Management e Millennials: come aiutarli nell’integrazione nel lavoro
Siamo tutti molto concentrati su come gestire l’ormai prossima era della sostituzione tecnologica, quella dove macchine e algoritmi prenderanno il posto di lavoratori e professionisti di tutti i livelli.
Un momento di trasformazione straordinaria di cui dobbiamo avere profonda consapevolezza. Ma, nel metabolizzare tale cambiamento, non dobbiamo trascurare la novità più grande che, come sempre, non è centrata sulle tecnologie ma sulle persone. L’innovazione vera, la vera tecnologia che ci condurrà al salto di paradigma prossimo venturo saranno i Millennials, i nativi digitali, i cui primi “esemplari” sono appena arrivati nel mondo del lavoro.
Si tratta di persone che crescono già immerse nell’evoluzione tecnologica, come se questa fosse un’estensione delle capacità umane, in maniera molto più naturale della generazione precedente. Adolescenti e giovani del presente hanno la possibilità di esplorare un mondo enorme ma accessibile grazie alla Rete e, nello stesso tempo, hanno la necessità di essere protagonisti, di esporsi, di farsi notare.
Un desiderio di protagonismo quasi sempre stigmatizzato da capi e manager che ne sottolineano troppo spesso solo le punte negative. D’altra parte, sono troppo più veloci dei manager che li guidano, troppo più aperti all’interazione in Rete, troppo più connessi sempre e comunque, al di là di ogni possibile rischio e pericolo che gli viene segnalato. Anche per questo rinunciamo spesso a proporci come modelli. E sbagliamo altrettanto spesso perché loro hanno invece enorme bisogno di maestri/influencer in termini di management.
Tutto questo sta costringendo le organizzazioni a ripensare il modo in cui assumono, retribuiscono e supervisionano non solo i Millennials, ma anche tutte le altre risorse umane. D’altro canto, nel loro cercare di essere centrali negli obiettivi dell’organizzazione stessa come veri e propri clienti, influenzano tutti gli altri soggetti con cui collaborano. Ecco perché manager, professori, imprenditori o capi in generale li stanno soffrendo. Ed ecco perché una delle cose che dovrebbe fare oggi la leadership manageriale di qualunque organizzazione è farsi aiutare a comprendere questa transizione gestionale e comportamentale.
Purtroppo, invece, la maggioranza delle aziende e delle Istituzioni se la cava malissimo sul versante del coinvolgimento dei Millennials. Invece di sfruttare tutta questa energia in termini di esposizione personale e collettiva sui social e sul mercato, invece di imparare dai loro “istinti collaborativi”, molte organizzazioni spesso li reprimono o, addirittura, li trovano troppo “innovativi”. Dimenticando che si tratta di persone che sono più orientate al lavoro di gruppo di qualunque altra generazione precedente.
Stiamo assistendo dunque ad un cambiamento radicale e il flusso è chiaro: le menti dei nativi digitali si stanno strutturando in modo da essere integrate con la tecnologia anche in termini di network intelligence, la capacità di sfruttare la propria intelligenza in Rete. Per questo vanno governati “sfruttando” e non demonizzando il loro narcisismo, la velocità e il bisogno di infinite relazioni, di qualunque tipo siano.
Con una sola conclusione di sintesi: ci sarà bisogno di nuovi modelli di management a rete e in Rete nel futuro prossimo venturo.
“Cosa ti fa più paura? Il potenziale inespresso…”
Emma Watson dal film “The Circle”
A cura di Angelo Deiana