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Essere leader nell’era della grande trasformazione

I cambiamenti dei prossimi due decenni avranno una portata senza precedenti nella storia dell’uomo. Sperimenteremo a tutti i livelli la tecnologia di scala e l’intelligenza artificiale generativa e saremo, volenti o nolenti, costretti a reinventare i nostri sistemi sociali ed economici, sia su scala globale che a livello locale. 

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Leadership, management e cambiamento

Lo sappiamo tutti da sempre: il processo evolutivo di ogni forma di vita risiede nel fatto che i singoli e le organizzazioni devono prima o poi poter mettere in discussione le regole del gioco entro cui vivono. 

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Gestire i cambiamenti: i risultati di uno studio sulle competenze dei manager

Come è cambiato il mondo del lavoro negli ultimi tre anni! E di questo abbiamo più volte parlato da queste pagine, ma come è mutato, nel frattempo il mondo dei manager? Sicuramente non poco… In particolare, i manager hanno difficoltà di leadership ma non trovano, o non colgono, le occasioni di formazione. 

Questo emerge da un studio realizzato sui direttori del personale da Richmond Italia in collaborazione con Nomea, brand di consulenza e formazione da poco sul mercato.

Gestire i cambiamenti non è facile, ma cogliere le opportunità di aggiornamento professionale diventa in tal senso uno strumento essenziale di crescita, per mettersi al passo con i tempi.

Secondo il sondaggio il 96,5% del campione afferma che servono maggiori investimenti nelle competenze dei manager. Solamente il 17,2% mette in evidenza il problema delle competenze tecnologiche, la maggior parte, il 59,7%, identifica il problema nella capacità di gestione della leadership nelle frequenti situazioni di lavoro ibrido.

In particolare emerge che l’ 87,5% del campione afferma che ha dovuto apprendere nuove competenze a causa del cambiamento delle dinamiche di relazione, ma solo il 3,4% ha fatto corsi specifici. Numeri che, evidentemente, devono far riflettere.  Secondo gli intervistati i corsi on line non sono il miglior modo di aggiornarsi: li considerano più efficaci di quelli offline solo il 5,7%, mentre per il 39% sono meno efficaci.

Per quanto riguarda la leadership, il 59% degli intervistati si interfaccia con un sistema di lavoro ibrido, ma quasi un terzo, il 29% sta ancora cercando un equilibrio tra gestione online e offline.

Ma quali sono state le scelte dei manager coinvolti nello studio? Per quanto concerne le scelte individuali, dopo l’esperienza del lockdown, il 62,8% afferma che ha ripensato le modalità lavorative. Il 9,3% ha deciso di ridurre tempo di lavoro, il 41,8% ha scelto di lavorare almeno in parte da remoto, e ben l’11,63% ha deciso di cambiare lavoro.

“Il sondaggio rende evidente il bisogno di una formazione orientata sulle nuove esigenze del lavoro – dicono i fondatori di Nomea -. Abbiamo studiato gli effetti di queste nuove dinamiche di interazione e come governare i processi di comunicazione in un contesto rivoluzionato. È il motivo per cui è nata Nomea, per costruire percorsi formativi individuali sulle nuove esigenze del lavoro. Anche in funzione di un nuovo clima in ufficio, che secondo il 42,3% de partecipanti al sondaggio è cambiato rispetto a prima della pandemia”.

Per Benedetta Favara, direttore generale di Richmond Italia. “I responsabili del personale hanno un importante compito davanti a loro: governare questo cambiamento culturale all’interno delle aziende. È emerso chiaramente dall’ultimo HR Forum di Richmond Italia. Le relazioni gerarchiche all’interno delle aziende per effetto del lavoro ibrido sono cambiate, hanno posto in evidenza il tema della capacità del management di essere autorevole e di saper gestire i team in modo efficace. È un cambiamento organizzativo e culturale di cui Richmond italia terrà conto nell’organizzazione dei prossimi eventi”.

Il management a due velocità: l’importanza di essere glocal

Il ruolo del management cambia profondamente nel capitalismo della conoscenza e della data driven economy. 

