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Benessere psicologico: è fondamentale per chi cerca lavoro

Sembrano essere i problemi psicologici ad aver spinto le persone a lasciare il lavoro negli ultimi tempi. Ciò emerge da una ricerca effettuata da BVA Doxa 2022 e commissionata Mindwork, primaria società italiana per la consulenza psicologica online, in occasione della della Giornata Mondiale per la Salute Mentale.

Secondo lo studio il 75% dei lavoratori, ovvero circa 3 lavoratori su 4, under 34 appartenenti alla categoria blue collar si è dimesso almeno una volta per tutelare la propria salute psicologica. E questo risultato aumenta con un trend in crescita del +11% rispetto allo scorso anno, se viene analizzato il contesto della Gen Z (60%).

Dai dati emerge che 1 persona su 2 soffre di ansia e insonnia a causa di situazioni legate al lavoro. In particolare, la percentuale di persone che dichiara di sperimentare situazioni di ansia e/o insonnia è passata dal 35% (prima del Covid) al 53% per l’ansia e al 50% per l’insonnia. 

Un altro dato preoccupante è che quasi il 40% dei lavoratori, non si sente libero di dichiarare il proprio malessere in azienda, questo vale soprattutto per il target blue collar (48%), mentre c’è più serenità nel confidare la propria situazione con gli amici o in famiglia.

“Nell’ultimo anno circa il 62% dei lavoratori italiani ha provato almeno un sintomo correlato al burnout – sensazione di sfinimento, calo dell’efficienza lavorativa, aumento del distacco mentale, cinismo rispetto al lavoro – spiega Biancamaria Cavallini, Board Member & Operations Director di Mindwork e Psicologa del Lavoro – È in questo contesto che il fenomeno del Quiet Quitting – ossia il limitarsi a fare lo stretto necessario a lavoro – si afferma. Verrebbe dunque quasi da pensare che possa essere un sintomo diffuso di vissuti di burnout. Ritirarsi silenziosamente dalla propria attività lavorativa e disimpegnarsi da quest’ultima, è infatti in linea con il distacco mentale e il cinismo tipici del burnout”.

Il 95% del campione intervistato ritiene essenziale che le aziende si prendano cura del benessere psicologico dei propri dipendenti; tra le iniziative più apprezzate troviamo una maggiore flessibilità oraria e l’attivazione di programmi strutturati di well-being. In generale però, il 44% ritiene che le iniziative proposte dalla propria azienda siano del tutto inefficaci, in particolare fra i Blue Collar (1 su 2).

Cosa desidera chi cerca lavoro

Dallo studio si evince che quando si cerca lavoro, 7 persone su 10 puntano su aziende che guardano al benessere psicologico delle persone anche laddove il livello di stress attualmente percepito dalla persona sul proprio lavoro sia basso.

Più precisamente, il 60% della categoria White Collar valuta questo dato in maniera positiva, a fronte del 23% fra i Blue Collar. Rispetto alla precedente edizione della ricerca, resta invece invariata la percentuale di persone che si esprime a favore di un supporto psicologico all’interno della propria azienda, laddove non è ancora presente (75%). Dato che vale per tutte e tre le categorie prese in esame. 

“Dai dati del nostro Osservatorio con BVA Doxa – afferma Mario Alessandra, Fondatore e Amministratore Delegato di Mindwork – sono emerse due conferme, una è sicuramente quella della trasversalità del malessere psicologico su aziende di ogni settore e dimensione e l’altra è l’impatto che questo ha sulla capacità delle aziende stesse di trattenere e attrarre i talenti, soprattutto quelli più giovani che per definizione rappresentano il nostro futuro. In questo scenario – continua Alessandra – Mindwork promuove insieme a tantissime aziende Clienti un paradigma culturale, che a partire dalla leadership, sia la base per ambienti di lavoro strutturalmente a misura di benessere psicologico”.

Ranstad: ecco le 10 ragioni principali per cui i lavoratori scelgono di lasciare un’azienda

Il concetto di lavoro in sé è molto cambiato negli ultimi anni. Una maggiore possibilità di ricorrere allo smartworking, il lavoro flessibile, il lavoro ibrido: gli italiani ne hanno sperimentate di situazioni rispetto alle classiche 8 ore di impegno quotidiano.

La valutazione dell’impiego, quindi, non può prescindere da un’attento studio delle possibilità che il mercato del lavoro offre.

Le relazioni professionali con i colleghi e superiori, la richiesta di un aumento di stipendio, la possibilità di richiedere di lavorare in smart working, dalle opportunità di carriera a quelle di specializzazione, dal clima aziendale al desiderio personale di cambiare: sono tutti fattori che oggi chi cerca un lavoro tiene fortemente in considerazione. Per capire meglio verso quale direzione si sta andando, Randstad ha stilato un decalogo delle 10 ragioni principali per cui i lavoratori scelgono di lasciare un’azienda.

Il decalogo dei motivi per le dimissioni

Ecco quali sono le motivazioni che spingono dipendenti, collaboratori e professionisti a dimettersi dal proprio posto di lavoro e cercare qualcosa di diverso.

  1. Relazioni professionali con i colleghi e i responsabili. La prima ragione per cui i lavoratori lasciano un’azienda è il rapporto con i colleghi di livello pari o superiore, anche se non conflittuale.
  1. Il contenuto del lavoro. Molte persone cambiano lavoro alla ricerca di un contenuto qualcosa di più interessante e stimolante, di quello attuale, più in linea con le aspettative del ruolo professionale che vogliono ricoprire.  
  1. I valori aziendali. Ma non c’è solo il tipo di lavoro. I compremessi oggi sono meno accettati rispetto al passato e si cerca sempre più un’azienda con gli stessi valori di chi ci lavora.
  1. Lo stipendio. Non c’è niente da fare, oggi ciascuno di noi si assegna un valore basato su competenze ed esperienza e pretende che tale valore sia rispettato. La leva economica oggi è particolarmente attrattiva per i lavoratori senior, meno per i giovani per cui sono altri i fattori cruciali.
  1. Il tempo. L’equilibrio tra vita privata e professionale è stato messo a dura prova durante il lockdown. Oggi i lavoratori sono meno propensi a sacrificare il tempo libero e possono scappare da condizioni “tossiche”, in cui l’attività professionale invade totalmente quella privata.
  1. Le opportunità di crescita. I più giovani cercano prospettive di crescita, step professionali rapidi, stimoli continui. L’offerta di percorsi di carriera strutturati e ambiziosi è uno degli elementi di attrazione dei candidati.
  1. La specializzazione. Crescere professionalmente è un’opportunità che è fortemente desiderato. Le aziende più apprezzate sono quelle che offrono possibilità di formazione.
  1. Il clima. L’ambiente è fondamentale e il clima in ufficio è determinante per il benessere di chi ci lavora. Se non è positivo, l’attrattiva per un’azienda è certamente minore.
  1. Il lavoro da remoto. È una novità arrivata con la pandemia: molti lavoratori cercano espressamente offerte di lavoro che consentano di svolgere l’attività a distanza, magari da luoghi diversi dagli uffici delle grandi aree urbane, con maggiore flessibilità sugli orari e improntati al raggiungimento di obiettivi
  1. Il desiderio di cambiare. Delle volte cambiare il posto di lavoro può significare dare un taglio alla quotidianità per aprirsi a nuove sfide, stravolgere completamente la propria vita per mettersi alla prova con un’avventura che dia un nuovo significato al proprio percorso.

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