Il futuro manageriale ESG nel mondo della permacrisi
Abbiamo ormai imparato a comprendere le principali linee guida del nuovo mondo ESG (Enviromental, Social, Governance) che l’universo finanziario e aziendale sta imparando ad applicare per essere più “sexy” per clienti, consumatori e investitori.
In quest’ottica, l’orizzonte positivo da considerare è quello di un soggetto imprenditoriale che adotta comportamenti socialmente responsabili, rispondendo alle aspettative economiche, ambientali e sociali dei portatori di interesse esterni (stakeholders), per riuscire a cogliere anche l’obiettivo di conseguire un vantaggio competitivo e di massimizzare gli utili nel lungo periodo.
All’interno del mercato globale e locale, infatti, le imprese non hanno, infatti, un’esistenza a sé stante, ma vivono e agiscono in un tessuto a rete, tra cui spicca una società civile sempre più attenta all’operato finanziario e imprenditoriale.
Una situazione attuale, quella attuale, che ha messo in crisi le interdipendenze, tra persone, organizzazioni e mercato. Un mondo fatto, come ricorda la Presidente della BCE, Christine Lagarde, di “permacrisi”. Un sistema che ha messo a nudo:
- un problema strategico di ridisegno delle regole del gioco competitivo;
- la necessità di altre regole che impattino sulla “responsabilità” imprenditoriale e sociale, come area di attenzione prioritaria;
- il fatto che un mercato senza regole deve essere, invece, regolato per tutelare i soggetti più deboli e in asimmetria informativa senza togliere al mercato stesso i suoi spiriti imprenditoriali innovativi.
Quello che possono fare i governi o la comunità manageriale è sicuramente adottare livelli minimi essenziali di riferimento ma, al di là della cornice normativa, quello che assume rilievo e significato è l’effettivo e concreto comportamento che le imprese (imprenditori, manager, professionisti) mettono in atto.
D’altra parte, l’approccio manageriale alla responsabilità sociale varia sensibilmente in base alla prospettiva che assume la responsabilità sociale “interna” all’azienda, ovvero l’impegno assunto su base volontaria da società e banche a perseguire comportamenti positivi e attivi che vadano oltre il rispetto delle leggi e dei contratti di lavoro.
In quest’ottica, è maturata un’elevata sensibilità per bilanci sociali o etici dove le aziende più grandi predispongono un apposito documento, in aggiunta a quello previsto dalla normativa civilistica, per dimostrare o per presentare il proprio legame sia con il territorio che con il proprio pubblico di riferimento (clienti, fornitori, consumatori, eccetera).
Obiettivo dei bilanci sociali è quello di produrre un importante strumento di comunicazione che fornisca non solo dati economici e finanziari, ma anche una serie di indicazioni volte a dimostrare (e a mostrare) che lo scopo dell’impresa non è solo quello di creare valore, ma anche di creare fiducia per massimizzare la portata del valore stesso.
D’altra parte, non c’è sostenibilità senza fiducia, né fiducia senza sostenibilità perché questa tensione etica che comporta spesso ingenti investimenti in risorse umane e patrimoniali, costituisce alla fine anche un mezzo per valorizzare l’impresa di cui si è manager.
“Qualsiasi visione deve essere accompagnata dalla voglia di avventura e di fare le cose concrete. Non basta fissare gli scalini nel documento di progetto. Bisogna avventurarsi nelle logiche scoscese e iniziare a salire le scale”
Anonimo Dottore
A cura di Angelo Deiana