Nel nuovo multiverso ibrido tra reale e digitale, siamo tutti profondamente combattuti tra l’esigenza personale di essere sempre più progettuali a livello individuale, e la necessità di mettere costantemente in pratica meccanismi di collaborazione e di condivisione per essere “in tiro” con le logiche evolutive dell’economia della conoscenza. 

Ma lo stesso problema si ripropone nella gestione a livello manageriale delle organizzazioni oppure nel governare. La separazione nasce dal divorzio sempre più evidente tra potere (la facoltà di porre in atto un progetto) e il management/la politica (la capacità di decidere che cosa fare o non fare). Nel nuovo mondo, queste due facoltà hanno oggi due sedi diverse: lo spazio dei flussi (il top management) e quello delle Reti (il potere). 

Come è successo? Partiamo dall’inizio. Nell’era delle reti, il potere strategico è migrato dallo Stato-Nazione a uno spazio globale sopranazionale. Il management (ma anche la politica) sono invece quasi sempre ancora locali, relegati entro i confini del territorio nazionale. 

È quella che possiamo definire l’era della leadership a due velocità. Esistono ormai due tipi di leadership: da un lato la leadership globale, quella di personaggi come Elon Musk che va al di là di ogni guida o supervisione politica. Dall’altro, la leadership del top management delle aziende tradizionali, ancora molto potente per certi versi, ma mortificato nei processi di efficacia e di raggiungimento dei risultati da un permanente deficit ogni volta che esce dai suoi confini organizzativi o territoriali. 

Anche perché la competizione globale muta lo scenario a livello profondo. I mercati e le Reti sono componenti fondamentali del sistema. Quando si tratta di negoziare sulla linea di confine tra ciò che si può fare a livello globale, i mercati hanno quasi sempre il diritto alla prima e all’ultima parola: la pandemia (il farmaceutico) o lo spread (la finanza) insegnano. 

Ma non dobbiamo dimenticare che il termine “mercati” sintetizza un sistema di forze anonime, senza volto né indirizzo, che nessuno mai ha eletto né delegato a richiamarci all’ordine o a impedirci di combinare guai. E che nessuno è in grado di controllare e guidare. 

Quando Jamie Dimon, CEO di JPMorgan Chase Bank, la più grande banca del mondo, dice nella lettera annuale agli azionisti, che la sua non è più una banca ma una vera e propria azienda tecnologica, sta raccontando la resa all’innovazione di una delle più grandi istituzioni del sistema bancario mondiale. 

Ecco il management a due velocità. Bisogna diventare “glocal”. Pensare globale e agire locale, come fanno le grandi Big Tech. Il vero tema da esplorare per il futuro prossimo venturo.

“Le incapacità di apprendere sono tragiche nei bambini ma fatali nelle organizzazioni. A causa di tali incapacità, poche imprese vivono la metà di quello che vive una persona: la maggior parte muore prima di raggiungere i 40 anni”

Ikujiro Nonaka – Hitotaka Takeuchi

A cura di Angelo Deiana

Uomo e manager: curare lo stile per esprimere la personalità

Il manager è colui che si prende cura di qualcosa, applicandosi affinché funzioni al meglio. Un ruolo complesso e non facile che molto ha a che vedere con la leadership. Secondo l’economista e saggista Peter Ferdinand Druckeri leader sono quelle persone che fanno le cose giuste. I manager sono persone che fanno le cose giuste”. Questa frase, nella sua semplicità e chiarezza, mostra quanto è delicato il ruolo del manager, che deve riuscire a coniugare il suo status lavorativo con quello della personalità di un uomo che si trova costantemente a prendere decisioni, con tutte le responsabilità che queste comportano. Non facile, vero?

L’attenzione allo stile e alla propria persona in questo caso è quanto mai cruciale perché è quel qualcosa attraverso cui passa non solo la personalità dell’uomo manager ma la sua comunicazione, gestione della leadership inclusa. Una consapevole costruzione dell’immagine e dello stile personale è quindi indispensabile, come dimostra, ad esempio, un personaggio come Steve Jobs, uomo, manager, leader carismatico capace come pochi di comunicare attraverso il proprio stile non solo il suo carattere complesso ma il fulcro delle aziende di cui era a capo, Apple su tutte, dandogli la propria inconfondibile impronta.

