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Gender gap salariale: la nuova legge ispira fiducia in chi cerca un lavoro?

Di gender gap salariale nel mondo del lavoro si parla ormai da tempo. Ma qual è la percezione della situazione reale odierna a proposito delle differenze di trattamento tra uomini e donne tra chi, in questo momento, è in ricerca attiva di lavoro?

Jobtech, primaria agenzia italiana per il lavoro digitale, ha svolto un’indagine per capire meglio la situazione. Lo ha fatto rivolgendosi ad un panel di 1000 utenti in ricerca attiva di lavoro chiedendo loro in quanti sentissero il problema sulla loro pelle, e quale fosse il livello di fiducia nella Legge sulla Parità Salariale, approvata in Senato il 26 ottobre scorso.

Secondo lo studio, per il 34% la disparità salariale tra uomini e donne è una prassi comune, mentre è accaduta almeno una volta nell’esperienza del 22% del campione. Queste percentuali, però, salgono al 37% e al 25,5% se si isolano le risposte delle donne. Gli uomini, di contro, negano (mai capitato al 45,7%) o non sanno (32,3%).

E la situazione si modifica in modo significativo con il variare dell’età dei rispondenti. Infatti, la percentuale sale al 38% tra i millennials – tra i 25 e i 40 anni – e fino al 41% tra gli appartenenti alla Generazione X (41-55 anni). Oltretutto, interessante notare che il problema è più sentito proprio laddove si lavori in contesti lavorativi a maggioranza femminile: qui sale al 42%. Il soffitto di cristallo sembra esistere anche dove al lavoro ci sono più donne che uomini. 

Non è lo stipendio l’unico problema

Non è solo una questione di soldi. Lo studio mette in evidenza anche il fatto via sia mancanza di supporto per chi ha figli: il 48,6% degli intervistati ha menzionato questioni relative al bisogno di asili nido, part-time e flessibilità lavorativa. Tra le altre problematiche, il 36,7% batte sul problema delle interruzioni di carriera delle donne, spesso non una scelta ma un obbligo per gestire i figli e i genitori anziani. La disparità di stipendio tra uomini e donne è solo terza in classifica, indicato nel 33% delle risposte. Molto sentite le questioni del cosiddetto “lavoro invisibile” – in casa, con i figli, gli anziani – delle donne, che non viene retribuito ma che grava quasi esclusivamente su di loro (30,3%). Chiudono, tra le risposte più menzionate, la mancanza di donne ai vertici aziendali (29,4%) e la più bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro (20,2%). 

Un altro aspetto che infastidisce chi cerca lavoro sono le domande personali su famiglia e figli, in fase di colloquio, che continuano ad essere una realtà nonostante siano vietate. Le riceve sempre il 30,3% del campione, e spesso il 12%. Non sorprende che queste percentuali salgano al 34% e al 16% quando a rispondere sono le donne.

Nonostante il quadro non sia propriamente idilliaco comunque il 52% di chi cerca lavoro ha fiducia nella nuova legge, ma non sa quando e come si applicherà nelle aziende italiane. Non cambierà nulla solo per l’11% del campione. 

“La disparità salariale tra uomo e donna è, al contempo, causa ed effetto della minore partecipazione femminile nel mondo del lavoro – dichiara Angelo Sergio Zamboni, co-founder di Jobtech. – Nonostante sia incostituzionale, questa diversa valorizzazione del lavoro femminile è una prassi così diffusa da scoraggiare le donne in cerca, col risultato che spesso, soprattutto in presenza di bambini, molte scelgano di dedicarsi alla loro cura in maniera esclusiva perché normalmente il loro lavoro viene pagato meno di quello degli uomini. Lavorando nel mondo della somministrazione di lavoro crediamo che un costante impegno per migliorare l’accesso delle donne a posti di lavoro dignitosi debba rappresentare non solo un imperativo morale, ma anche una concreta opportunità per promuovere uno sviluppo sostenibile e inclusivo del sistema lavoro italiano. In questo momento, la maggioranza di chi cerca lavoro in Italia è donna: occorre guardare a questa forza lavoro preparata, competente e motivata come una vera risorsa da cogliere per dare spinta allo sviluppo del Paese”.

