Open Innovation: anche in Italia si investe nelle startup!

Nell’interessante cornice milanese di SMAU, si è tenuto il convegno di presentazione del Primo Osservatorio sui modelli italiani di Open Innovation e di Corporate Venture Capital, promosso da Assolombarda, Italia Startup e Smau, in partnership con Ambrosetti e Cerved.

La ricerca, davvero interessante, ha come finalità due obiettivi precisi e condivisi nel contesto dell’Industry Advisory Board di Italia Startup, in coordinamento con il progetto Startup Town di Assolombarda: dare una prima dimensione al fenomeno del Corporate Venture Capital italiano, inteso come investimento finanziario e industriale in startup innovative italiane; individuare modelli concreti e replicabili di Open Innovation, includendo nell’analisi l’identificazione delle esigenze aziendali, gli incontri conoscitivi, i vantaggi per il business, la costruzione di reti innovative, fino alle vere e proprie acquisizioni.

Sono stati individuati oltre 40 mila soci delle 6,5 mila startup innovative iscritte al registro delle imprese. Sono 34.963 le persone fisiche che hanno quote di partecipazione, diretta o indiretta fino al terzo livello, in almeno una delle 6.466 startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese. Gli investitori corporate sono invece 5.149, la maggior parte dei quali sotto la veste di società di capitale.

La ricerca evidenzia come gli investitori concentrano le loro quote in 1.901 startup innovative iscritte al Registro delle Imprese. Nelle restanti 4.565 startup la compagine dei soci è rappresentata esclusivamente da persone fisiche. I dati di bilancio delle società (di capitale) che sono nel capitale delle startup innovative iscritte indicano che oltre il 60% di questi investitori sono large corporate, con un giro d’affari di oltre 50 milioni di euro. Sono circa 400 le PMI e 31 le microimprese.

Quasi la metà delle corporate che hanno investito in startup innovative che operano nel campo dei servizi non finanziari (48,2%); oltre un terzo nei servizi finanziari e assicurativi (34,1%), il 5,2% nell’industria tradizionale, il 2,9% nella meccanica. Il 2,1% nella produzione di apparati hi tech.

Oltre due terzi dei soci corporate delle startup innovative iscritte hanno sede nel Nord della Penisola (69%). Le Regioni settentrionali ospitano anche la maggior parte delle startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese, ma la percentuale è significativamente inferiore (55%). Questo significa che un flusso consistente di investimenti di società del Nord vanno a beneficio di startup che operano nel Centro- Sud. Infatti, i dati evidenziano anche che il 59% dei soci corporate investe in startup fuori regione.  “Questo dato evidenzia il superamento della logica del distretto industriale, un fenomeno che come Smau conosciamo molto bene grazie all’ormai consolidato presidio dei territori attraverso il Roadshow – spiega Pierantonio MacolaPresidente di Smau – È evidente che la strategia di specializzazione intelligente a cui le Regioni sono chiamate in ambito ricerca e innovazione ha come naturale conseguenza la creazione di un mercato dell’innovazione di respiro nazionale a cui le imprese dimostrano di essere già pronte”.

La ricerca mette in luce, anche il fatto che le imprese corporate che hanno investito in startup innovative hanno prevalentemente optato su imprese che fanno R&D o producono software e servizi informatici: L’industria tradizionale nel 77% dei casi ha investito in startup che fanno R&D, Le imprese che operano nel settore della meccanica scelgono nel 61% dei casi startup che operano nel campo del software e dell’informatica, così come le aziende che si occupano di produzioni Hi-tech (76% dei casi).

Marco Bicocchi Pichi, Presidente di Italia Startup commenta: “La ricerca sui dati e sulle buone pratiche di Open Innovation e Corporate Venture Capital ha per la nostra Associazione una grande importanza, soprattutto per un aspetto cruciale dell’ecosistema dell’innovazione: per le startup è infatti fondamentale l’accesso ai mercati e ai canali distributivi delle imprese medie e grandi e l’investimento nel capitale da parte di queste stesse imprese. I modelli operativi che emergono dallo studio possono aiutare ad accelerare la diffusione della conoscenza e l’adozione di modelli virtuosi di contaminazione tra le imprese, seguendo l’esempio delle più attive, anche in relazione alla grande opportunità di Industria 4.0”.