ma sceglierlo in tonalità più chiare e abbinato a camicie senza cravatta. Un professionista della comunicazione potrà optare per un look total black essenziale, mentre una manager della sostenibilità potrà vestire fibre naturali con tagli innovativi.

Queste scelte, che a prima vista possono sembrare semplicemente stilistiche, sono in realtà veri e propri atti comunicativi. Parlano di valori, di contesto, di leadership. Il linguaggio dell’abito si è fatto più sottile, ma non meno potente.

Saper interpretare correttamente questa nuova grammatica estetica è ormai una competenza trasversale: non si tratta solo di “apparire bene”, ma di saper trasmettere attraverso il proprio aspetto un messaggio coerente con il proprio ruolo, con la propria visione e con il contesto nel quale si agisce.

Un dettaglio come il modo in cui si portano i capelli, per esempio, può sottolineare un approccio ordinato, moderno o più anticonvenzionale. Le immagini dei manager che si affacciano sui canali digitali mostrano una varietà di tagli, da quelli classici ben curati a quelli più creativi e rilassati, specchio della stessa varietà che si ritrova negli outfit.

Nel complesso, il 2025 è l’anno in cui l’abbigliamento manageriale smette definitivamente di essere uniforme. Diventa invece un terreno espressivo, in cui convivono rigore e libertà, tradizione e innovazione. L’importante non è tanto seguire una moda quanto comprendere cosa si vuole trasmettere, e farlo con coerenza, misura e consapevolezza.

(Pubbliredazionale)