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L’estate per un manager: tre cose da fare per investire il proprio tempo

L’estate per un manager rappresenta un periodo dell’anno decisamente anomalo. Infatti, gli impegni si riducono, le settimane lavorative per molti il giovedì son già finite e da fare non resta che prepararsi alla chiusura estiva, che breve o lunga che sia.

Certamente il tempo a disposizione non manca e sono in molti a non apprezzare un patrimonio di ore disponibili senza eventi in agenda.

Come occupare tutto questo tempo? Certamente pensando di migliorarsi e progettare il futuro! Chi ha molti anni di esperienza, chi ne ha poca, chi desidera cambiare lavoro o chi, invece, è soddisfatto del proprio ruolo e dell’azienda per cui lavora. Insomma, volgere lo sguardo verso l’orizzonte, in questo periodo, può davvero illuminare.

“Stiamo vivendo – dichiara Francesca Contardi, managing director di EasyHunters, prima società di ricerca e selezione con un Digital Operating Process – un momento molto particolare che richiede grande preparazione e aggiornamento continuo delle competenze per continuare a rimanere al passo con i cambiamenti che avranno sempre un maggiore impatto sul mercato. Studiare e prepararsi, quindi, sono aspetti fondamentali per la carriera di ciascuno. Rappresentano, senza dubbio, uno strumento per cercare di acquisire competenze specifiche per affrontare sempre nuove sfide. Continuare a lavorare sulla propria crescita professionale, anche per non perdere occasioni future, è indispensabile: non possiamo in alcun modo non renderci interessanti agli occhi delle aziende che, magari, incontreremo durante un colloquio di selezione”.  

Tre idee per l’estate

Tra le cose più utili che si possono fare durante la pre-pausa e la pausa estiva, c’è sicuramente l’aggiornamento professionale. È questo il momento perfetto per seguire un corso o un master o per trascorrere alcune ore leggendo libri o manuali. Su cosa concentrarsi? Sicuramente su tutto ciò che è legato ai nuovi strumenti tecnologici e digitali (social network compresi, ad esempio) oppure su aspetti legati al proprio settore e alla propria azienda. 

Altra analisi da poter fare è quella relativa ai propri obiettivi professionali: è fondamentale capire se la propria carriera sta andando nella direzione giusta o se è necessario cambiare qualcosa. Il periodo estivo, decisamente più tranquillo rispetto al resto dell’anno, può essere un buon momento per analizzare il proprio percorso professionale e, in caso, prepararsi per cambiare l’approccio, il ruolo o addirittura l’azienda. 

Terzo, ma non ultimo, curare i propri social network. Molto spesso le nostre iniziative per mancanza di tempo non riusciamo ad evidenziarle attraverso i social, che oggi sono invece un canale importantissimo per chi fa business. Aggiornare le proprie competenze, mostrare i propri risultati, raccontare i propri progetti può davvero dare una grande spinta alla carriera.

Fatto questo, potete poi certamente godervi qualche giorno di relax, staccando la spina e dedicando attenzione alla vostra famiglia, ai vostri amici e sicuramente anche alla cura di voi stessi.

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Reskilling, parola chiave per il futuro del lavoro

Abbiamo più volte visto l’importanza che ha assunto la capacità di acquisire nuove skills in questo momento storico. Ma cosa cambierà in futuro? Poco o niente. Entri i prossimi 20 anni, almeno la metà dei lavori oggi esistenti saranno automatizzati (totalmente o in parte) e milioni di lavoratori (secondo alcune stime 375 milioni di professionisti) saranno costretti a cambiare lavoro a causa dell’impatto che digitalizzazione, automazioni ed intelligenza artificiale avranno. Secondo un recente studio del World Economic Forum questo tema sarà sempre più centrale nei prossimi anni, anche dal punto di vista economico.

E quindi, quali saranno le abilità che i 30-40enni di oggi dovranno acquisire? Cosa succederà a questi professionisti? Il futuro del lavoro post Covid-19 vede nella parola chiave reskilling una definizione quanto mai azzeccata.. Il mondo del lavoro, soprattutto nell’ultimo anno, è notevolmente cambiato e anche i professionisti hanno necessariamente dovuto evolversi per adeguarsi ad un contesto sempre meno stabile. Le aziende sono costrette (e lo saranno sempre più in futuro) a valutare le competenze delle risorse già presenti in azienda e fare in modo che queste siano allineate con le esigenze di business. 

