Metaverso e immortalità digitale. Si apre un nuovo orizzonte?
L’argomento del giorno: il Metaverso. Ne parlano tutti ma noi siamo consapevoli che parlare di questo nuovo orizzonte digitale senza averlo sperimentato in maniera concreta è come giudicare come si mangia in un ristorante avendo letto solo il menù.
D’altra parte, ormai dovremmo saperlo tutti: da sempre tendiamo a sovrastimare gli effetti di breve periodo di qualsiasi innovazione e a sottostimarne gli effetti di lungo periodo. Il fuoco e la ruota sono fulgidi esempi di questo classico errore strategico della nostra capacità di valutazione. Sottovalutati all’inizio, straordinariamente importanti oggi e per il futuro.
Un nuovo mondo?
Facciamo qualche esempio concreto del mondo odierno. Abbiamo visto il primo approccio (e il fallimento) dei Google Glass, i primi strumenti della realtà aumentata. Ma non abbiamo ancora pensato a quando saranno diffusi capillarmente (e dunque evoluti) i nipoti dei Google Glass o di Siri.
Se potessimo trovare una definizione sintetica di quella che da tempo chiamiamo l’era delle tecnologie invisibili, prima o poi ci troveremo ad aver (non) osservato l’invisibilità del passaggio dall’Internet delle Cose (le cose che scambiano dati fra di loro) all’espansione delle nostre menti attraverso la fusione sintetica di intelligenza biologica e non biologica.
In realtà è già così. Attraverso i nostri dispositivi digitali (lo smartphone prima di tutti) siamo già in un mondo nuovo in cui, in ogni secondo della nostra vita, il mondo digitale ci aiuta a fare risolvere i problemi vecchi e a fare cose nuove. E la nostra impronta digitale rilascia ormai quantità straordinarie di dati non cancellabili nel mondo della rete.
Volete una definizione suggestiva? Raggiungeremo l’immortalità digitale. Prima con il solco tracciato sul Web da quanto avremo fatto e raccontato nel corso della nostra vita. Nella fase seguente, forse, riusciremo a scaricare la nostra intelligenza biologica su un supporto tecnologico che un giorno chiameremo “cervello digitale”. Che non sarà una nostra espansione esterna ma la “interiorizzazione” digitale di quello che già facciamo mixando il nostro cervello analogico con il nostro il nostro smartphone, tablet o laptop.
A quel punto, il nostro flusso di dati intelligente diventeremo noi. Gli apocalittici direbbero che, durante il periodo di download sul supporto tecnologico, perderemmo un pezzo della nostra vita. Che dire? Non è, forse, quello che succede tutti i giorni quando dormiamo? Oppure quando ci viene fatta un’operazione in anestesia totale? Oppure quando ci viene un ictus e la plasticità del nostro cervello viene cambiata?
Ma la domanda successiva è la seguente: se questo cambiamento può avvenire in negativo, non dovremmo cercare di averlo anche in positivo? Altro che Metaverso. Quella sarà solo una simulazione digitale, pur importante, di un mondo nuovo. Ma l’orizzonte di lungo periodo non sarà semplicemente l’intreccio tra pensiero biologico e non biologico, ma una fusione di metodo e organizzazione di pensiero ibrido in continua espansione.
Il primo approccio verso la vera immortalità digitale. Forse finiti biologicamente per qualche tempo ancora, ma già infiniti digitalmente per sempre.
“Arriverà un giorno dopo il quale nulla sarà più lo stesso”
Un mercoledì da leoni
A cura di Angelo Deiana