Non c’è bisogno di essere Steve Jobs o una celebrità per aver bisogno (e potersi permettere) una personal stylist e consulente d’immagine. Oggi questo servizio risulta decisamente più alla portata, con pacchetti completi come quelli di Paola Farina Styling che consentono di avere una persona dalla professionalità specializzata al proprio fianco. Perché esprimere consapevolmente il proprio stile significa riuscire a dare agli altri l’immagine vera che vogliamo abbiano di noi. Del manager e del leader, certo, ma anche dell’uomo.

Che cosa fa la differenza?

Un uomo manager è qualcuno che generalmente è piuttosto consapevole sul chi è e di che cosa ci si aspetta da lui, capace di destreggiarsi in situazioni dove gli imprevisti sono pane quotidiano. Affinché ciò si esprima con efficacia è cruciale la gestione dell’immagine in tutti i suoi aspetti, essendo questa il tramite naturale nell’interazione con gli altri. Paola Farina Styling si contraddistingue per le esperienze nella moda e nella comunicazione, due settori diversi ma che ben si completano a vicenda: i due campi che interessano a un manager per poter esprimere al meglio la propria leadership e personalità.

Quello che fa la differenza è, quindi, l’approccio completo che una professionalità di questo tipo può offrire, capace di creare, insieme al cliente, un’immagine allo stesso tempo sia di tendenza che di stile, rispondente ai desideri e ai bisogni di un uomo manager i cui tratti distintivi sono costantemente in primo piano. Perché la costruzione di uno stile passa attraverso la naturalezza, che è ricercatezza e non artefatto, senza quegli eccessi che sono propri sia della moda, con look spesso troppo eccentrici, come della consulenza di immagine, che può portare a uno stile spesso con declinazioni classiche e quindi a tratti scontate, prevedibili, talvolta perfino noiose.

L’immagine che si vuole ottenere è autentica, intima, empatica,capace di adattarsi perfettamente sia all’uomo che al manager che si troverà a suo agio nei propri panni, anche in videochiamata oltre che dal vivo, più sicuro quando sono da prendere delle decisioni. Perché la leadership oggi passa anche dalla comunicazione dello stile.

Padri che lavorano: obiettivo è conciliare il lavoro con la vita privata

I padri professionisti sono sempre più presenti nella vita dei propri figli, come abbiamo visto in questo articolo, ma ora vogliono andare oltre e abbattere certi stereotipi. I papà che lavorano sono sempre più multitasking ed anche desiderosi di essere un punto di riferimento per i figli. È quanto emerge da un’indagine dell’Università di Torino realizzata sui dati di oltre 7000 partecipanti ai percorsi Lifeed, l’EdTech company che attraverso la piattaforma di formazione digitale di life-based training trasforma le transizioni di vita in palestre per il rafforzamento delle competenze soft.

Secondo le risultanze dello studio, infatti, il 71% dei padri ritiene che la conciliazione fra vita e lavoro sia molto difficile e che la figura del padre sia intrisa di stereotipi (83%). Contestualmente però i padri mostrano una gran voglia di superare questi ostacoli e di poter integrare maggiormente dimensione lavorativa e vita privata: questo perché credono che la paternità contribuisca ad allenare la capacità di far crescere le persone in un processo di continuo apprendimento per l’87%, migliorando la gestione dei conflitti (l’82%) e aumentando l’empatia (95%): tutte caratteristiche di un nuovo modello di leadership generativo e “gentile”.

I padri si sentono molto consapevoli dei propri stati emotivi e circa l’80% di loro ritiene che la paternità abbia avuto un ruolo fondamentale su questa consapevolezza e che li abbia anche aiutati a migliorare il proprio autocontrollo.

Tra le difficoltà incontrate dai padri che lavorano, al primo posto (71%) la gestione del tempo, al secondo posto (46%) gli ostacoli culturali che fanno sentire i padri non visti o capiti nelle aziende e nella società, al terzo posto (41%) gli ostacoli derivanti dal sostegno alla famiglia e all’ultimo posto (18%) la tecnologia e l’iperconnettività.

Come superare gli stereotipi?

