Siamo pronti al salto nel futuro?
Nei precedenti articoli, abbiamo provato a delineare un futuro straordinario ma, allo stesso tempo, incerto ed instabile. Un futuro basato sul complessivo potenziamento dell’agire umano: una memoria estesa dalla tecnologia, maggiore tempestività nel reperire informazioni e nella conseguente operatività, ubiquità virtuale di persone e reale di informazioni che ne aumenta la condivisione nel sistema, solo per citare alcuni benefici.
D’altra parte, l’incertezza risiede proprio nel fatto che non è affatto chiaro come questi processi si diffonderanno a livello sociale, come saranno metabolizzati a livello etico, che impatto avranno a livello politico, militare, culturale, economico. E, soprattutto, come saranno accettati a livello individuale.
Il tentativo di liberare l’intelligenza dai suoi limiti biologici e dalla contingenza del patrimonio genetico non è una violazione delle leggi della natura. Tutto il contrario. La creazione di vita ed intelligenza artificiale non è altro che un atto dell’evoluzione per mezzo del quale la natura governa sé stessa attraverso l’uomo. La natura sta per diventare conoscenza e la conoscenza sta per diventare natura e cultura. La differenza tra essere e pensare svanisce. Strano? Certo guardando al passato, ma forse vale la pena di provare.
Del resto, nonostante sia molto difficile da accettare, bisogna metabolizzare un concetto: non c’è una differenza assoluta tra la soggettività umana e quella delle macchine. Un software che apprende è una soggettività (relativa) come un’altra. Stiamo facendo un salto nell’universo profondo. La ridefinizione del patrimonio genetico pone problemi etici, sociali e antropologici difficili da risolvere in modo chiaro per tutti.
Come sarà allora il nostro futuro?
Una prima cosa è certa: gli studiosi di genetica dei nostri tempi non vogliono solo comprendere la natura, ma anche modificarla, influenzandone i meccanismi di sviluppo. Stiamo entrando in un’epoca caratterizzata dal mai visto, ossia da ciò che è radicalmente diverso. Laddove il termine radicale sottolinea la nuova origine che avrà necessariamente alla base l’elaborazione culturale di un pensiero nuovo sull’uomo e sul mondo.
D’altra parte, come non smetteremo mai di ripetere, l’essenza di questo scenario è tipica dell’uomo: rubare il fuoco agli Dei, insufflare vita nella materia inerte della macchina e conquistare l’immortalità è da sempre il nostro obiettivo. In ogni civiltà, in ogni epoca, non abbiamo dato pace agli Dei. Gli sforzi per trascendere le nostre origini iniziano nei tempi più primitivi.
Il confine della mutazione definitiva è vicino: siamo sull’orlo di una metamorfosi di cui non sappiamo ancora misurare e comprendere né la direzione, né il senso. Se saremo veramente liberi nessuno potrà limitare questi comportamenti perché difficilmente sarà possibile tornare indietro dal punto di vista tecnologico e scientifico. D’altra parte, speriamo che nessuno voglia santificare e, dunque, “mummificare” i vecchi limiti. La lezione dell’evoluzione ci racconta che sarebbe comunque tempo sprecato per una battaglia persa in partenza.
Il tratto fondante del pensiero filosofico-scientifico è un incessante viaggio di scoperta e di superamento: è per questo che ci sta (mediamente) simpatico Ulisse, l’uomo con la mente fantasiosa e colorata che stressa sempre i propri limiti e quelli del mondo. Una simpatia che fa parte del nostro DNA, da tempo immemorabile.
“Là dove cresce il pericolo, cresce anche ciò che salva”
Friedrich Hölderlin
A cura di Angelo Deiana