Marco Montemagno: “Il Digital, che opportunità!”

Marco Montemagno si occupa di comunicazione da anni. Su internet è conosciutissimo grazie ai suoi video che rappresentano un’ispirazione per coloro che si occupano di business online, anche se lui non si definisce un influnecer. Nella sua vita ha avuto modo di incontrare molti dei grandi personaggi del nostro tempo: da Jeff Bezos a Steve Ballmer, per citarne alcuni. Il suo libro “Codice Montemagno. Diventa imprenditore di te stesso grazie al digital” è un autentico successo e sta sbaragliando tutta la concorrenza nelle classifiche di vendita.  Noi siamo riusciti a raggiungerlo, attraveso Skype, ed abbiamo avuto modo di fare con lui un’intervista davvero molto interessante.

Marco Montemagno si definisce imprenditore di se stesso. Ma cosa significa esattamente?

Molto semplicemente significa che, invece di lavorare per qualcuno, decidi di lanciare delle inziative tue. A fronte della generica visione di cosa voglia dire essere un imprenditore, è una formula simpatica per far capire che, anche se non si ha lo spirito da capitano d’azienda, oggi c’è la possibilità di lanciare iniziative che, pur non rendendoti miliardario, ti permettono di vivere decorosamente, facendo quello che ti interessa. Oggi la scelta è fra decidere di affidare il proprio futuro ad un’azienda che potrebbe, da un giorno ad un altro, metterti per la strada, oppure investire su se stessi e studiare alternative che, se tutto va male, possono aiutare a parare il colpo. L’online oggi permette di fare tutto questo, perché mentre lavori per qualcuno, puoi creare su internet un seguito che sia interessato, ad esempio, a ciò che ci interessa. In pratica, fare un piano B. Mi sembra una cosa molto interessante. Oggi la visione è: o continui a lavorare da dipendente o… lanci Facebook. Io sono convinto che ci sono mille sfumature ed è importante trovare la propria dimensione.

Oggi è più facile esserlo rispetto al passato?

È più facile lanciare queste iniziative perché oggi ci sono strumenti importanti che vent’anni fa non c’erano, come Facebook, l’iPhone, Twitter ecc. Le possibilità che si avevano erano prettamente analogiche. Le inziative imprenditoriali oggi, sono anche molto più economiche. Però devo anche dire che le difficoltà non mancano, perché se la barriera d’accesso per lanciare le  proprie inziative è più bassa, lo stesso vale per 7 miliardi di persone sul pianeta, per cui si ha un livello di concorrenza, in generale molto alto. E comunque fare l’imprenditore non è mai facile, bisogna essere sempre pronti a battagliare ogni giorno. Però… perché non provarci? Non si ha  nulla da perdere! Non si sta lanciando un’attività che necessita di investimenti cospicui! Vai online, testi, se funziona bene, se no apporti delle modifiche e se proprio non va, inizi a fare qualcosa di diverso!

Lei si definisce un influencer?

Sono allergico alle definizioni. Non sono un guru di niente. Mi sento un dilettante professionista. Faccio iniziative da sempre, mi piace il mondo della comunicazione, ma non sono laureato in materie specifiche. Ho unito le mie passioni nel mondo digital e faccio delle cose. Quando non ho successo prendo nota e cerco di capire cosa non è andato e quando invece vanno bene, cerco altresì di trarre delle conclusioni utili. Da due anni, condivido le mie idee ed i miei problemi attraverso i video: la community che si è formata, probabilmente si riconosce nelle mie stesse convinzioni o vive le mie situazioni. Però non penso di essere un influencer…

Lei ha co-fondato Blogosfere, capendo con grande anticipo l’importanza del fenomeno blog. Oggi pensa che tale importanza sia mutata?

