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Imprenditori: quanta voglia di ripartire. Ma non sempre ci sono le risorse

La voglia di ripartire da parte degli imprenditori è tanta, ma mancano le risorse per compiere determinate operazioni che sono indispensabili allo scopo.

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Lettera di referenze sul lavoro? È più importante dei social!

Cambiare lavoro o cominciarne uno nuovo: in quest’epoca è tutto normale. Il mutamento di ruoli o professioni è all’ordine del giorno. Ma cosa vale più di ogni altra cosa quando si deve trovare un nuovo lavoro?

Milano Exe, azienda con oltre 25 anni di esperienza nel recruiting e selezione di venditori in ambito commerciale, assicurativo e bancario, ha, quindi, realizzato un’indagine su un campione di 300 imprenditori. Per il 55% di loro, la lettera di referenze è il modo migliore per conoscere la storia professionale del candidato.

Un buon punto di partenza

La lettera di referenze è uno strumento che per chi assume sta diventando fondamentale e questo è vero ancora di più per il settore vendite e direttori commerciali. Secondo l’indagine viene utilizzato più dei social network: gli imprenditori che affermano di visionare in modo approfondito il profilo LinkedIn dei candidati sono il 41%, percentuale che scende al 23% per Facebook, Instagram e Twitter.

Insomma, una buona parola, vale più di tanti like o condivisioni.

Tra le soft skills che maggiormente incidono positivamente nel processo di assunzione, la capacità di far fronte a situazioni impreviste e di forte stress (74%), il rigoroso rispetto dell’etica professionale, a prescindere dal tipo di lavoro (69%), la flessibilità oraria (65%) e la capacità di organizzare in modo autonomo il proprio lavoro (48%).

Attenzione però a quello che viene scritto

Secondo il 28% degli intervistati una lettera di referenze non coerente con il profilo del candidato non potrà essere presa in considerazione. In particolare, per la selezione di venditori in ambito commerciale è indispensabile una lettera che evidenzi uno spiccato senso di proattività sulle vendite (35%), un forte orientamento ai risultati (40%) e infine molto apprezzata è anche una lettera di referenza dalla quale emerga una spiccata capacità di autogestione e indipendenza (25%). Circa 1 imprenditore su 2 (49%) verifica l’attendibilità delle referenze del candidato prescelto prima dell’assunzione, contattando telefonicamente il precedente datore di lavoro, facendogli domande dirette sul suo rendimento, sul suo approccio al lavoro e sull’etica professionale.

“Il candidato che si presenta alla selezione del personale con una buona lettera di referenze che racconti le sue competenze abbiano inciso positivamente sul suo lavoro, ha ottime probabilità di essere contattato e successivamente assunto. – Spiega Andrea Polo, CEO& Founder di Milano EXE – Prima della pandemia, i colloqui (almeno il secondo) venivano svolti di persona, e questo rendeva più semplice valutare l’idoneità del candidato, magari sottoponendogli dei test psicoattitudinali per capire la reazione allo stress o come risolverebbe un evento critico. Questi stratagemmi venivano utilizzati in circa il 38% dei colloqui per figure con esperienza. Oggi viene fatto tutto a distanza e queste strategie sono difficili da mettere in atto, per questo sono state sostituite dalla lettera di referenze firmata da precedenti datori di lavoro o colleghi, ma anche dall’analisi del profilo pubblico online del candidato, LinkedIn in primis”.

Mancano i venditori professionali: ecco i risultati di uno studio di Milano EXE

La crisi morde forte e gli esperti sono convinti che per una ripresa che sia tangibile e riscontrabile, bisognerà aspettare molto tempo. In particolare la ripresa dovrà essere accompagnata da una importante messa in campo di competenze adeguate, ovviamente rivedute e corrette alla luce del nuovo panorama mondiale e delle nuove esigenze.

Questo è quanto emerge dall’analisi effettuata da Milano EXE, società specializzata nel recruiting e selezione di figure professionali di valore esperte nella vendita, e AssImprenditori, associazione di imprenditori che operano in diversi settori.

Mancano i venditori professionali

Lo studio è stato svolto interpellando 5000 tra aziende e professionisti con metodo CAWI nel mese di settembre ed ha messo in evidenza che alle imprese oggi manca un approccio concreto e professionale alla vendita di beni e servizi.

Cosa manca davvero? Si stima che ci sia bisogno di almeno 50.000 venditori professionisti e formati in grado di promuovere nel modo giusto le offerte delle aziende. Il 67% degli imprenditori intervistati, infatti, dichiara di aver introdotto nuovi servizi dopo il lockdown, per adeguarsi ai nuovi bisogni e ai mutati comportamenti di acquisto, ma di non essere riuscito a venderli ai clienti, sebbene rispondessero alle loro necessità.

Diffidenza: un problema da superare

Tutto ciò che è nuovo porta con sé un’iniziale diffidenza e i consumatori sono sempre più portati a scegliere le cose che già conoscono. Un venditore esperto, al contrario, è in grado di presentare il prodotto o il servizio partendo proprio dai punti di forza, evidenziando perché faccia al caso di quel singolo cliente.

Un’altra difficoltà riscontrata è relativa alla gestione del primo contatto con i nuovi clienti che arrivano da strumenti virtuali, come siti internet, social o app. In questo caso, viene meno la componente umana, determinante nello stabilire una relazione di fiducia dal principio, e tutto è affidato alle parole. Il 43% dichiara di avere difficoltà a finalizzare la vendita, perché, pur avendo una conoscenza approfondita di quanto si sta proponendo, poi non si trovano le giuste parole per dirlo.

“La tecnologia è uno strumento potentissimo, che in un momento come questo può dare un aiuto importantissimo nella ricerca dei clienti. –Commenta Andrea Polo, CEO& Founder di Milano EXE – Purtroppo, però, ampliare i propri contatti non serve a nulla, se poi non si è in grado di portare a termine la vendita. Per fare il venditore è necessaria una preparazione che implichi competenze trasversali, che vanno a toccare ambiti molto diversi tra di loro, dalla comunicazione al marketing, dal commerciale alla sociologia, con un pizzico di psicologia. Vendere ora è l’unica strada per restare aperti, per questo gli imprenditori dovrebbero fare un piccolo sforzo e investire in queste figure. Noi, per non gravare troppo sulle spalle dei clienti e certi delle figure che selezioniamo, veniamo retribuiti, ad eccezione di un piccolo fee iniziale, solo con la percentuale delle vendite portate a termine dalla persona che abbiamo selezionato per loro”.

“Il nostro paese vive oggi un periodo di crisi profonda, molto diverso dal passato, e gli imprenditori sono, ancora una volta, tra le categorie più colpite. – Aggiunge Giuseppe Samà, Presidente di AssImprenditori – Siamo stati costretti a rivedere i nostri business plan, tenendo conto non solo delle difficoltà del momento, ma anche della profonda incertezza che stiamo vivendo, e questo ha portato molti di noi a rimodulare la propria offerta. Cambiando il business, o anche solo il prodotto proposto, cambia anche l’approccio di vendita, e se non si hanno le competenze adeguate, si rischia di aver fatto tanta fatica per nulla. Per questo motivo, alcuni hanno già iniziato a dotarsi di professionisti di questo campo, perché, è evidente, se non si vende, si chiude”.