Volere è potere, afferma un vecchio adagio. Per superare gli stereotipi e dare ai padri maggiori possibilità di essere presenti nella vita familiare e quindi in quella dei figli, dall’analisi dell’Università di Torino basata anche su narrazioni libere dei partecipanti ai percorsi Lifeed, emerge la necessità di politiche e strumenti pubblici di welfare, ma anche le richieste di cambiamento all’interno dei contesti aziendali sia sul piano di orari e carichi di lavoro, sia sul piano culturale. 

Inoltre, i modelli di leadership incentrati su maschilità egemone e su rapporti gerarchici, competizione e controllo, stanno lentamente cedendo il passo a nuovi modelli di leadership: i padri interrogati sulle caratteristiche del leader ideale segnalano infatti capacità di ascolto e attenzione agli altri, (80%), capacità di essere coinvolgente e trascinante (67%), competenza (66%), capacità di dare fiducia (57%), empatia e comprensione (49%). Meno quotate (intorno al 30%), invece, sono le caratteristiche come autorevolezza, sicurezza di sé, determinazione e “visionarietà”.

 “Valorizzare le dimensioni personali dei dipendenti contribuisce ad una crescita di produttività, coinvolgimento e benessere. Le aziende più lungimiranti sono quelle che sanno ascoltare, accogliere e valorizzare le dimensioni private dei propri dipendenti che si traducono in forza per l’azienda” – ha commentato Riccarda Zezza, CEO di Lifeed.

Leadership sul lavoro e sessualità: come affrontare i problemi?

Leadership sul lavoro e sessualità: che legame c’è? In particolare, quanto lo stress lavorativo influisce sull’appagamento nella propria vita sessuale? Leadership e successo nel mondo del lavoro non sempre corrispondono ad un pieno appagamento nella propria vita personale. 

Lo stress e i tanti impegni quotidiani possono influire negativamente sul benessere di ciascuno in modo differente, sia nelle attività quotidiane che nella propria vita sessuale. Come rivela lo studio effettuato da Human Highway nel 2019, negli uomini sono in aumento le disfunzioni della sfera sessuale su base psicologica dovuti allo stress, soprattutto tra i giovani. Tra gli uomini intervistati, sono proprio ansia e nervosismo (45,5 per cento), seguiti da tensioni muscolari (36,2 per cento), mal di testa (34,1 per cento) e disturbi del sonno (27,3 per cento), i disturbi più indicati.

Sono tanti i manager e gli imprenditori di successo che riscontrano problematiche nel rapporto con la propria sessualità ed hanno in particolare problemi a riconoscere, e a volte spesso nemmeno ad ammettere a se stessi, quale sia l’origine del problema.

“L’80% degli uomini che si rivolgono a me sono manager o imprenditori, sopraffatti dallo stress ma con la voglia di riprendere in mano la propria sessualità. Ciò che più mi stupisce è che ognuno di loro crede di essere solo, un caso isolato, mentre invece sono difficoltà che moltissimi uomini si trovano ad affrontare quotidianamente. Il mio compito è di fare in modo che gli uomini possano vivere l’intimità senza ansie e frustrazioni. Ci si accorge di essere sulla strada giusta quando anche la propria vita privata, il rapporto con gli altri, amici e colleghi, migliora, il nervosismo lascia il posto ad un senso di benessere e si sviluppa un’energia sessuale e vitale che mai si pensava di poter raggiungere. Posso dire con certezza che questo percorso non è privo di ostacoli, ma fino ad oggi ha garantito risultati positivi per centinaia di uomini che hanno deciso di affidarsi a me per essere certi di raggiungere la serenità che pensavano di meritare.” – afferma Eva Sykora, Tantra Expert e Sex Coach con base in Svizzera.

Eva Sykora si occupa da 16 anni si occupa di seguire gli uomini in un cammino che coinvolge i quattro elementi della persona: Emozioni, Corpo, Mente e Energia. “4 Elements Awakening to Ecstasy Sessuale”, metodo innovativo creato proprio dalla tantra expert, che non prevede assolutamente l’uso di farmaci, ma risveglia il corpo e energia vitale e sessuale della persona, aiutando il corpo e emozioni a sbloccarsi dallo stress accumulato negli anni, risvegliando quella che è l’energia sessuale e soprattutto liberando la mente dagli standard troppo alti di leadership.

