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Come scrivere una newsletter? Ecco 10 consigli pratici per avere successo

Come scrivere una newsletter? Sono molte le aziende che hanno bisogno di comunicare ai propri clienti le iniziative che vogliono intraprendere. Ma spesso non si sa da che parte cominciare: cosa scrivere nel titolo? Cosa bisogna mettere nel testo? Ci vanno inserite delle immagini?

A tutte queste domande e anche ad altre ha provato a rispondere GetResponse, piattaforma di software marketing con oltre 20 anni di esperienza nel settore della marketing automation e tra le più diffuse al mondo, che ha stilato una sorta di vademecum con 10 consigli pratici per impostare una newsletter.

L’email marketing, può essere certamente uno strumento di comunicazione efficace, ma il suo contenuto deve avere un valore per chi lo riceve: si stima che oltre il 68% dei brand che la utilizzano impieghi anche un’intera settimana a creare un’unica email. Ma non basta pensare solo al contenuto. 

10 consigli per una newsletter efficace

  1. Il test del campanello: la scelta del nome. È un po’ come quando suonano alla nostra porta di casa. Chiedendo chi è e attendendo una risposta decidiamo se aprire o meno. Pariteticamente, il nome indicato nel campo “Mittente” o “Da” in una email è cruciale per il tasso di apertura. Il mittente, infatti, qualifica chi ha inviato il messaggio e dichiara a chi appartiene la comunicazione. Per questo motivo, è necessario che sia riconoscibile e non generico, curato nella forma e senza errori ortografici. Deve inoltre avere un’identità chiara, magari utilizzando un nome di persona, collegato all’azienda. 

“È importante sapere che gli ISP, ovvero Internet Service Providers, verificano immediatamente il dominio del mittente. Pertanto, consigliamo vivamente di utilizzare sempre un dominio aziendale, invece degli indirizzi di freemailer, come Gmail. È inoltre buona norma utilizzare un dominio riconoscibile nei mittenti, i cosiddetti “from field”, come tuo_nome@dominioazienda.it o qualcosa di generico, come community@dominioazienda.it. Ti consigliamo inoltre di non cambiare il tuo indirizzo troppo spesso e di utilizzarne sempre uno affidabile e adatto alle finalità della tua newsletter. Qualcosa che molte aziende tendono a dimenticare è l’utilizzo di un indirizzo e-mail “rispondi a” (reply-to). Utilizzare un indirizzo di non-reply è una cattiva pratica che potrebbe costare a un’azienda seria la sua reputazione” spiega Peter Gzela, Regional Marketing Lead EMEA di GetResponse.

  1. Anche l’oggetto ha bisogno di celebrità. L’oggetto delle email ne anticipa il contenuto. Un buon oggetto deve saper anticipare il contenuto dell’email e trasferire il “profumo dell’informazione” senza rimanere generico e quindi poco rilevante, incuriosendo invece ad aprire la busta. Il segreto è quello di cercare di trovare le parole adatte per anticipare quello che si vuole comunicare nell’email, giocando con la creatività.
  1. Il preheader, questo sconosciuto. Il preheader, assieme al nome del mittente e all’oggetto, è una delle prime cose che salta all’occhio del lettore. È vero, alcuni di loro apriranno le email solo per l’oggetto, mentre altri solo per il nome del mittente. Ma il preheader non gioca per niente in panchina, anzi: nelle campagne in cui l’oggetto è breve, è proprio il preheader l’elemento che si fa notare di più. Infatti, può chiarire l’oggetto e aggiungere quel non-so-che in più che fa aprire le email. Secondo la ricerca di GetResponse, in Italia i messaggi con preheader hanno tassi di apertura media attorno al 26,2%, mentre quelli che rinunciano al preheader registrano tassi attorno al 21,76%. Eppure, solo l’11% delle email inviate ha un preheader.

“Anche il design e la lunghezza dell’e-mail sono aspetti importanti, che fanno sicuramente la differenza. Tieni presente che diversi provider di servizi di posta elettronica consentono un limite di caratteri diverso, che potrebbe causare effetti spiacevoli, se lo ignori. L’uso di una CTA nel preheader è una buona pratica, soprattutto quando la usi per completare quanto hai riportato nell’oggetto dell’email e per dare una priorità più alta al tuo messaggio. Evita pratiche di spamming, come troppi emoji o troppe lettere maiuscole. Ricorda che il tuo obiettivo è far sì che i tuoi destinatari desiderino aprire la tua newsletter e semplicemente riempire uno spazio vuoto che trovi nell’editor della newsletter” continua Gzela.

