Lavoro e costo della vita: gli stipendi non bastano più e in molti cercano soluzioni alternative
Lavoro e costo della vita sembrano viaggiare su binari separati. Se ne parla un po’ ovunque: l’Italia è il Paese dove gli stipendi crescono meno e l’inflazione divora letteralmente il potere d’acquisto dei cittadini. Lavorare dovrebbe essere il mezzo per vivere, invece oggi come oggi, il lavoro in molti casi non sempre è sufficiente a far fronte alle spese medie di una famiglia. La soluzione? Tagliare il superfluo. Ma è giusto?
Lavoro e costo della vita: le aziende non aiutano abbastanza
Secondo il WorkMonitor di Randstad, realizzato in oltre 30 Paesi, che ha analizzato l’impatto dell’aumento del costo della vita sui lavoratori e l’evoluzione del lavoro agile negli ultimi mesi, intervistando 764 lavoratori in Italia tra i 18 e i 67 anni (circa 26.800 interviste svolte a livello globale), il 72% dei lavoratori si sta muovendo in modo proattivo per contrastare l’impennata dei prezzi, ma solo 4 su 10 affermano di aver ricevuto supporto dalle proprie aziende, un dato in calo rispetto al 2022.
Soltanto un terzo ha percepito un aumento di stipendio o bonus negli ultimi sei mesi, mentre solo il 23% ha ricevuto più misure di sostegno per le famiglie (assistenza all’infanzia o congedi parentali).
Una situazione davvero difficile
Il lavoro dovrebbe portare benessere e serenità, ma oggi non basta più per molte famiglie e questa è una dura e cruda verità. Il 24% dei lavoratori, per far fronte alle esigenze, ha intenzione di aumentare (o ha già aumentato) le ore di lavoro, quasi il 20% sta valutando (o ha già cominciato) un secondo lavoro, il 14% sta pensando di posticipare il pensionamento. Ma c’è anche un altro 14% che ha incrementato lo smart working per ridurre i costi di spostamento. Insomma, bisogna inventarsi qualcosa di diverso per andare avanti. Tra i più predisposti alla “reazione al momento storico” in tal senso ci sono quella Generazione Z (89%) e i Millennials (84%), seguiti da Gen-X e Boomers (73% e 61%).
Il 20% degli italiani lavora prevalentemente da casa, il 31% non lo fa ma la riterrebbe la soluzione migliore. Per molti, la possibilità di scegliere o meno il lavoro agile non è più così scontata: il 38% afferma che la propria azienda non offra sufficiente flessibilità per lo smart working, e nel 34% dei casi i datori di lavoro richiedono la presenza in ufficio con maggiore costanza. Rispetto al 2022 cala la flessibilità in termini di orario di lavoro, dichiarata dal 26% degli intervistati (-1%) e in termini di ubicazione (23%, in diminuzione del 2%).