Articoli

Smart working: 5 consigli pratici per i CEO che promuovono questo metodo di lavoro

Smart working sì o no? I CEO delle grandi aziende si dividono sugli effettivi benefici di questo modo di lavorare. Effettivamente ci sono molti pro, ma anche diversi contro. C’è l’esigenza di bilanciare le necessità di flessibilità dei dipendenti con quella di mantenere alta la produttività e la cultura aziendale

Continua a leggere

Lavorare all’estero? Sì, ma non è questa l’unica opzione. Ecco i risultati di uno studio

Lavorare all’estero? Perché no, anzi, questo potrebbe essere un buon momento per provare nuove esperienze, ma non è semplicissimo. Secondo il report di Boston Consulting Group “Decoding Global Talent, Onsite and Virtual”, la prima di tre ricerche sugli effetti del Covid sull’occupazione condotte in collaborazione con The Network, leader globale per la selezione del personale online, per effetto del boom dello smart working, cresce anche la propensione a cercare un impiego da remoto per aziende straniere senza una sede fisica in Italia

La tendenza generale che emerge dallo studio è quella di lavorare a casa il più possibile. Nel 2014 il 63,8% degli intervistati a livello globale voleva lavorare all’estero; nel 2018 il numero era sceso al 57,1% e nel 2020 al 50,4%: in sei anni sono stati persi 13 punti percentuali.

In Italia c’è voglia di cambiare

In Italia la situazione è diversa rispetto agli altri Paesi.Infatti, nel 2014 il 59% dei lavoratori italiani era disposto a lasciare il Paese. Nel 2018 erano già scesi al 55%, un calo coerente con il resto del mondo. Nel 2020, la svolta: il 90% si dice disponibile a trasferirsi alla ricerca di opportunità di lavoro, un punteggio molto alto e un’inversione di tendenza che secondo lo studio si spiegherebbe con la difficile situazione attuale. 

Un dato interessante è che sono numerosi anche gli italiani che sarebbero disposti a lavorare da remoto per aziende straniere senza una presenza fisica nel Paese: il 71% degli intervistati, 14 punti in più rispetto alla media globale (57%). 

“Il Covid ha accentuato un fenomeno già avviato e ha favorito la transizione verso una nuova forma di mobilità, fondata su una modulazione del telelavoro, che rappresenta una nuova opportunità anche per le società, da impiegare, però, con attenzione”. Lo studio però mostra che avere una forza lavoro virtuale dislocata in più Paesi presenta molti vantaggi ma anche alcune criticità. Il primo è di carattere contrattuale: il rapporto di lavoro deve rispecchiare la specificità delle leggi di ogni Paese, e al tempo stesso garantire una formula uniforme ai dipendenti. Lo stesso vale per la questione del salario, mentre c’è il rischio di sottovalutare le conseguenze dei diversi fusi orari sull’equilibrio organizzativo. “In ogni caso, sia aziende che dipendenti – sostiene Radice – sono pronti e, anzi, desiderosi di attuare questi cambiamenti. E la direzione generale sembra ormai essere stata imboccata”, afferma Matteo Radice, Managing Director e Partner di BCG.

Quali sarebbero le destinazioni preferite?

Sempre secondo lo studio, svolto in 190 Paesi, la meta preferita dagli italiani per il lavoro all’estero è la Svizzera, che in due anni sale di quattro posizioni e supera il Regno Unito (da prima a seconda) e Germania (ferma al terzo posto).

Al contrario, l’Italia rappresenta una destinazione molto apprezzata dagli stranieri, in particolare da albanesi, spagnoli, rumeni e turchi. E al nono posto ci sono proprio gli svizzeri. Nella sfida tra le due grandi città italiane, Roma (25ª posto nel mondo per attrattività) supera ampiamente Milano che è solo 41ª.

Nella media globale, invece, gli Stati Uniti non sono più al primo posto tra le destinazioni preferite dai lavoratori, scesi di una posizione, a pari merito con Australia (20%), a causa di diversi fattori tra cui la gestione del Covid. Al primo posto c’è il Canada, top destination per il 24% degli intervistati, che approfitta di una buona gestione della pandemia e di condizioni più favorevoli. Come Paese preferito per un incarico di lavoro da remoto, invece, il primo posto è degli Stati Uniti, con il 25% delle preferenze, seguiti da Australia e Canada (22%) e al quarto posto la Germania (19%).