  1. Anche il colpo d’occhio vuole la sua parte. Le email efficaci, devono comunicare in modo immediato: strutturare il contenuto in modo da renderlo facile sia da leggere, che da capire, mettere al primo posto il messaggio principale e stringere un patto con i punti elenco. E poi esercitarsi nei titoli accattivanti, stilare delle liste, dividere i paragrafi, ma includendo i grassetti. Insomma, formattare nel migliore dei modi il testo per incoraggiarne la lettura.
  1. È solo una questione di click. Cosa c’è di speciale nelle email degne di click? Sicuramente il testo, che deve seguire alcune importanti raccomandazioni, tra cui: la cura per i titoli, le anteprime e le immagini: sembra che le immagini funzionino meglio, in termini di tassi di apertura e di CTR medi, del 2,68% rispetto all’1,56% di una email senza immagini presenti; il tono coerente con il resto della comunicazione; evitare sarcasmo o forme che diventano comprensibili solo in un determinato contesto e prestare molta attenzione agli errori di ortografia e all’uso di parole tipiche dei messaggi spazzatura come “free”, “gratis”, “offerta”, “urgente” o “vincitore”. Questi elementi, in particolare, allertano i sistemi anti-spam e portano le email nella posta non desiderata.
  1. Il test prima dell’invio. Prima dell’invio, è sempre meglio eseguire un test con una lista di prova. Gli errori possono essere tranquillamente evitati con un test, così da verificare che la visualizzazione sia corretta nei principali editor di posta, che non ci siano errori di ortografia e che i link contenuti dell’email siano funzionanti e traccianti. Successivamente, è molto utile fare un A/B test, cioè sottoporre due o più differenti versioni della stessa email a un campione di destinatari e verificare quale variante risulta più efficace in termini di aperture, click, conversioni e coinvolgimento.
  1. Usa uno strumento di email marketing. Questi permettono di costruire e gestire un funnel coerente con una strategia che parte da un obiettivo chiaro e parla a una audience selezionata, appunto, attraverso una mailing list mirata che convoglia il traffico su una pagina dedicata. Poi occorrerà curare un lead magnet,  un incentivo che attira l’attenzione del pubblico e lo convince, insieme ad altri elementi persuasivi, ad andare avanti, così da tenere vivo il rapporto con gli utenti iscritti anche dopo la loro iscrizione.

“La scelta di strumenti di email marketing come GetResponse aiuta i marketer o i manager della comunicazione in tanti aspetti. In primo luogo, ti aiutano a rendere le tue e-mail professionali su tutti i dispositivi (anche mobile). Inoltre, ti consentono di tenere traccia delle performance delle campagne e avere accesso alle statistiche necessarie in un unico posto, così che tu possa capire quale contenuto è più interessante per il tuo pubblico. Questi strumenti ti supportano in un altro modo: puoi utilizzare i dati raccolti per svolgere ulteriori attività di marketing, come la segmentazione dei clienti attivi o più alto spendenti, la creazione di una campagna di riattivazione per i lead dormienti o l’invio automatico di messaggi di benvenuto ai nuovi iscritti alla tua mailing list. Il vantaggio probabilmente più importante di un software di email marketing è quello che non puoi vedere ovvero la reputazione del mittente. Strumenti come GetResponse ti offrono indirizzi IP condivisi o addirittura dedicati che garantiscono un tasso di consegna superiore alla media, il che significa che le tue email finiscono nella cartella della posta in arrivo, e non in quella dello spam”, continua Peter Gzela, Regional Marketing Lead EMEA di GetResponse.

