Le difficoltà dei “visionari” e la volontà di superarle: amare il proprio lavoro non basta!
“Fai il lavoro che ti piace e non lavorerai nemmeno un giorno della tua vita”. Una frase che risuona molto spesso nella testa di chi fa impresa. È davvero così? Sicuramente se si fa un lavoro che si ama si è in vantaggio rispetto a chi è costretto a fare qualcosa che non gli piace.
Ma questo non deve far pensare che chi fa un determinato lavoro e ama farlo, non viva dei momenti di difficoltà.
Molti manager e imprenditori hanno nella testa progetti ben precisi che decidono di realizzare secondo quelle che sono le proprie idee, ma poi, inaspettate, arrivano difficoltà che sembrano insuperabili: burocratiche, economiche, regolamentari. Ed ecco che nella mente di chi fa impresa iniziano sorgere dubbi tipo: “sono un visionario?”. La risposta molto spesso è no.
La volontà è la forza che ci spinge
Ma qual è la differenza fra chi riesce a realizzare i propri progetti e chi invece non ce la fa? Io credo che possa sintetizzarsi in un’unica parola: volontà. La domanda nello specifico è: “sono davvero convinto di voler intraprendere questa iniziativa?”, se la risposta è un sì perentorio, allora non ci saranno ostacoli insuperabili, ma solo step da superare per arrivare all’obiettivo. La perseveranza nell’andare avanti mentre tutto sembra remare contro è sinonimo di forza, ma anche di convinzione, perché è quella che molto spesso determina il successo. Cosa può aiutarci in tal senso? La stima dei nostri collaboratori, delle persone che come noi credono in ciò che fanno. Non è necessario che tutti abbiano un’idea geniale, basta che ce l’abbia uno solo: la capacità di questi è saper convincere gli altri che la sua proposta sia fantastica.
E chi non ce la fa?
Edison diceva: “Non ho fallito. Ho solamente provato 10.000 metodi che non hanno funzionato”. Una frase che dovrebbe ispirare chi non ce la fa. A volte intraprendiamo percorsi affascinanti, spinti da un proposito interessante, per poi arrenderci quando ci accorgiamo che la strada non è quella giusta. Senza colpevolizzarci troppi dobbiamo solamente prendere coscienza del fatto che il nostro tentativo era uno di quelli che non avremmo dovuto avviare e dare vita a qualcos’altro.
Non c’è una strada giusta o sbagliata. C’è un percorso che è adatto a noi, basta solo cercare.