“Si è sempre fatto così”: ecco perché questa frase è sbagliata nel mondo del lavoro

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C’è una frase che i titolari d’azienda non tollerano: “si è sempre fatto così”. Nell’ambito delle riorganizzazioni aziendali, così come nelle organizzazioni annuali che solitamente avvengono più o meno in questo periodo dell’anno, i dipendenti o i collaboratori che si trovano di fronte alla richiesta di un cambiamento o una variazione dei modelli lavorativi sono soliti commentare con questa frase, che incontra nella stragrande maggioranza dei casi l’irritazione dei propri “capi”.

Una frase non apprezzata

Ma perché questa frase è così odiata? Beh, basta semplicemente analizzare qualche considerazione. Durante le vacanze estive, imprenditori e businessman in genere, dopo qualche giorno di relax, iniziano ad annoiarsi (e non dite che non è così…) ed ecco che partono considerazioni su quanto è stato fatto, lavorativamente parlando, e in cosa si può migliorare. Infatti, anche le aziende più produttive guardano sempre avanti, alle innovazioni, ai perfezionamenti ed è dunque normale riflettere su cosa si può fare per crescere (sì, perché il limite è solo quello che la nostra mente ci impone).

I motivi dell’irritazione

Ed ecco che al rientro in ufficio dalle vacanze, arrivano le immancabili riunioni, in cui imprenditori e manager dei vari settori, convocano i propri collaboratori per comunicare le variazioni nella produzione dell’azienda (piccola o grande che sia). Ed ecco che tra le varie voci di commento, spunta sempre colui (o colei) che esclama: “ma si è sempre fatto così, perché dobbiamo cambiare?”.

Ora, i manager che fanno yoga o risultano particolarmente padroni delle proprio emozioni, si limitano a spiegare che i cambiamenti fanno parte del lavoro ed il fatto che fino a quel momento si sia proceduti in una direzione, ciò non implica che la stessa non possa essere cambiata. Quelli meno calmi, beh, hanno decisamente altre reazioni.

La verità è che chi non è in vetta alla piramide, come si suol dire, non riesce ad avere una visione d’insieme della situazione reale, né delle prospettive. E non può sapere che, magari, l’imprenditore o manager in questione, hanno dedicato parte delle proprie ferie allo studio delle innovazioni da portare in azienda per migliorarne la produttività. Ed ecco che quella specifica domanda diventa come una puntura d’ago su un palloncino gonfio e crea quell’insostenibile tensione fra il datore di lavoro e i suoi collaboratori.

I confronti, se costruttivi, sono molto importanti ai fini di una crescita professionale e guai se non ci fossero. Ma sostituire questa frase così antipatica, con richieste di motivazioni del cambiamento è certamente più auspicabile.