Gender gap fra uomo e donna sul lavoro: c’è ancora molto da fare

Gender gap: un qualcosa di cui sembra un paradosso parlare nel 2021. Ma tant’è. La differenza uomo e donna nel lavoro è ancora netta in termini di posizioni di rilievo, mansioni e compensi.

Per far ancora più luce sul problema, LinkedIn, il più grande network professionale del mondo, ha esaminato l’impatto del condizionamento sociale sulla retribuzione e la progressione di carriera delle donne in tempi di Covid-19. L’obiettivo è quello di far luce sulla disparità di riconoscimento che porta le donne a sentirsi meno meritevoli degli uomini, influenzando direttamente le loro carriere. 

Donne e lavoro: differenze ancora troppo evidenti

Secondo lo studio, il 44% delle intervistate in Italia pensa che le donne si sentano meno legittimate a ottenere promozioni o aumenti di stipendio sul posto di lavoro, mentre 2 uomini su 5 (40%) intervistati hanno detto lo stesso. Meno della metà (47%) delle donne ha ammesso di aver provato questo o di averlo visto provare da altri.

In merito al divario che divide uomini e donne sul posto di lavoro è più evidente quando si parla di aumenti di stipendio e promozioni. La ricerca rivela infatti che ad ogni livello delle trattative su stipendi e promozioni, le donne italiane sono ancora un passo indietro rispetto agli uomini:

  • Più uomini hanno ammesso di aver negoziato lo stipendio per un nuovo ruolo rispetto alle donne (62% contro 47%).
  • Questo è vero anche quando si tratta di negoziare aumenti di stipendio con gli attuali datori di lavoro (61% uomini contro 43% donne).
  • Più di un terzo (37%) delle donne intervistate non ha mai negoziato un aumento di stipendio con il proprio capo accettando un nuovo lavoro perché non si sentiva a suo agio nel chiederlo, rispetto al 32% degli uomini.
  • Mentre più della metà (51%) degli uomini intervistati ha chiesto un aumento di stipendio o una promozione al di fuori della loro revisione annuale, meno di 2 donne su 5 (37%) ha fatto lo stesso.
  • Tra coloro che non hanno mai chiesto un aumento di stipendio al di fuori della loro revisione annuale, il 48% delle intervisate lo prenderebbe in considerazione, rispetto a più di metà (52%) degli uomini intervistati.
  • In media, le donne intervistate hanno aspettato più a lungo per chiedere al loro datore di lavoro un aumento di stipendio dal momento in cui hanno sentito di meritarlo, rispetto agli uomini intervistati. (18 mesi contro 15 mesi).

Flessibilità e lavoro

Malgrado le politiche di flessibilità sul posto di lavoro, un quinto (20%) delle donne è d’accordo sul fatto che la presenza dei figli ha avuto un impatto sulla loro progressione di carriera.

Anche quando il loro datore di lavoro ha implementato politiche family friendly, il prezzo che le donne sono convinte di pagare per il lavoro flessibile include l’essere viste come meno dedite al lavoro rispetto agli altri dipendenti (42%) e la mancanza di avanzamento di carriera (23%).

Mentre il 51% degli uomini con figli intervistati concorda sul fatto che la loro carriera è rimasta una priorità fondamentale, il 47% delle donne con figli intervistate ha affermato lo stesso.

Progressione di carriera

Lo studio di LinkedIn ha messo in evidenza un grave gap: le donne intervistate sentono la necessità di soddisfare il 53% della job description in termini di competenze/esperienza per candidarsi a una promozione, mentre agli uomini intervistati basta soddisfarne il 49%.

Inoltre, il 39% delle donne intervistate dichiara che c’è stato un punto nella loro vita in cui hanno dovuto abbassare le loro aspettative di carriera, mentre il 36% delle intervistate crede che ci sarà un momento del genere in futuro. L’età media in cui le intervistate si sono trovate d’accordo nel dire che hanno vissuto o che vivranno questo momento è 36 anni: tra le ragioni menzionate figura l’aumento del “carico mentale” (come, ad esempio, il dover gestire una carriera in aggiunta ad altre responsabilità), non essere viste come un candidato adatto per una promozione dal loro datore di lavoro e, come detto, il fatto di avere figli.