“Spesso – afferma Francesca Contardi, managing director di EasyHunters, prima società di ricerca e selezione con un Digital Operating Process – il vero problema è legato alle soft skills, ovvero alla capacità di adattarsi al cambiamento e di muoversi efficacemente all’interno del nuovo modo di lavorare. La tecnologia, lo abbiamo visto in questo ultimo anno segnato dall’emergenza Covid-19, ha un duplice ruolo: è certamente un alleato (pensiamo alla possibilità di continuare a lavorare da remoto nonostante le chiusure), ma richiede anche un aumento di competenze per poter sfruttare al meglio le potenzialità e le opportunità che offre. I professionisti over 40 sono, probabilmente, quelli che hanno maggiori difficoltà nel ricollocarsi, perché si trovano in un periodo molto particolare della loro carriera. Ci troviamo di fronte a tantissimi candidati che dopo un anno di sacrifici e di lavoro a distanza si stanno ponendo la domanda se quello che fanno è davvero quello che potranno fare per i prossimi 20 o 30 anni. Sono professionisti, spesso molto qualificati in uno specifico campo, che nel breve dovranno per forza di cose riconvertirsi per restare al passo con le nuove professioni soprattutto in campo informatico e tecnologico”. 

La situazione in Italia

Negli Stati Uniti la necessità di riqualificazione dei profili senior costerà oltre 34 miliardi di dollari. In Italia il quadro potrebbe anche essere peggiore. Il nostro paese, infatti, può contare tra le forze lavoro più anziane a livello mondiale, dopo Germania e Giappone. Secondo l’Istat oggi l’età media dei lavoratori del nostro paese è di 44 anni ed aumenta di circa 6 mesi ogni anno. Non solo. 

Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale già nel 2022 un quinto degli occupati avrà un’età compresa tra i 55 e i 64 anni e, solo 3 anni dopo (e quindi nel 2025), saranno addirittura uno su quattro. 

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Dopo il Coronavirus cosa cambierà nei rapporti di lavoro?

La Fase 2 è iniziata, seppur tra timori e interrogativi che probabilmente verranno risolti tra qualche settimana. Ma intanto il mondo del lavoro si interroga su cosa è cambiato e su cosa cambierà dopo l’emergenza Coronavirus. Soprattutto per i rapporti interpersonali, ci saranno variazioni di rilievo.

Per questo EasyHunters, prima società di ricerca e selezione con un Digital Operating Process, ha svolto un sondaggio con 13.000 lavoratori di aziende di ogni settore, di ogni grandezza e con livelli di esperienza eterogenei, per capire cosa si aspettano dal ripristino di tutte le attività.

“Quello che sta accadendo, a livello sanitario ed economico, è davvero senza precedenti. Le aziende – spiega Francesca Contardi, Managing Director di EasyHunters – si sono trovate, quasi da un giorno all’altro, a far lavorare i propri dipendenti e collaboratori da remoto senza aver mai sperimentato prima questa modalità, con procedure e dinamiche nuove per tutti. Ora che la Fase 2 è iniziata, ci troviamo a dover ragionare sul futuro sia a livello organizzativo e pratico sia a livello manageriale. E per farlo non possiamo permetterci di ignorare ciò che si aspetta chi lavora con/per noi. Per questo motivo abbiamo deciso di chiedere direttamente ai lavoratori se sono pronti a tornare in ufficio, quali timori hanno e cosa vorrebbero in futuro. Il primo dato che emerge dall’indagine è la spaccatura netta tra chi vuole rientrare (il 44%) e chi preferirebbe rimanere a casa (56%). Di quest’ultimo gruppo, il 32,3% vorrebbe rientrare appena ricevuta una comunicazione ufficiale dal governo, il 31,5% a settembre e il 29,8 tra giugno e luglio”. 

I risultati del sondaggio

Difficile immaginare esattamente cosa accadrà, ma i lavoratori non nascondono i loro timori. Il principale è rappresentato dalla presenza di colleghi asintomatici (64,7%), seguito dalla possibilità di contagiarsi prendendo i mezzi pubblici (40%). Per risolvere questo problema, quindi, la maggior parte delle persone ha dichiarato che userà l’auto privata (68,9%), il 4,9% le biciclette e il 13% circa si sposterà a piedi (13,6%) o con i mezzi pubblici (12,6%). Nessuno, infine, opterà per car sharing o sistemi simili. 

E sulla base di questo, come cambieranno i rapporti con colleghi e fornitori? Per il 68,6% degli intervistati la stretta di mano sarà bandita per molto tempo. Il 70% dichiara, inoltre, che indosserà la mascherina e solo il 31,4% i guanti. 

Insomma, i rapporti sociali sul lavoro potrebbero cambiare e non poco… staremo a vedere.

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