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5 consigli pratici ed efficaci per fare open innovation nel modo corretto

La chiamano open innovation, in realtà è la capacità di un’azienda di fare business affidandosi a collaborazioni esterne per raggiungere i propri obiettivi. Sia le grandi che le medie o piccole imprese, attraverso l’open innovation possono rispondere più rapidamente ai cambiamenti del mercato amplificando i progressi, condividendo i risultati e aumentando la creatività.

Anche se l’Open Innovation è un modello applicato universalmente, non sempre però le aziende riescono ad utilizzarlo nel modo più appropriato, a causa per esempio di una eccessiva complessità gestionale e organizzativa o di una mancanza di competenze adeguate.

Questo può causare a volte la rinuncia ad applicare un modello che, invece, è in grado di costituire una leva per la crescita dell’impresa e un trampolino di lancio soprattutto per le startup. 

Anche in Italia, stando alle più recenti rilevazioni, circa il 75% delle grandi imprese hanno adottato questo approccio, sebbene con modalità diverse da caso a caso. Ma quali sono i fattori che portano a una strategia di innovazione collaborativa di successo, per far sì che un’azienda possa introdurre nel proprio modello di business nuove attività disponibili sul mercato volte a promuovere ed accelerare i processi di sviluppo?  Ecco 5 consigli che possono aiutare a fare Open Innovation nel modo più corretto.

5 consigli per fare Open Innovation

Tali consigli interessanti arrivano da SMAU, piattaforma dedicata ai temi dell’innovazione, nell’ambito del tavolo di lavoro “Collaborare con le startup: tips and tricks” che ha elaborato un vademecum per tutte quelle imprese che vogliono avvicinarsi al mondo delle startup attraverso il modello dell’Open Innovation.

  1. Lavorare con il Procurement Manager

Stare dietro alla burocrazia delle grandi aziende non è quasi mai facile per una startup. Operazioni come il contratto di stipula della collaborazione o l’erogazione dei fondi necessari allo sviluppo ma anche il solo reperimento delle risorse, vengono spesso bloccate dai rigidi sistemi di molte multinazionali, allungando di mesi l’inizio della collaborazione. Un ottimo esempio ci viene fornito da A2A, la multiutility italiana dei settori ambiente, energia, reti e tecnologie per le città intelligenti, che ha messo a punto una metodologia per snellire l’iter interno di accreditamento per una startup.  “Un aspetto fondamentale nella collaborazione tra grandi aziende e start up è la capacità di avviare progetti di innovazione in tempi rapidi e rispettando le diverse esigenze, per questo A2A ha creato lo ‘Startup kit’: un set di misure realizzate ad hoc, full-digital, che, semplificando i processi, consente alle startup di essere subito operative: il kit garantisce infatti di siglare un contratto digitale in una settimana ricevendo un anticipo del 50% dell’importo del progetto. Inoltre, i tempi di pagamento sono previsti a 30 giorni e un focal point dedicato durante tutte le fasi del progetto”, spiega Luca Volterrani, Innovation Ecosystem Manager di A2A.

  1. Diffondere la cultura dell’innovazione con le Risorse Umane 

Il gap comunicazionale tra più piani di una stessa impresa si ritrova, molto spesso, anche nel modello di co-innovazione, che sia con un nuovo partner o una startup. Human Resources Manager e Corporate Communication Specialist, giocano il ruolo di ambasciatori della comunicazione, fungendo da ponte per accelerare i processi e infondere a tutti i livelli aziendali la cultura dell’innovazione, per permettere a tutte le aree, nel momento del bisogno, di collaborare direttamente con la startup. Senza questo tipo di cultura, sia l’azienda che la startup si ritroveranno a fronteggiare dinamiche lunghe e macchinose, soprattutto burocratiche. La cultura aziendale dell’Open Innovation, quindi, dovrebbe iniziare proprio dalle Risorse Umane non solo perché la collaborazione con la startup offre la possibilità di trasmettere ai dipendenti la cultura dell’imprenditorialità, ma soprattutto per farli entrare con maggiore consapevolezza nei processi aziendali. “Il primo scoglio nel rapporto con le startup per una società come Ferrovie dello Stato Italiane è quello della cultura: le procedure e le abitudini sono difficili da sradicare. Altra difficoltà è il linguaggio diverso: noi siamo molto proceduralizzati, mentre la startup punta direttamente al risultato. Un altro tema delicato è quello dell’ingaggio delle startup e della contrattualizzazione: per superare tutte queste difficoltà stiamo costruendo una serie di strumenti abilitanti come semplificazioni contrattuali, hub fisici di innovazione e veicoli per il venture capital”, spiega Rita Casalini, Responsabile Open Innovation di Ferrovie dello Stato. 

