La Sindrome dell’Impostore e l’analisi della nostra carriera: la fiducia in noi stessi è la chiave

sindrome dell'impostore

La fiducia in noi stessi e nelle nostre capacità non va mai sottovalutata e deve essere la benzina che ci permette di andare avanti lungo il tragitto della vita. La carriera (e l’esistenza) di ognuno di noi è fatta di momenti, alcuni splendidi, altri meno belli e con entrambi dobbiamo imparare convivere. Periodi di gloria che arrivano al termine di percorsi professionali spesso duri e complicati, sono talvolta seguiti da mesi e persino anni bui, in cui ci troviamo a porci domande del tipo “Ma io quanto valgo?”.

La Sindrome dell’Impostore

Aleggia su di noi quella che viene definita la Sindrome dell’Impostore. Si tratta di una definizione coniata da Pauline Clance e Suzanne Imes alla fine degli anni ’70 del secolo scorso e fa riferimento ad una condizione in cui si ha la percezione che i risultati raggiunti non sono dovuti a particolari abilità, bensì al caso, alla sorte. Questo porta in chi ne soffre bassi livelli di autostima, eccessivo perfezionismo, proprio per il timore di essere “smascherati”.

Analizzare la nostra carriera ci aiuta

Ma è proprio quando ci domandiamo se ciò che abbiamo ottenuto non sia frutto di casualità e fortuna, che dobbiamo analizzare bene le nostre storie professionali. Nella stragrande maggioranza dei casi ci ritroveremo a pensare che i risultati ottenuti sono il risultato di impegno e sacrifici.

Alle volte, in quelli che definiamo momenti di difficoltà, la vita ci pone di fronte a persone all’apice del proprio successo che ci appaiono come veri e propri eroi del mondo del lavoro. Lì tocchiamo il fondo delle nostre ansie. Tuttavia, parlando con queste persone, ci si rende conto che il loro successo è spesso dovuto a precedenti fallimenti, dai quali hanno tratto l’ispirazione per rialzarsi e ripartire, costruendo carriere straordinarie. L’analisi della nostra carriera e del percorso professionale che abbiamo vissuto, può certamente rappresentare, nei periodi più duri, quelli in cui siamo pieni di dubbi sulle nostre effettive abilità, un’ancora alla quale aggrapparsi per ripartire. Ed in questo caso, la riflessione da fare è “Se l’ho fatto una volta, posso farlo ancora. Meglio”.