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Progettare il futuro dei dati e della vita

Partiamo da un assunto: come tutte le cose di questo universo in cui vige un sistema entropico, le informazioni, biologiche o digitali, durano solamente finché c’è qualcuno che se ne prende cura. 

Non c’è insieme di standard che offra garanzie ragionevolmente sufficienti sul fatto che le informazioni archiviate saranno ancora accessibili tra qualche decennio da ora. L’unico modo in cui il nostro archivio (o il nostro corpo) può rimanere attivo è se verrà continuamente aggiornato e adattato al futuro. Se un archivio rimane ignorato, alla fine diventerà inaccessibile. 

Continuerà a esserci bisogno di una manutenzione e un supporto costanti, perché l’informazione continui a essere “viva”. Ecco perché, che si tratti di dati o di saggezza, l’informazione continuerà a sopravvivere solo se lo vogliamo. Per estensione, possiamo vivere solo finché avremo cura di noi stessi. Insomma, la manutenzione, che si tratti del nostro corpo, del nostro cervello, di supporti biologici o non biologici è sempre tutto nella vita. Vale per i monumenti, vale per i dati, vale per le persone.

E vale per le persone anche perché stiamo già andando oltre la nostra biologia, ottenendo gli strumenti per riprogrammarla e rafforzarla. Analisi del DNA, CRISP, il “taglia e cuci” del DNA stesso, riprogrammazione delle staminali: dove possiamo tracciare una linea certa di demarcazione? 

D’altra parte, dobbiamo essere realistici e pragmatici anche nei processi di concettualizzazione. Siamo sicuri che nessuno di noi creda che l’Homo Sapiens sapesse che si stava evolvendo nell’Homo Sapiens Sapiens. Forse anche l’universo descritto nei film Matrix o Terminator è iniziato così. Alcuni si chiedono se l’intelligenza artificiale non rischi di diventare progressivamente troppo “furba” ed in grado di conquistarsi una sua pericolosa indipendenza. 

Sintomi, certo, di un rischio latente che potrebbe verificarsi in un prossimo futuro. Il problema fondamentale è se sia il caso di stabilire dei limiti allo sviluppo dell’intelligenza artificiale per prevenire una possibile perdita di controllo da parte di noi esseri umani. Qui, le linee del futuro si confondono e tracciano traiettorie difficili da seguire.

Ma, anche in questo caso, crediamo che la risposta più pragmatica sia anche la meno lontana dalla realtà. In qualunque scenario, abbandonare lo sviluppo dell’intelligenza non è la risposta. Come qualsiasi cosa, le nuove tecnologie a volte possono essere usate eccedendo, ma non è quella la finalità. Si tratta invece di perfezionare le tecnologie per battere il cancro e altre malattie, creare ricchezza per vincere la povertà, ripulire l’ambiente dagli effetti dell’era dei combustibili fossili e dare una risposta a molti altri problemi e ad altre sofferenze che ci perseguitano da lungo tempo. 

D’altra parte, da sempre la tecnologia è un sistema unificato in cui tutte le parti dipendono l’una dall’altra. Non ci si può liberare delle parti “cattive” della tecnologia e conservare solo quelle “buone”. L’esempio principe è il fuoco; brucia ma non per questo abbiamo aperto un dibattito filosofico sulla possibilità di farne a meno.

In ogni caso, le più recenti esperienze tecnologiche ci possono insegnare qualcosa. Già in questa fase esiste una nuova entità totalmente non biologica che prima non esisteva affatto: il virus informatico. Tuttavia, l’antivirus, il “sistema immunitario” che si è evoluto come risposta a questa sfida, è stato finora abbastanza efficace. Anche i virus possono provocare qualche danno importante, ma sono solo poca cosa a fronte dei vantaggi che ci offre la Rete e le sue metodologie di aggiornamento e apprendimento continuo. 

Come dimostrano pandemia e guerra, siamo nell’era dei sistemi aperti in cui possiamo fare solo tre cose per ridurre le incertezze: apprendere, apprendere, apprendere.

“La vita organica, ci dicono, si è evoluta gradualmente da protozoo al filosofo, e questa evoluzione, ci assicurano, rappresenta senza dubbio un progresso. Disgraziatamente, chi ce lo assicura è il filosofo e non il protozoo“

Bertrand Russell

A cura di Angelo Deiana

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Open Data, innovazione tecnologica e vita reale

L’innovazione corre veloce e la digitalizzazione delle attività quotidiane è sempre più intorno a noi. Basti pensare che la più tradizionale fra le attività di noi italiani, bere il caffè, oggi, oltre a soddisfare palato e olfatto, utilizza una tecnologia robotica per realizzare più di 120 tazze all’ora, assecondando così i gusti di un grande numero di utenti diversi.

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