  1. Favorire il dialogo tra corporate e startup con le esperienze dell’Innovation Manager 

Quello che l’Open Innovation porterà all’azienda, dalla presenza in nuovi segmenti di mercato ai progetti in cui impiegare tempo e risorse, non è solo una questione che coinvolge l’Innovation Manager e la sua business unit. Favorire il passaggio di idee e strategie di innovazione a più piani aziendali permette di risolvere più rapidamente i problemi e di trovare soluzioni con maggiore consapevolezza, coinvolgendo anche le aree strategiche della corporate. Questo permette inoltre alla startup di seguire gli standard e le linee di azione dell’azienda, consentendo a entrambi i team di crescere anche con partner meno strutturati, ma che vogliono imparare dall’esperienza delle corporate.  “In Sirti abbiamo tre modalità attraverso le quali collaboriamo con le startup: la prima è generata da chi fronteggia il business e si affaccia al mercato delle startup per rispondere alle richieste dei clienti; la seconda è rappresentata da Imprenditivity, il nostro progetto di corporate entrepreneurship e open innovation, che porta a dare luce alle idee dei nostri dipendenti lavorando al fianco delle startup; la terza è chiamata “megatrend” e consiste nello studio delle grandi trasformazioni a livello globale finalizzato all’identificazione di use case abilitanti e alle ricerca di player con i quali poterli sviluppare”, commenta Pietro Urbano Mimmo, VP Marketing & Innovation di Sirti.

  1. Disegnare una roadmap e saper cambiare strada, quando serve 

Se è vero che la startup permette alla corporate di ridisegnare modelli, sviluppare nuovi prodotti o servizi e inserirsi in segmenti di mercato mai esplorati, viceversa l’impresa porta grosse opportunità alla startup, dai nuovi clienti a nuove risorse per far crescere l’organizzazione. Ciò che accomuna entrambe, però, è la visione strategica del percorso iniziato insieme, verso lo stesso obiettivo. Il primo passo per correre insieme e superare le difficoltà burocratiche, legali e contrattuali sopra descritte, è sicuramente quello di fare chiarezza delle priorità strategiche, fissando degli obiettivi chiari ma flessibili, che favoriscano la collaborazione. Tra i punti presentati da Deloitte nell’ultimo tavolo di lavoro organizzato da SMAU, si è parlato anche di trovare il giusto timing per lavorare insieme.  “Definire un piano per i progetti pilota permette di settare al meglio i KPI di avanzamento e monitorare in modo costante i progressi verso gli obiettivi definiti. Ciò si può fare identificando delle ownership chiare, da entrambe le parti, e integrando approcci e modalità di lavoro differenti, ma che devono trovare un punto di incontro. È dunque necessario identificare le persone con le adeguate skills, e creare una connessione tra startup e referenti del business e del marketing in azienda, o delle altre aree interessate, in modo da entrare nei processi aziendali e snellirli per poter effettivamente mettere a terra le idee. A volte si può creare un’asincronia in tali meccanismi, frutto di frustrazione da ambo le parti. La vera sfida, soprattutto lato azienda, è quella di creare un framework di collaborazione, definito e formalizzato all’interno dell’azienda stessa, per collaborare al meglio con le startup, senza però destrutturarsi del tutto, bensì entrando nella cultura della startup per capirne linguaggio e dinamiche operative”, spiega Francesco Iervolino, partner Deloitte Officine Innovazione.

  1. Il ruolo strategico di facilitatori e acceleratori per facilitare il networking 

Apertura al dialogo, ricerca dei punti di contatto e condivisione di situazioni comuni per costruire progettualità congiunte: sono solo alcuni dei vantaggi per le aziende e le startup che partecipano a iniziative e occasioni di confronto promossi da facilitatori e abilitatori. Il ruolo degli acceleratori d’innovazione non solo facilita la conoscenza e il networking, ma diventa un canale che permette a qualsiasi partner di essere percepito sul mercato come innovatore dei processi e di essere inserito in un ecosistema che favorisce lo scambio di competenze e di know how per avviare nuove collaborazioni. A promuovere l’impegno di piattaforme di incontro sono realtà come il Ministero dello Sviluppo Economico, che attraverso Invitalia dallo scorso 24 giugno ha aperto l’incentivo Smart Money per le startup innovative che vogliono avvalersi dei servizi specialistici di incubatori, acceleratori, organismi di ricerca e innovation hub, per definire il loro progetto imprenditoriale e prepararsi al lancio sul mercato. “Come SMAU giochiamo un ruolo di sostegno e supporto all’avvio di nuove collaborazioni tra startup e imprese consolidate, favorendo la contaminazione e lo sviluppo di progetti negli ambiti più diversi, dal settore agrifood a quello della sostenibilità e delle energie rinnovabili, dalla sanità alla manifattura avanzata. Nell’ultimo anno abbiamo realizzato 18 attività di scouting di innovazione per conto di grandi aziende, selezionando più di 500 startup che si sono candidate per lavorare al fianco della corporate nel soddisfare i suoi fabbisogni di innovazione e abbiamo organizzato 26 tavoli di lavoro per offrire un’occasione di confronto, utile a condividere esperienze e favorire l’incontro tra realtà anche molto diverse tra loro, in una logica di co-innovazione”, commenta Valentina Sorgato, Amministratore Delegato di SMAU.