Un percorso di risveglio

La strada verso il benessere porta ad una riscoperta del proprio corpo, delle proprie sensazioni e si ripercuote sia nella vita della persona stessa che nel rapporto con il partner. La base di tutto il risveglio sessuale sono la respirazione, il movimento e il suono: si parte da piccoli esercizi da introdurre nella propria routine quotidiana per attivare i quattro elementi, come prendersi del tempo ogni mattina per una respirazione profonda in cui si respira con naso ed espira con la bocca, diminuire gradualmente l’uso di caffè, alcol e fumo, per poi passare ad esercizi fisici speciali che stimolano ed allenano il corpo. Per ristabilire il corretto equilibrio mentale ed emotivo si può scrivere su un foglio tutto ciò che ci blocca o ci reca frustrazioni: esternare i propri pensieri limitanti e negativi è il primo passo verso la loro risoluzione. 

Queste abitudini, introdotte in un percorso quotidiano possono garantire un progressivo miglioramento nella vita sessuale e personale di qualsiasi individuo, sia a livello di soddisfazione che di energia e felicità.

Eva Sykora

Stress e sessualità: rapporto contrastato

Lo stress, come si sa, è tra le cause principali di problemi legati alla sessualità maschile. Non concedersi del tempo per rilassarsi aumenta l’adrenalina nel corpo, che viene a sua volta costantemente stimolata da energizzanti quali caffè, fumo o bibite e integratori. Anche l’alcol, consumato principalmente la sera e nel weekend, non fa che peggiorare la salute dell’uomo, che ricade così in un vortice di pressione sempre maggiore e continua. Ansia da prestazione, frustrazione, paura dell’intimità portano l’uomo a vivere anche la sessualità con se stesso in maniera tossica, ricercando nell’autoerotismo troppo frequente un sollievo dallo stress percepito.

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Julio Velasco al LEADERSHIP DAY di Performance Strategies: “Uno dei nemici dei leader è…”

Julio Velasco al LEADERSHIP DAY, una grande esperienza al servizio dei manager

Julio Velasco è stato un grande allenatore, un attento dirigente sportivo, un manager serio e competente. In ogni sua avventura lavorativa ha sempre messo al servizio di chi lo ingaggiava la sua grande esperienza e il suo background culturale. Ora mette a disposizione di altri manager, tutta la sua competenza. Si è concluso a Milano il LEADERSHIP DAY di Performance Strategies con Julio Velasco grande protagonista.

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Leader si nasce, project manager si diventa

All’interno dei vari dipartimenti è necessario trovare una figura trasversale in grado di coordinare e gestire un team di esperti e partner esterni. Da un punto di vista operativo e strategico, il ruolo del project manager (PM) si è fatto spazio in multinazionali e piccole imprese, fino a diventare uno dei professionisti più richiesti nel mercato del lavoro.

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La @-leadership e il marketing dell’innovazione

Nelle aziende vincenti il talento è più importante delle risorse finanziarie. Il capitale umano è infatti l’elemento chiave della catena produttiva di imprese pubbliche e private che – anche in virtù dei cambiamenti introdotti dalla Quarta Rivoluzione Industriale – assumono il ruolo di organizzazioni senza «altra esistenza se non quella delle persone che la fanno vivere». (G. Morgan).

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Leadership orizzontale: ecco la nuova tendenza nelle aziende

La leadership dei manager nelle aziende? Ora è orizzontale. Con l’avvento della digitalizzazione, l’organizzazione del lavoro ha subito grandi cambiamenti. Anche a livello di management.

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“Napoleone Il Comunicatore”: il best seller di Roberto Race dedicato ai manager

È uno dei best seller italiani dedicati ai manager, che prende ispirazione da un grande personaggio della storia e pur essendo uscito nel 2012 è in continua ristampa e nei prossimi giorni uscirà la versione in inglese. Parliamo del “Napoleone il comunicatore” di Roberto Race edito da Egea, la casa editrice dell’Università Bocconi.

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