Randstad Workmonitor Pulse: 6 italiani su 10 rinuncerebbero ad un aumento di stipendio per avere meno stress
Stress, stress e ancora stress: è questo il nemico numero uno per manager e lavoratori. E se fino a un po’ di tempo fa questo veniva “attutito” da uno stipendio degno di tale nome a fine mese, ora non è più così. A confermarlo arrivano i dati del Randstad Workmonitor Pulse, secondo il quale 6 italiani su 10 rinuncerebbero ad un aumento di stipendio in cambio di un lavoro meno stressante.
Troppe responsabilità, pressioni continue, scadenze da rispettare, produttività da mantenere ad altissimi livelli: forse è arrivato il momento di porre un freno a tutto questo riorganizzando i sistemi di lavoro in base alle nuove esigenze.
L’indagine di Randstad condotta in 7 Paesi, ha riguardato 750 lavoratori di tutti i settori solo in Italia, ha analizzato quali siano gli elementi non essenziali del lavoro, quelli irrinunciabili e quali i fattori chiave per la longevità in azienda.
Ma c’è un altro dato che non può essere tralasciato e che mette in evidenza come, a prescindere, l’aspetto economico conti ancora molto per manager e lavoratori: il 75% dei lavoratori dichiara che con un aumento sarebbe incoraggiato a rimanere nel proprio ruolo e non rivolgersi altrove. Seguono, tra le altre leve per incentivare la “fedeltà”, un aumento di stipendio regolare annuale (71%), benefit sanitari e più giorni di ferie (entrambi al 65%), maggiori possibilità di avanzamento di carriera (63%) e orari flessibili (61%).
“Dal Workmonitor Pulse emerge una crescente motivazione dei lavoratori italiani nel negoziare le loro esigenze in azienda, valutando attentamente sia le priorità che i compromessi possibili nel percorso lavorativo”, afferma Marco Ceresa, Group CEO Randstad. “In un periodo di incertezza economica globale e di dinamiche di mercato in evoluzione, il work-life balance si conferma in cima alle preferenze, mentre lo stress rappresenta un fattore di rottura, che nemmeno un aumento di stipendio può rendere tollerabile. Per i datori di lavoro questo è un momento chiave per ripensare a come rendere più efficienti le organizzazioni attirando, coinvolgendo e trattenendo al meglio le persone. E per questo, è sempre più importante definire e promuovere, insieme alle condizioni economiche, ambienti di lavoro stimolanti, opportunità di carriera, condizioni di flessibilità, identificando le cause di malessere ed eliminandole tempestivamente”.
Aumento di stipendio? È sempre il top!
A pensare che un aumento di stipendio abbia ancora il suo peso è il 59% dei lavoratori italiani, stessa percentuale della media globale. Tra le fasce d’età, i più convinti sono i giovani, che considerano l’aumento di salario secondario anche alla possibilità di fare più ferie (al contrario della media). Lo stipendio più alto incentiva la fedeltà verso l’azienda soprattutto in Italia: la media del nostro Paese (75%) supera di 7 punti quella globale. E il secondo fattore a garantire una permanenza più longeva in azienda è sempre di carattere economico: gli aumenti regolari annuali per il 71%.
Ma anche i benefits hanno la loro importanza: addirittura per oltre la metà degli intervistati (55%) sono preferibili ad un aumento di stipendio.
Un altro fattore per motivare la fedeltà dei dipendenti è l’evoluzione della carriera professionale, fondamentale per il 63% degli intervistati (+11% rispetto alla media globale). L’importanza dello sviluppo della carriera trova maggior riscontro tra i Boomers e i Millennials (70 e 67%), molto meno tra i lavoratori più senior e della Gen-Z.
Fondamentale anche la voce “flessibilità”, considerata dal 58% degli italiani più importante dell’aumento di stipendio