  1. Dimmi quando, quando, quando. A concorrere al successo di una campagna esistono una molteplicità di fattori, tra cui il momento dell’invio. È importante però prendere coscienza del fatto che non è possibile stabilire un orario o un giorno migliore per l’invio: ci si può affidare ai grandi numeri, alle medie, a studi o ad analisi che restituiscono tendenze e panoramiche sulle abitudini dei destinatari, ma è necessario anche dotarsi di cautele e relatività. Secondo l’ultimo studio di GetResponse, nei Paesi dell’Europa Centrale i tassi di apertura toccano il loro picco, di circa il 26.13%, tra le 10 e le 12 del mattino, mentre il giorno migliore per inviare le email sembra sia il lunedì. In realtà il momento migliore per inviare newsletter varia molto a seconda dei settori e del pubblico: visto che la differenza tra un giorno della settimana e l’altro non è molta, si deve scegliere quello che funziona meglio per la propria azienda e per la propria audience. La pratica migliore è quella di inviare i messaggi di posta utilizzando un algoritmo di ottimizzazione del tempo di invio. Questi strumenti regolano automaticamente il tempo di invio per ogni singolo abbonato, in base al loro comportamento precedente. Per quanto riguarda la frequenza, invece, lo studio di GetResponse riporta che inviare solo una newsletter a settimana può far ottenere i più alti tassi medi di apertura e click-through, rispetto a chi ne invia due, che porta a un tasso di apertura del 19.5% e a chi ne invia tre, 9.26%, mentre solo il 5.39% e il 3.93% invia rispettivamente quattro e cinque email. In sostanza, per capire qual è la frequenza giusta per inviare delle newsletter è importante valutare l’azione svolta dall’utente: qualche abbandono non fa la differenza, mentre la situazione diventa preoccupante se tante persone iniziano a lasciare il database all’ennesimo invio: in questo caso, forse il numero di email inviate è sicuramente troppo. 
  1. Email di benvenuto e thank you page: la prima impressione conta. Secondo gli ultimi dati analizzati da GetResponse, i tassi medi di apertura in Italia superano il 30%, mentre quelli di click-through sono intorno al 3.3%. Come primo consiglio è importante ricordare sempre che quando viene inviata una email di benvenuto a nuovi iscritti e nuovi clienti, è sempre la persona stessa (o il suo brand) a presentarsi e parlare. Per questo se la prima impressione non risulta essere positiva, tanti cari saluti: l’utente potrebbe cliccare direttamente sul pulsante di annullamento dell’iscrizione. Un consiglio molto utile è quello di ringraziare il nuovo subscriber o la tua nuova subscriber per aver aderito alla mailing list e di offrire un incentivo promesso nel modulo di iscrizione, che sia un white paper, un coupon sconto o un prodotto in omaggio. Questi “trucchetti” non solo aggiungono qualità umana alla comunicazione, ma creano anche i presupposti per una futura fedeltà. E così come  la mail di benvenuto, anche la thank you page sostiene attivamente la strategia di email marketing.
  1. Conoscere le metriche e saperle leggere. Tre consigli per misurare al meglio una campagna? Conoscere le sigle di tutte le metriche chiave, sapere per cosa si distinguono, ripeterle ad alta voce. Conoscere a menadito le specificità delle metriche vuol dire saperle leggere e interpretare, il che vuol dire scoprire se la campagna di email marketing che si è strutturato ha raggiunto o meno gli obiettivi iniziali, senza cadere nel cliché che il tasso di apertura sia l’unico parametro importante. È sicuramente un dato rilevante, poiché in Italia il tasso medio di email aperte sul totale di quelle inviate o effettivamente recapitate è pari al 31,3% (la media globale è pari al 22%). Ma l’open rate da solo non rileva se le campagne siano state realmente efficaci. Tra le metriche da tener conto quando si esegue l’analisi delle campagne email, si trovano sicuramente l’email open rate, il click through rate, il bounce rate, l’unsubscribe rate, lo spam complaint rate, il click-to-open-rate, il delivery rate, il revenue per subscriber, il deliverability rate e il vanity and actionable metrics. 

“Un’altra buona pratica, forse la più importante, è accogliere le metriche negative e usarle come curva di apprendimento per cercare di ottenere risultati migliori. Le percentuali di annullamento dell’iscrizione, le percentuali di apertura o di clic basse, la durata media delle sessioni dopo un clic sono tutte storie che possono aprirti gli occhi, se sei disposto a leggerle attentamente. E sapere come reagire a queste metriche significa utilizzare la funzione di A/B test come strumento di pratica quotidiana per capire cosa funziona e cosa è un NO-GO. Detto questo, non esiste una ricetta segreta per l’email marketing di successo, e se ci pensi, alla fine questo è una benedizione. Significa che ogni azienda, ogni pubblico di destinazione e ogni step di vendita segue le proprie regole ed è quindi tutto nelle tue mani! Sperimenta per trovare la giusta leva che funzioni per te e strumenti come GetResponse tornano utili proprio per scoprirlo”, conclude Gzela. 

4 consigli su come va impostata una newsletter

Come va impostata una newsletter? Si è discusso molto sull’effettiva utilità di questo strumento tecnologico. C’è chi sostiene di aver avuto buoni risultati dall’invio della mail periodica ad una mailing list e chi invece pensa che la propria comunicazione, sia assolutamente inutile.

Sulle esperienze passate, c’è chi comincia a domandarsi se le esigenze non siano mutate e che la newsletter debba diventare… 2.0. L’obiettivo deve essere quello stabilire un legame più personale e diretto con il proprio pubblico e subscribers, caratterizzato però da un ritmo più lento e rilassato.

In pratica la newsletter deve essere in grado di comunicare sì, ma anche di essere utile. Lo scopo potrà anche essere la vendita, ma oggi più che mai è la capacità di creare un vero storytelling e raccontarsi in modo diretto e onesto che contribuisca a creare un feeling con l’audience verso i contenuti che un brand crea e condivide. 