Tra le città più attrattive a livello globale, Londra mantiene la prima posizione. Subito dopo si colloca Amsterdam, che guadagna tre posizioni dal 2008 al 2020. Al terzo posto – altra sorpresa – Dubai, che insieme ad Abu Dhabi (al quinto) simboleggia i cambiamenti in atto della geografia globale del lavoro. Nella top ten delle destinazioni preferite si trovano anche Tokyo, salita di quattro posizioni, e Singapore, cresciuta di otto. Crollano New York, ottava (-6), e Barcellona (-5). In generale salgono anche Seoul (15esima), Kuala Lumpur (19esima) e Pechino (22ª). Resta un mistero: nonostante il Canada sia la prima scelta come Paese, tra le sue città la meglio classificata è Toronto, che è solo 14ª.

,

Lavoro da remoto: ecco cosa svela una ricerca di Microsoft tra i manager

Il Covid-19 torna a far preoccupare e non poco. Molte sono le aziende che offrono, anche seguendo le indicazioni e i consigli del Governo, la possibilità di lavorare da remoto. Ma con quali conseguenze? Secondo una ricerca di Microsoft su Remote Working e Futuro del Lavoro che ha coinvolto oltre 600 manager e dipendenti di grandi imprese italiane, il lavoro flessibile rende sì più produttivi, ma può creare un senso di isolamento e riduzione del tasso di innovazione.

I numeri della ricerca di Microsoft

Il numero di aziende italiane che hanno scelto di offrire la possibilità di scegliere modelli flessibili di lavoro è aumentato in modo esponenziale, passando dal 15% dello scorso anno al 77% del 2020 (dato davvero straordinario), e i manager intervistati credono che il 66% dei dipendenti continuerà a lavorare da remoto almeno un giorno alla settimana.

Ma quali sono i benefici di questa “nuova normalità”? Secondo i leader aziendali si sono registrati benefici sia in termini di produttività sia di efficienza: l’87% degli intervistati ha, infatti, riscontrato una produttività pari o superiore a prima del lockdown e il 71% è convinto che le nuove modalità “ibride” di lavoro comportino significativi risparmi in termini di costi. Inoltre, oltre 6 intervistati su 10 (64%) pensano che continuare a garantire la modalità di lavoro da remoto possa essere un modo efficace per trattenere i collaboratori migliori.

Tornare alle vecchie abitudini? Neanche per sogno. Infatti, l’88% dei manager si aspetta l’introduzione di modalità di lavoro più ibride nel lungo periodo e i dipendenti prevedono di trascorrere in media un terzo del proprio tempo (37%) al di fuori del tradizionale luogo di lavoro.

Tra i principali benefici si annoverano la possibilità di vestirsi in modo più casual (77%) e di personalizzare il proprio ambiente di lavoro (39%), avere più tempo per i propri hobby (49%), per i propri figli (36%) ma anche per gli animali domestici (22%).

Eppure i “contro” ci sono…

Bello lavorare da casa, ma non è tutto rose e fiori. Infatti, dalla ricerca emerge la sensazione di essere più isolati e meno in relazione con i colleghi, un fattore che potrebbe comportare anche un importante calo nel tasso di innovazione

Secondo la ricerca di Microsoft il lavoro da remoto può alterare in negativo la condivisione di idee tra le persone e ciò può portare i dipendenti a essere meno invogliati a chiedere aiuto o a delegare in modo appropriato. In particolare, è fondamentale supportare il middle management nel superare questi limiti per promuovere una cultura del lavoro che favorisca l’innovazione: il 61% dei manager intervistati riconosce di aver avuto problemi a delegare in modo efficace e a supportare i team virtuali e il 63% confessa di avere difficoltà nella promozione di una forte cultura di squadra in questo scenario di remote working.  

Essere lontani dai propri colleghi altera dunque la capacità di condividere nuove idee e innovare: rispetto allo scorso anno è stato registrato un calo sensibile nel numero di manager che dichiarano che la propria azienda possiede una cultura innovativa, passando dal 40% nel 2019 al 30% nel 2020. Allo stesso modo, è stato rilevato un calo anche nella percezione dell’innovazione di prodotti e servizi, che è passata dal 56% nel 2019 al 47% nel 2020.