È crollata nel tempo inevitabilmente. Prima, quando c’erano i blog intesi come posto virtuale nel quale poter pubblicare qualche cosa, il numero di blogger era molto limitato: se un’azienda voleva lanciare un prodotto, faceva il classico aperitivo dei blogger a cui partecipavano 50 persone, i soliti tra l’altro. Con l’arrivo di piattaforme come Facebook, tutti hanno aperto il proprio blog ed il peso dei blogger è andato scemando. Ne sono rimasti alcuni, sia in Italia che all’estero, ma il formato utilizzato che prima era solo quello di testo, ha ceduto il passo alla parte video o foto (pensiamo ad Instagram). Ciò non vuol dire che scoraggio l’apertura di un blog: ce ne sono tanti di casi di successo ancora oggi, ma nel complesso il trend è in ribasso.

Nella sua bio ufficiale, scrive che nei primi anni sul web ha preso “botte da orbi”: che vuol dire?

È facile raccontare quando le cose vanno bene e nessuno parla di ciò che va male. Spesso non si nota quello che si ha davanti. I successi prendono la parte centrale delle biografie dei grandi imprenditori e non se ne sottolineano mai gli insuccessi. Non bisogna essere imbarazzati nel parlare di ciò che non è andato bene nella propria carriera. Nel mio caso, ho fatto una marea di progetti che sono falliti miseramente: una volta tentai persino di fare un social network e fallii. Ci ho perso soldi e reputazione. Ce ne sono di botte che bisogna prendere per avere successo…

Cosa deve fare oggi un imprenditore che vuole puntare sul web?

Probabilmente dovrebbe leggere “Seeking Wisdom From Darwin to Munger”, che secondo me è uno dei libri più belli che sia mai stato scritto, che ti riporta ai fondamentali del ragionamento della comunicazione. Non è che il web sia un posto strano o diverso dove la gente comunica in modo particolare: su internet la comunicazione avviene allo stesso modo di come  avviene al di fuori, solo che si utilizzano apparecchiature tecnologiche per farlo. Ma le esigenze sono le stesse: la gente vuole leggere storie affascinanti e non addormentarsi su fogli Excell, vuole evitare il dolore e cercare il piacere, instaurare un rapporto di fiducia rispetto a quello che è il brand e via dicendo. Le basi sono le stesse e richiedono dedizione, sforzo, testa… Altro aspetto fondamentale è ragionare nel lungo periodo. Non si ottengono risultati immediati, bisogna lavorare e impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi.

Intervistando grandi imprenditori come Jeff Bezos, Al Gore, Steve Ballmer, cos’è che l’ha colpita particolarmente?

Alcune caratteristiche nelle persone di successo, non solo economico, mi sembrano ricorrenti. Non vedi nessuno di loro lamentarsi, mai. Hanno una visione di lungo periodo: Jeff Bezos, mi disse che avrebbero tirato i conti di Amazon in Italia dopo 10 anni… In generale hanno la capacità di fare grandi cose, senza esagerare, partendo dalle piccole. Questa strana capacità di tenere insieme il mega progetto con i dettagli più minuscoli. Questo mi ha colpito. È interessante parlare con questi personaggi ma non bisogna pensare che siano dei superuomini: sono persone comuni, che hanno mille difetti come tutti, ma che eccellono in qualcosa, che li rende straordinari.

Veniamo al suo libro: cosa l’ha ispirata?

Mi ha ispirato l’idea di fare un po’ di ordine e trasferire i miei pensieri dai video in un libro che potesse leggere anche chi è fuori dal web. E devo dire che l’inziativa è stata apprezzata.

Quali sono i punti sui quali vuole attirare l’attenzione?

I due punti fondamentali sono il crearsi un’alternativa, non adagiarsi sull’idea del posto fisso: oggi non è più possibile farlo. Mi piacerebbe che più persone possibile sapessero che hanno bisogno di crearsi un’alternativa. L’altro punto è rendere chiaro che l’opportunità del digital è vera, reale: i fatti parlano chiaro. Mi piacerebbe pensare che leggendo il libro, qualcuno possa dire: ci provo!

È solo il primo di una serie?

Non lo so. All’inizio ero molto perplesso all’idea di mettere su un libro ciò che era sui video. Devo dire però che ha avuto un successo inaspettato.
Tireremo le  somme a fine anno e vedremo quali saranno i prossimi step!

 

Tratto da Uomo&Manager di Febbraio 2017