“La molteplicità dei canali di comunicazione adottati in questo momento storico ha fatto letteralmente alzare una barriera da parte degli utenti, un filtro che fa assorbire una minima percentuale dei messaggi a cui sono sottoposti” – spiega Simone Puliafito CEO e Founder di Taeda Communication, web agency con base a Verona che da tempo integra nelle strategie ideate per i propri clienti newsletter sia digital che cartacee, reputandole uno strumento efficace per gli obiettivi di brand awareness (ma non solo) che si intendono raggiungere. “Anche sui social, che rappresenterebbero dei canali di dialogo, stanno prendendo piede via via degli elementi di interruzione come le pubblicità durante i video (basti guardare Facebook e YouTube), le inserzioni all’interno di Messenger, le Storie sponsorizzate scorrendo le condivisioni delle persone che seguiamo”.

Parola chiave: interazione 

Chi riceve una comunicazione, a prescindere dal canale scelto, vuole avere possibilità di dire la propria, di istituire un dialogo con la controparte. L’iscrizione ad una newsletter è una scelta consapevole, che rappresenta anche una forma di “dialogo” più intima e personale, lontana spesso dalle logiche che guidano i social media. Rappresentano quindi un canale efficace a patto di non deludere chi ci ha concesso un suo dato sensibile (es. il nome e la mail) per restare sempre in contatto con la nostra realtà aziendale. 

4 consigli per una newsletter efficace

  1. Il peso specifico dell’oggetto

Spesso scegliamo di leggere un libro basandoci sul suo titolo, altrettanto frequentemente apriamo una mail perché il suo oggetto tocca le nostre corde emotive. Parole come “gratis” o “free” rischiano di far finire le nostre comunicazioni nello spam, per cui è preferibile inserire delle domande nell’oggetto stesso (es. “La sapevi questa?”), lasciare un alone di mistero (es. “Non potrai crederci…”) o addirittura utilizzare il “trucchetto” della risposta. In cosa consiste? Inserire la stringa “Re: “ prima del contenuto dell’oggetto, così da far sembrare il messaggio il prosieguo di una conversazione precedente.

2. Metterci la faccia? Conta moltissimo

Ricevere un messaggio di posta elettronica dalla casella info@nomeazienda o da simone@nomeazienda fa tutta la differenza del mondo, perché associamo il mittente ad una persona reale, concreta, che esiste davvero. Non dobbiamo dimenticare che i brand sono fatti di persone in carne ed ossa, per cui tendiamo a fidarci di più quando troviamo un interlocutore preciso e capace di dimostrare la propria competenza.

3. Rendere partecipe l’utente

Troppo spesso riceviamo messaggi nella casella di posta elettronica meramente commerciali, dove l’unico obiettivo è quello di mettere in evidenza prodotti e servizi, senza creare la minima empatia. Le comunicazioni che garantiscono maggiori benefici al business sono caratterizzate dal coinvolgimento del lettore in un racconto che stimoli la sua curiosità.

È possibile infatti esplicitare concetti che avvicinino l’utente al nostro brand narrando il dietro le quinte dell’azienda, mettendola sullo stesso piano dell’utente attraverso la condivisione di aneddoti, considerazioni, processi che hanno portato all’adozione di una scelta o alla creazione di un prodotto/servizio.

4. Utilizzare un tono di voce adeguato

Molto (troppo) spesso le aziende interagiscono col pubblico di riferimento utilizzando il plurale: “Gentili clienti…”, “In tanti ci avete chiesto…”, ma generalmente il lettore che presta attenzione alle nostre comunicazioni è da solo, davanti allo schermo dello smartphone o del computer, e sente il bisogno di una conversazione uno-ad-uno e non uno-a-molti. Dare del “tu” non è un peccato, anzi: l’adozione di un linguaggio informale rende più autentica la relazione. L’unica eccezione è rappresentata dal settore luxury, dove dare del Lei ad un cliente effettivo o potenziale mantiene quel senso di raffinatezza che certi contesti richiedono.

4+1. Differenziati dalla massa

Di volantini ne cestiniamo a volontà, ma le nostre comunicazioni possono avere sorte ben diversa. Ciò che produciamo per il web può essere raccolto in una sorta di rassegna stampa, messo a punto o maggiormente esplicitato in forma tangibile, dando vita ad una newsletter cartacea. Edizione dopo edizione si crea l’abitudine nella mente del lettore di acquisire i nostri spunti, abbassando la diffidenza a tal punto da diventare (nel corso del tempo) un grande sostenitore del brand. 

La newsletter cartacea è una sorta di mini-rivista (non necessariamente di 50 pagine) che porta la relazione ad un livello superiore perché i momenti per leggere quanto spedito sono diversi rispetto a quando siamo davanti al pc, col pericolo di trovare altre distrazioni in un baleno.