Il 67% dei top manager è pronto a cercare altre opportunità per via degli stipendi non all’altezza

Maximilian Redolfi_Page Executive_top manager stipendi

Nell’articolo di ieri abbiamo reso noto il risultato di uno studio secondo il quale 4 dipendenti su 10 vorrebbero cambiare posto di lavoro entro l’anno. Oggi ci arriva un’altra notizia sul tema che coinvolge tantissimi manager. Infatti, secondo un’indagine Page Executive, il 67% dei top manager è pronto a cercare altre opportunità a causa dell’insoddisfazione lavorativa.

Il sondaggio ha coinvolto oltre 4.500 dirigenti in vari paesi tra cui Francia, Italia, Spagna, Germania, Brasile, Messico, Colombia, Regno Unito e Stati Uniti.

I motivi dell’insoddisfazione dei manager

Secondo i risultati dello studio, quasi la metà (il 46%) degli intervistati ha manifestato l’intenzione di lasciare la propria azienda entro i prossimi 5 anni. Un dato che sale in modo davvero incredibile in Italia (dove si attesta intorno al 60%) e la motivazione è molto chiara: l’82% di quelli che stanno valutando un cambio di azienda mette l’insoddisfazione lavorativa come causa principale, mentre il 67% indica il compenso non in linea con le proprie aspettative.

Due aspetti fondamentali sui quali le aziende, se non vogliono perdere i propri talenti, devono necessariamente riflettere con attenzione, trovando soluzioni ad una possibile emorragia di potenzialità.

“I risultati di questo sondaggio” dice Maximilian Redolfi, Managing Partner di Page Executive, “dimostrano che le aziende hanno sempre maggiori difficoltà a trattenere i top manager che, anche in questo momento di incertezza, non sono restii a cercare nuove opportunità professionali e di sviluppo di carriera per migliorare la propria condizione economica, ma anche il proprio work-life balance. La competizione è sempre più forte e le imprese devono impegnarsi a trovare modi sempre più efficaci per coinvolgere, premiare e motivare per attrarre e trattenere i migliori talenti”.

 Più soldi, più soddisfazione. Ma non solo…

Chi dice il contrario probabilmente mente. Perché se è vero che oggi il work-life balance è determinante nella scelta dell’azienda in cui lavorare, lo stipendio continua ad essere fondamentale in un mondo in cui nessuno vuole sopravvivere, ma desidera vivere (giustamente) senza privarsi di soddisfazioni.

Lo studio mette in evidenza che il 92,3% dei dirigenti italiani (in linea con la media europea che si attesta al 90% e con la media globale all’85%) riceve una retribuzione variabile o basata sulle prestazioni che si calcola sulla base della redditività (72%), della crescita dei ricavi (49%) e del margine operativo (41,9%). Ma quando si tratta di performance recenti, solo il 39,7% dei dirigenti italiani dichiara di aver ricevuto una retribuzione variabile più alta dell’anno precedente, rispetto ai colleghi europei (43%) e nel mondo (45%). E il futuro non sembra roseo: solo il 32,9%, infatti, prevede un aumento nei prossimi mesi, rispetto al 39% in Europa e al 52% a livello globale.

Ma ci sono benefit effettivamente validi? “Solo il 6,2% dichiara di avere opzioni di benefit flessibili, un dato ben al di sotto delle medie europee (14%) e globali (20%). Nonostante ciò, quasi il 47,3% è soddisfatto del proprio pacchetto di retribuzione e benefit, mentre il 33,9% esprime insoddisfazione, un valore al di sopra della media europea, ma inferiore al quella globale (49%)”, continua Maximilian Redolfi.

Dal punto di vista della soddisfazione del proprio ruolo, i dirigenti italiani si allineano alla norma europea: il 51,1% è soddisfatto del proprio ruolo attuale (rispetto al 50% in Europa), un dato leggermente inferiore al tasso di soddisfazione globale, fermo al 60%.