Reputazione di professionisti e aziende: per 3 su 4 influisce sulle scelte. Ecco cosa dice uno studio…
La reputazione di professionisti e aziende è un aspetto di cui non si può non tenere conto. Lo si sapeva da un po’, ma oggi più che mai il pensiero delle persone può influenzare, in positivo o in negativo, le scelte nel mondo del business.
A conferma, arrivano i dati dell’analisi condotta dall’Università Popolare degli Studi di Milano, realizzata in collaborazione con Semrush, piattaforma di Saas per la gestione della visibilità online, su un panel di 540 imprenditori titolari di aziende studi professionali e liberi professionisti in attività da almeno 5 anni.
Per oltre 3 intervistati su 4 (77%) la reputazione è il fattore che influisce in misura maggiore nella scelta di iniziare o meno una partnershipo nella scelta di fornitori e collaboratori. Questo perché, come risultato evidente soprattutto nell’ultimo anno, cambiamento ed incertezza sono delle costanti di tutti i mercati, che possono incidere profondamente sullo stato di salute di un’attività. L’affidabilità e la professionalità divengono quindi elementi centrali quando si tratta di scegliere un fornitore, un partner o un collaboratore. La reputazione in tal senso diviene un asset strategico ed importantissimo.
Circa il 60% degli imprenditori interpellati svolge in prima persona indagini attraverso il web per verificare cosa sia stato scritto sul soggetto di suo interesse, rintracciando i profili social, in particolare Linkedin, per leggere eventuali menzioni e segnalazioni da parte di altri gruppi o utenti, articoli e post che lo riguardano, eventuali pubblicazioni a sua firma, recensioni di lavori svolti e altro, il 43% utilizza anche specifici tool informatici per rendere la ricerca più completa, il 17% affida le verifiche ad analisti specializzati. Il 62% ritiene che la reputazione online assuma un peso ancora maggiore nel caso di rapporti con l’estero.
“Le ricerche volte ad appurare la reputazione di qualcuno sono cresciute di quasi il 55% nel 2020, un trend che sembra confermarsi anche nel 2021, con una crescita del 31% nel secondo trimestre e, addirittura, del 64% nel terzo. – afferma Fernando Angulo, Responsabile della comunicazione di Semrush – In molti credono erroneamente che, dal punto di vista lavorativo sia sufficiente un buon profilo LinkedIn, ma in realtà la costruzione della presenza e della reputazione online è qualcosa di ben più complesso”.
Più o meno 1 imprenditore su 2 ha ammesso di aver cambiato idea su un potenziale partner, fornitore o collaboratore dopo l’esito dell’indagine reputazionale. Tra i motivi della decisione ci sono i feedback negativi riscontrati (41%), l’aver valutato inadeguate le prestazioni del soggetto monitorato (16%), ma anche il non aver trovato nulla (11%).
Basterebbe a questo punto non essere presenti sul web? No, sarebbe un errore. Infatti, la mancanza di una presenza online è considerata una discriminante soprattutto per i fornitori di servizi e per i venditori, in questo caso 2 imprenditori su 3 preferiscono non avviare collaborazioni.
“Oggi viviamo in un mondo sempre più globalizzato e, soprattutto, digitalizzato. – Aggiunge il Prof. Avv. Giovanni Neri, Magnifico Rettore– La Pandemia ha accelerato il crollo delle barriere geografiche, aumentando la diffusione dell’e-commerce e dello smart working. Il web ha sostituito il passaparola tra conoscenti, la segnalazione di talenti, ma spesso anche l lettera di referenze, molto utilizzata qualche decennio fa, con la quale i precedenti datori di lavoro attestavano le capacità di un soggetto. Oggi il web è come la pubblica piazza del passato, dove le comari vedevano e sentivano tutto. Oggi, però, a differenza del passato, abbiamo la possibilità di intervenire su ciò che viene detto di noi, e di costruire l’immagine pubblica che vorremmo avere”.