Internazionalizzazione delle aziende? Sì, ma occhio alla discriminazione commerciale!

Internazionalizzazione delle aziende. Se ne parla da anni e certamente il mercato globale negli ultimi tempi ha richiamato l’attenzione di molte aziende italiane. Anche se l’indicazione è che non ci si deve allontanare molto dai confini nazionali.

Per le imprese italiane l’area del Mediterraneo è il primo naturale sbocco verso l’internazionalizzazione (42%) e l’opportunità più prossima per il business (22%) ma per il 58% di loro occorre proteggere da discriminazione commerciale e mancato rispetto dei patti messi in atto dai Paesi esteri ai danni delle aziende italiane che favoriscono il proliferare delle controversie giuridiche e l’allontanamento degli investitori nei suddetti Paesi. Tra le asset class più soggette a criticità troviamo le risorse naturali – petrolio, gas, carbone – (25%), metalli preziosi (20%) e immobiliare (19%). A completare il panorama delle difficoltà di approccio al business nell’area del Mediterraneo troviamo gli ostacoli agli investimenti (32%) e la scarsa capacità attrattiva di capitali (26%).

Questo è quanto emerge dallo studio promosso da K&L Gates Legal Observatory, l’osservatorio che analizza il panorama legale nel contesto italiano e internazionale, della sede di Milano dello studio internazionale K&L Gates. La ricerca è stata realizzata in occasione del convegno “Doing Business in the Mediterranean Area – Challenges and Opportunities” ed è stato condotto su circa 100 imprese italiane per capire difficoltà e opportunità del fare business nel Mediterraneo.

“Forse non è un caso che in una congiuntura storica nella quale ci si interroga sull’identità e sul ruolo dell’Europa, attenzione crescente venga rivolta all’area mediterranea. L’intento che ci siamo prefissi con la ricerca è di individuare quali criticità, sul piano della tutela giuridica, gli imprenditori ravvisino allorquando si apprestano a valutare investimenti od opportunità commerciali nel nord Africa e nel vicino oriente”, ha affermato l’avvocato Giampaolo Salsi, administrative partner dello studio legale K&L Gates Milano.

Tornando alla ricerca, per 2 imprese su 10 (20%) dovrebbero essere sviluppati modelli formativi per gli operatori economici e la forza lavoro dei Paesi partner, mentre il 18% vorrebbe dare più spazio al settore privato. Il 16% auspica poi una cooperazione transfrontaliera tra Italia e i Paesi dell’area; il 15% indica la necessità di rafforzare le infrastrutture socio-economiche; il 17% si aspetta una semplificazione delle procedure; infine il 12% preme per un consolidamento dei partenariati.

Tuttavia i fattori che complicano gli investimenti nell’area del Mediterraneo non mancano. Il 32% ravvisa alcuni ostacoli agli investimenti, come ad esempio la riduzione della copertura patrimoniale richiesta alle imprese di assicurazione e riassicurazione in relazione agli investimenti infrastrutturali. Il 26% indica la scarsa capacità attrattiva, il 22% i rapporti non troppo solidi con il Legislatore, il 15% l’incompletezza delle analisi di mercato.

Ma anche il capitolo tutele preoccupa. Infatti,  Il 46% delle imprese sondate vorrebbe che venisse potenziata l’assistenza tecnica a loro favore nei Paesi esteri. Il 42% auspica la promozione di una buona governance in un contesto difficile. Il 34% punta poi il dito contro la corruzione mentre il 26% indica l’eliminazione delle distorsioni nel mercato. Due imprese su 10 (22%) desiderano un maggior sostegno delle autorità pubbliche dei Paesi partner alle imprese investitrici, mentre il 18%, infine, vorrebbe vedere attuate strategie di liberalizzazione del mercato dell’energia, integrazione dei mercati dei capitali e liberalizzazione degli scambi di merci e servizi.

Come si possono infine tutelare gli investitori stranieri nelle controversie giuridiche nei paesi del Mediterraneo? Il 58% delle imprese indica la protezione dalla discriminazione commerciale e dal mancato rispetto degli accordi che i Paesi esteri mettono in atto a scapito delle aziende investitrici. Il 46% chiede che i Paesi partner incidano maggiormente sulle procedure di natura amministrativa. Il 43% auspica di favorire gli investitori nel poter avere accesso a un’efficiente tutela giurisdizionale a livello locale. Il 37% vorrebbe garanzie sulla trasparenza delle procedure. E ancora, il 26% vorrebbe poi adottare un codice di condotta per i componenti degli organi giurisdizionali locali. Il 17%, infine, ritiene che maggiori tutele possano derivare da un maggiore controllo statale sui componenti dei collegi giudicanti dei tribunali locali.