Con il Covid-19 la situazione non è migliorata

L’arrivo della pandemia da Covid-19, non ha certo contribuito a migliorare la situazione: tra coloro che sono stati maggiormente colpiti dalla pandemia nelle loro pratiche sul lavoro ci sono proprio le donne. La ricerca ha evidenziato che il 45% delle donne intervistate ha concordato che la loro carriera è stata rallentata o messa in standby dall’inizio della pandemia per le maggiori responsabilità all’interno delle proprie mura domestiche.

I nuovi dati di LinkedIn mostrano anche che il lavoro delle donne è più vulnerabile di quello degli uomini, e che le donne sono state assunte a un tasso inferiore dall’inizio della pandemia. I settori in cui il problema si è manifestato maggiormente sono il Retail, quello dei Viaggi e dell’Intrattenimento. Inoltre risulta che le donne hanno meno probabilità di lavorare in ruoli che richiedono il lavoro a distanza. Infatti, la quota di donne assunte nel settore Viaggi & Intrattenimento è scesa di oltre 6 punti percentuali. Nel settore della vendita al dettaglio, la quota di donne assunte ha avuto un calo di quasi 3 punti percentuali. La Sanità, che ha mostrato la maggiore resilienza alla pandemia, ha guadagnato 1,7 punti percentuali.

Le cose devono cambiare

Per Olga Farreras, office lead dell’affinity group Women@ LinkedIn Italia, “per la maggior parte delle donne, i risultati del nostro studio saranno solo un’ulteriore prova di ciò che è già un dato di fatto: hanno vissuto un periodo tra i più duri in quest’ultimo anno. I nostri dati mostrano chiaramente come il lavoro delle donne sia stato colpito dalla pandemia – con molte di loro costrette ad assumersi responsabilità extra, come la gestione della casa o la cura dei bambini, unite al fatto che il loro lavoro è più vulnerabile. E questo è anche dovuto a un ‘divario di legittimazione’, che ostacola le donne relativamente agli aumenti di stipendio e alle promozioni che meritano”

“Le conversazioni su come il Covid-19 ha colpito le lavoratrici stanno aumentando su LinkedIn, e, avendo condiviso le mie esperienze personali sulla questione, mi piacerebbe che altri facessero lo stesso. Ecco perché invito tutti ad unirsi alla conversazione su LinkedIn @taggando una donna tra quelle che appartengono alla vostra community, per celebrarla con gli hashtag #WeCanDoIt e #IWD2021”.

Cosa possono fare le aziende? Beh, qualche consiglio pratico potrebbe essere certamente utile:

  1. Implementare politiche progressive sul posto di lavoro che permettano una maggiore flessibilità – Il lavoro del futuro sarà senza dubbio più flessibile. Per garantire che le donne non si trovino a dover scegliere tra la loro famiglia e la loro carriera, le opportunità di lavoro flessibile sono un must. I dati di LinkedIn rivelano che le donne sono il 26% più propense a candidarsi per lavori a distanza rispetto agli uomini.
  2. Considerare attentamente il linguaggio degli annunci di lavoro e l’employer branding – Tutte le parole usate dalle aziende, dalla job description alla cultura aziendale, influenzano la capacità di attrarre una forza lavoro equa dal punto di vista del genere. La ricerca di LinkedIn rileva che il 44% delle donne si sentono scoraggiate nel fare domanda per un ruolo se la parola “aggressivo” è inclusa nell’annuncio di lavoro. Per incoraggiare più donne a candidarsi ai ruoli, le aziende dovrebbero essere consapevoli e usare un linguaggio aperto e inclusivo, come “solidale” e “collaborativo”.
  3. Espandere i pool di talenti esistenti – Le aziende hanno l’opportunità di attingere a nuovi e più ampi pool di talenti che le aiuteranno a potenziare la diversità della loro forza lavoro e anche a portare nuove competenze nel business. Per raggiungere talenti più diversificati, le aziende dovrebbero considerare la loro strategia di employer branding e cercare di collaborare con organizzazioni che hanno una community o un’audience già impegnati in questo senso. È anche importante capire cosa conta di più per le donne quando scelgono un nuovo lavoro e assicurarsi che le loro priorità siano considerate come parte della politica aziendale e dei benefit.

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Donne e lavoro. In occasione della Festa della Donna, è più che normale parlarne. L’Italia è all’82° posto sul tema del Gender Gap, come rilevato dal World Economic Forum 2017 e dunque la parità tra uomo e donna nel mondo del lavoro è uno degli obiettivi da perseguire per la crescita civile del nostro Paese.

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