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Management, IA ed era della sostituzione tecnologica

intelligenza artificiale_aziende italiane

L’era della sostituzione tecnologica determinata dall’avvento diffuso dell’IA Generativa ha una sola conseguenza fondamentale: il rischio di diventare rapidamente obsoleti. Quanti e chi sono coloro che verranno effettivamente sostituiti, soprattutto ai livelli manageriali intermedi, non lo sappiamo ancora quantificare, ma il numero non conta perché l’enormità del problema non cambia. 

Un problema che porta ad una domanda pragmatica

Un problema, quello della sostituzione tecnologica, che dovrebbe porre a tutti una domanda pragmatica: quali politiche di riconversione di queste persone devono essere approntate fin da ora nel nostro Paese? Perché, al di là delle competenze, il tema più importante è come evitare che queste persone vengano messe ai margini, considerando anche che l’IA impatta tutto, comprese le professioni di più alto livello. Il fenomeno del lawtech, del trading finanziario algoritmico o dei software di IA che scrivono articoli è ormai conosciuto da quasi tutti. Un fenomeno inarrestabile.

Si può provare a reagire? Dobbiamo essere brutali: vale sempre la regola dell’80-20. Qualsiasi sia l’attività svolta, la letteratura scientifica ci dice che l’80% delle attività quotidiane di ciascuno di noi sono routinarie e solo il 20% sofisticate. Una regola che vale per tutti: dalle professioni più avanzate ai mestieri più semplici. Una sola conseguenza: tutte le attività routinarie sono o saranno sostituibili da macchine o algoritmi nei processi evolutivi dell’Intelligenza Artificiale dei prossimi anni. 

La sfida dell’IA non è allora tecnologica ma culturale. Dobbiamo lavorare su quel 20% di attività più sofisticate. Il che non vuol dire solo approfondimenti di competenze verticali, ma soprattutto implementare i processi formativi di quelle “soft skills” che non saranno mai sostituibili dalle macchine: i processi di empatia/passione e le capacità tecniche di interazione, change management, comunicazione, marketing. In sintesi, l’intelligenza emotiva.

Le soft skills sono irriproducibili

Perché, anche se robotica e AI si impadroniranno delle professioni manageriali, le soft skills faranno parte di quegli aspetti “irriproducibili” che qualificheranno comunque quel manager/professionista. Nell’incertezza, una sola cosa è certa. Le macchine, pur sapendo dare molte risposte, hanno un problema: non sanno fare le domande.

Tutto ok, dunque? No, purtroppo, perché si tratta di agire con persone che stanno lavorando in questo momento. Investire sulla loro “riconversione” attraverso la formazione vorrebbe dire sottrarre tempo a quello che tali soggetti impiegano ogni giorno in azienda. Dove troviamo il tempo di sviluppare le loro soft skills? Dopo la giornata di lavoro? Se pensiamo al passato, siamo spacciati. Bisogna invece trovare il sistema di recuperare una parte di tempo di tutti i soggetti a rischio di sostituzione incentivandoli ad investire in modo innovativo il proprio tempo libero in processi formativi

Ad esempio, sfruttando quella parte di tempo che passiamo davanti alla tv, sui social e nel gaming on-line. Investendo risorse in piattaforme di gioco in cui sviluppare competenze soft e/o di auto-imprenditorialità collegandole a livelli progressivi di approfondimento. Una specie di game multilivello (knowledge game) della formazione “soft” collegato ad un credito di imposta (incentivo statale) o a un meccanismo di cashback come quelli già sperimentati.

Ma bisogna muoversi in fretta perché si tratta di processi di medio periodo che impattano famiglie e soggetti mediamente a competenze più deboli. Che rischiano di trasformare una grande rivoluzione positiva come quella dell’intelligenza artificiale in un orizzonte da medio evo prossimo venturo.

Dobbiamo abituarci all’idea: ai più importanti bivi della vita non c’è segnaletica…

Ernest Hemingway

A cura di Angelo Deiana