Settimana corta al lavoro: tra 5 anni potrebbe essere la normalità. Cosa dice uno studio…

settimana corta

La settimana corta al lavoro è stato certamente uno dei temi più trattati nel 2023. C’è chi dubita sull’efficace di questo sistema lavorativo e chi è invece sicuro che possa essere un metodo per ottenere una maggiore produttività, garantendo ai dipendenti un welfare migliore.

Benessere e flessibilità sono parole chiave nel presente lavorativo di professionisti e dipendenti. E in un’ottica di miglioramento del proprio worklife balance, la settimana corta al lavoro può rappresentare uno strumento importante per attrarre i talenti.

Sono solo alcune delle tendenze che emergono da “People at Work 2023: A Global Workforce View” l’annuale survey redatta dall’ADP Research Institute, che si è svolta su circa 33.000 lavoratori in 17 paesi, di cui circa 2000 in Italia.

I risultati dello studio

Secondo dati ADP, il 56% degli intervistati sarebbe d’accordo di passare a una settimana lavorativa di 4 giorni, arrivando così a lavorare 10 ore al giorno pur di avere un giorno libero in più a settimana. Inoltre, nei prossimi 5 anni il 21% pensa che vi sarà piena flessibilità di orari e luoghi e il lavoro sarà giudicato dai risultati ottenuti, il 18% pensa sarà possibile lavorare da qualsiasi parte del mondo senza problemi e questo comporterà un maggiore e attento monitoraggio da parte dei datori di lavoro (18%).

Per il 13% vi sarà una diminuzione del lavoro manuale a causa dell’AI e per il 7% le ferie diventeranno non più giorni fissi ma saranno a discrezione del lavoratore (sempre in un’ottica di lavoro basato sui risultati raggiunti).

“Tre lavoratori su dieci (30%) puntano ancora sull’importanza dell’orario flessibile. I lavoratori in modalità ‘ibrida’ sono più soddisfatti della flessibilità di cui godono (85%), mentre tra chi si reca tutti i giorni in ufficio è insoddisfatto 1 lavoratore su 4. Il lavoro da remoto sta assumendo un respiro sempre più internazionale: il 25% dei lavoratori dichiara di non avere restrizioni sul luogo e quindi di poter lavorare ovunque, anche dall’estero, il 17% ha flessibilità sia di orari sia di spazi ma il 45% afferma di doversi ancora recare in ufficio tutti i giorni, mentre rimane in modalità ibrida il 34%. Significa che c’è ancora molto da fare in questo senso: la flessibilità è fondamentale per attrarre i migliori talenti”, afferma Marcela Uribe, general manager ADP Southern Europe.

Rispondendo alla domanda, “quale cambiamento hai pensato di attuare negli ultimi dodici mesi?” , un lavoratore su quattro (24%) ha pensato di cambiare settore, il 7,5% di richiedere un anno sabbatico. Il 15% ha pensato di aprire un’azienda, di prendersi una pausa temporanea dal lavoro (9%), mentre circa uno su dieci ha considerato l’ipotesi del pensionamento anticipato (6,5%). Sono più le donne che desiderano passare al part-time (13% contro il 9% degli uomini).