Il lavoro giusto? Ecco quali sono le caratteristiche che attraggono chi ne cerca uno
Non ci stancheremo mai di scriverlo da queste pagine: il mondo del lavoro è in fermento e la conseguenza sono i continui cambiamenti che si registrano. Tra questi troviamo le importanti variazioni sui desiderata dei dipendenti che non possono lasciare indifferenti imprenditori e manager, soprattutto nel settore HR.
Se prima era sufficiente garantire stipendi più che soddisfacenti per assicurarsi un talento, oggi può non bastare. E la conferma arriva dall’ultimo studio effettuato da Loriga&associati, società di ricerca e selezione, su oltre 1000 candidati.
Quando un posto di lavoro è “giusto”?
La domanda è stata semplice e diretta: quali sono gli elementi rendono un posto di lavoro giusto per i candidati? Sicuramente il livello di inquadramento continua ad avere la sua importanza, ma i risultati parlano di flessibilità, opportunità di sviluppo personale e professionale e attenzione alla sostenibilità e alla responsabilità sociale di impresa. Sono questi i tre elementi che guidano, secondo lo studio, le scelte dei candidati più giovani (di età compresa tra i 25 ed i 40 anni).
In particolare, la flessibilità (da intendersi come possibilità di avere il miglior work-life balance possibile) è la voce più desiderata da ottenere per più del 55% degli intervistati; seguono opportunità di crescita professionale (ovvero la possibilità di seguire percorsi di carriera ad hoc per ciascuno) al 18% e responsabilità sociale al 15%.
Per chi ha alle spalle qualche anno in più di carriera, invece, le cose cambiano: per questi candidati, infatti, l’aspetto economico è il motore che, più di altri, guida la scelta (65% dei casi), seguita da bilanciamento vita professionale – vita privata (14%) e possibilità di contribuire, in maniera diretta, alle scelte di lungo periodo dell’azienda al 12%.
“I risultati del nostro sondaggio”, afferma Orazio Stella, senior partner di Loriga&associati, “confermano un trend che è iniziato ormai un paio di anni fa, subito dopo la prima ondata della pandemia da Covid-19. Soprattutto i candidati più giovani scelgono un’azienda non soltanto sulla base della retribuzione, ma di un insieme di altre componenti che potremmo definire soft (bilanciamento vita privata e vita professionale, opportunità di sviluppo personale e professionale, coesione tra i propri valori e quelli dell’impresa) e, ad oggi, il fatto che le aziende spesso fatichino a costruire un’offerta che metta insieme tutto rappresenta un grosso problema che rischia di acuirsi sempre di più, rendendo i processi di selezione più lunghi e, in alcuni casi, non del tutto soddisfacenti per entrambe le parti. Dobbiamo iniziare a ragionare in modo diverso perché come abbiamo fatto fino ad oggi, probabilmente, non funziona più: il lavoro ibrido è ormai diventato la normalità quindi anche i manager hanno dovuto imparare a guidare le risorse (soprattutto quelle più giovani, magari appena entrate nel mondo del lavoro) anche a distanza, puntando tutto sulla produttività e quindi sul raggiungimento degli obiettivi e non più sulle ore trascorse in ufficio”.