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L’esperienza è più importante del titolo di studio: a dirlo sono i recruiter delle aziende

staccare la spina dal lavoro

Il titolo di studio? L’esperienza è più importante. Ci sono varie scuole di pensiero a tal proposito, ma uno studio di Indeed reso noto oggi sembra chiarire le idee. Nella scelta fra un candidato con una laurea in un determinato settore e uno senza titolo, ma con un bagaglio d’esperienza alle spalle, i recruiter sceglierebbero quest’ultimo nel 64% dei casi

Può sembrare incredibile ma è così: più di sei esperti selezionatori su dieci, attribuisce all’esperienza sul campo una maggiore rilevanza in sede di scelta.

I risultati dello studio di Indeed

Il 63% dei datori di lavoro denuncia grandi difficoltà di assunzione negli ultimi 3 anni e si sta assistendo anche nel nostro Paese alla progressiva affermazione del cosiddetto approccio “skills-first”, cioè basato sulle competenze, con cui dichiara di avere familiarità più di un’azienda italiana su due. Le aziende, ora stanno sempre più privilegiando una valutazione dei candidati in base alle loro esperienze, abilità e capacità specifiche per il ruolo ricercato. 

Per le posizioni aperte, secondo lo studio, il 65% degli interpellati elabora descrizioni focalizzate sulle competenze specifiche necessarie per ricoprire il ruolo; inoltre, per capire se si trovano davanti a un candidato idoneo, sempre più recruiter considerino centrale poter contare su portfolio o esempi del lavoro svolto a conferma delle abilità (49%); che il candidato abbia le competenze tecniche adeguate a svolgere la mansione (38%) o che abbia esperienza sul campo (38%). 

L’importanza della formazione continua a crescere

L’assenza di profili idonei a molti ruoli, porta le aziende ad impegnarsi a rivedere le job description (26%), a investire in nuovi tool da cui attingere i potenziali candidati (26%) e a rivedere benefit e salari (24%). Anche la formazione gioca un ruolo chiave. Con l’obiettivo di formare le risorse necessarie all’azienda (41%) e di essere più attraenti per i talenti (45%), il 77% dei datori di lavoro partecipanti al sondaggio, ha già modificato o pianifica di modificare i propri training interni per formare alle competenze richieste i nuovi assunti. 

“I datori di lavoro sembrano orientarsi sempre più verso una valutazione in cui l’esperienza maturata sul campo assume un peso preponderante rispetto alle qualifiche formali”, afferma Gianluca Bonacchi, Talent Strategist Advisor di Indeed , che prosegue: “Sebbene l’istruzione formale conservi indubbiamente un valore intrinseco e continui a essere tenuta in grande considerazione, l’evoluzione del mercato del lavoro e la difficoltà nel reperire i talenti incidono inevitabilmente anche sulle strategie di selezione. Per alcuni settori il titolo di studio continuerà a essere un prerequisito, mentre per altri potrebbe non rappresentare più una discriminante. Si sta diffondendo sempre più la consapevolezza che le competenze necessarie possono essere acquisite anche attraverso percorsi non formali o extra scolastici. Rivolgendo una maggiore attenzione all’esperienza pratica, le aziende possono attingere a un bacino di talenti più ampio e diversificato, individuando risorse in grado di integrarsi rapidamente e contribuire attivamente al raggiungimento degli obiettivi aziendali. Senza contare, infine, che un approccio basato su competenze e non sui titoli di studio aiuta a superare eventuali unconscious bias legati alla formazione”.