“L’emergenza sanitaria ha rivoluzionato il nostro modo di vivere e lavorare, rendendo le nuove tecnologie ancora più essenziali per la nostra vita quotidiana. Grazie al supporto del nostro vasto ecosistema di partner, negli ultimi mesi abbiamo aiutato le organizzazioni italiane a lavorare, comunicare e collaborare da remoto, garantendo la loro sicurezza e quella degli asset aziendali”, ha dichiarato Luba Manolova, Direttore della Divisione Microsoft 365 di Microsoft Italia. “Ma il successo di un percorso di digitalizzazione non dipende solo dagli strumenti tecnologici implementati, quanto dalla capacità di far sentire i dipendenti uniti tra loro, apprezzati e liberi di esprimere le proprie idee. La nostra ricerca mette in luce l’importanza di un approccio umano all’innovazione: i team che avranno davvero successo saranno quelli caratterizzati da un maggiore spirito di gruppo, da empatia e fiducia negli altri. Fondamentale continuare a promuovere la cultura del digitale contestualmente alla cultura dell’innovazione e mettere a disposizione tecnologie in grado di favorire l’empowerment dei singoli ma anche la collaborazione dei team”.

Smartworking a oltranza, il 68% delle aziende proseguirà in questa modalità

Smartworking, non è finita. Il 68% delle aziende prolungheranno questa modalità di lavoro anche nei prossimi mesi, dopo la fine dell’emergenza sanitaria. A rivelarlo è un’indagine svolta dall’Aidp, l’associazione dei direttori del personale.

Smartworking a oltranza

LA ricerca dall’aida rivela che il 68% del campione ha dichiarato che prolungherà le attività di smart working anche nella fase di ritorno ad una “nuova normalità”.

Circa il 30%, inoltre, farà nuovi interventi organizzativi per favorire il lavoro agile. Per il 58% lo smart working proseguirà anche nel 2021 mentre per il 26% finirà tra novembre e dicembre 2020.  Rispetto al numero di dipendenti coinvolti per circa il 58% dei rispondenti il lavoro da remoto riguarderà un percentuale sul totale che oscilla tra il 50 e oltre il 90% della forza lavoro.

Per oltre il 70% delle aziende saranno mediamente utilizzati tra i 2 e i 3 giorni a settimana per le attività in lavoro agile. Tra i maggiori vantaggi che questi mesi di lavoro a distanza hanno evidenziato ci sono risparmio di tempo e costi di spostamento per i lavoratori (69%); maggiore soddisfazione dei dipendenti e miglioramento della vita in termini di work-life balance (64%); aumento della responsabilità individuale (46%).

Per quanto riguarda invece gli svantaggi sono stati rilevati la perdita delle relazioni sociali (62%), la mancanza di separazione tra ambiente domestico e ambiente lavorativo (32%); rischio di un sovraccarico di lavoro (21%). Cresce anche l’altra componente del lavoro smart, ossia la formazione a distanza: lo smart learning, indicata da oltre il 17% dei direttori del personale.

Oltre la forte accelerazione sullo smart working e lo smart learning, l’altro tema di rilievo emerso è la salute. Quasi il 60% dei rispondenti ha riprogettato l’organizzazione del lavoro secondo le norme aggiornate di tutela della salute e della sicurezza nell’ottica di una costante prevenzione dal virus.  

“L’emergenza epidemica ha creato le condizioni, temporanee e forzate, per una sorta di sperimentazione di massa del lavoro da casa, che è cosa diversa dal concetto di smart working, come tutti sappiamo – spiega Isabella Covili Faggioli, Presidente Aidp-. Ne siamo tutti consapevoli e tuttavia la questione oggi è un’altra: cosa rimarrà dell’emergency working, così com’è stato definito da molti, dopo la fine dell’emergenza e come questa condizione parziale del lavoro da remoto si trasformerà in autentico smart working? Su queste domande di fondo la nostra indagine tra i direttori del personale ha evidenziato due trend fondamentali: il post covid vedrà una crescita sostenuta dello smart working come strumento strutturale dell’organizzazione del lavoro con percentuali superiori rispetto a prima; nella valutazione tra rischi e opportunità quest’ultime hanno una percezione molto elevata rispetto alle criticità che pur ci sono. Si apre, così, una nuova fase di ripensamento del futuro del lavoro in cui bisognerà ben bilanciare le opportunità con gli svantaggi e soprattutto sarà necessario uno spirito collaborativo tra le parti che eviti la polarizzazione del confronto”.

,

Smart working e lavoro da remoto: l’altra faccia della medaglia

La tecnologia ha cambiato la vita di tutti noi e nel lavoro in particolare si sta rendendo protagonista di un cambiamento senza precedenti. Smart working e lavoro da remoto continuano ad essere al centro di riflessioni e studi.

Continua a leggere