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Post-covid: come cambia l’ufficio e come far fronte alle nuove spese

La quarantena e soprattutto le restrizioni imposte dalla pandemia nella fase post lockdown hanno inevitabilmente cambiato la vita di tutti i giorni, anche per quanto riguarda la sfera lavorativa, dato che in poco tempo ci si è trovati a dover mettere in discussione metodi e spazi di lavoro consolidati da anni. 

Vediamo dunque come evolve il concetto di ufficio in quest’ultimo periodo tra spazi e modalità di lavoro.

L’ufficio post lockdown

Come cambiano le sedi di lavoro? Il concetto chiave in questo periodo è ovviamente quello del mantenimento del distanziamento sociale, in modo da ridurre al minimo il rischio contagio all’interno degli uffici. 

Oltre al diffuso ricorso allo smart working per ridurre il numero di dipendenti presenti in sede, dunque, le aziende si sono trovate a dover inevitabilmente riorganizzare gli spazi interni per chi invece si reca sul posto: ridistribuzione di postazioni, assegnazione delle stanze e scrivanie, magari installando anche dei pannelli con cui distanziare tra loro i lavoratori. Ma non solo le aree “personali”, bisogna rivedere anche e soprattutto gli spazi condivisi e le regole da seguire in luoghi come gli ingressi, le mense, i servizi igienici. Per evitare il più possibile il contatto con le superfici su cui si può depositare il virus, ad esempio, si può pensare di installare strumenti tecnologici che prevedano funzionalità contactless e di assistenza vocale. 

In molti uffici, inoltre, è impensabile rinunciare all’ascensore, che però è uno dei luoghi che più di tutti non favorisce il distanziamento sociale: le aziende si sono organizzate stabilendo un numero massimo di persone che contemporaneamente possono accedervi o cercando di scaglionare gli ingressi in ufficio con orari diversi per i vari gruppi di dipendenti, in modo da evitare le code alle entrate. Gli spazi lavorativi dovranno poi ovviamente essere costantemente sanificati, mentre sarà necessaria la presenza di gel igienizzanti e l’obbligo di indossare la mascherina nei luoghi comuni in cui non si riesce ad assicurare il distanziamento.

Come affrontare le spese? 

Tutti questi cambiamenti che le aziende stanno affrontando comportano ovviamente dei costi, che si tratti di materiale sanitario, installazione di nuova tecnologia o riorganizzazione degli spazi con tutti gli spostamenti che ne conseguono. Per far fronte alle spese necessarie per rimodernare e aggiornare gli uffici si può pensare di ricorrere ad un prestito: sul web è possibile trovare informazioni sui finanziamenti a tasso agevolato, una soluzione che può essere molto utile in questa fase. Il prestito agevolato presenta diversi vantaggi – su tutti un tasso d’interesse molto conveniente, ma anche flessibilità nelle modalità di rimborso e immediatezza nella richiesta – ed è particolarmente indicato per le piccole e medie imprese che debbano sostenere costi in tempi relativamente brevi. 

Le procedure di richiesta sono ormai molto semplici e si può richiedere un preventivo anche online molto velocemente.

(Articolo redazionale)

Lavoro e Covid-19: i lavoratori hanno paura di perdere il posto. Ma…

Lavoro e Covid-19: uno studio fa chiarezza

Cosa ci lascerà il Covid-19? Sicuramente nel mondo del lavoro tante incertezze. Dall’ultima edizione del Randstad Workmonitor – l’indagine sul mondo del lavoro di Randstad, condotta a maggio in 15 Paesi del mondo su un campione di oltre 400 lavoratori di età compresa fra 18 e 67 anni per ogni nazione, che lavorano almeno 24 ore alla settimana e percepiscono un compenso economico per questa attività – che ha analizzato l’impatto del Covid-19 sul mondo del lavoro e le reazioni di imprese e lavoratori alla situazione di emergenza.

La paura di perdere il posto di lavoro

Secondo lo studio per 6 lavoratori italiani su 10 l’emergenza dovuta al Corunavirus, che ha bloccato tantissime realtà imprenditoriali e lavorative, ha avuto un impatto negativo sul proprio lavoro: i numeri sono chiari, il 62% teme di perdere il posto se la situazione economica del datore di lavoro sarà influenzata dalla crisi, otto punti in più della media globale: i più spaventati sono gli uomini (64%, contro il 61% delle colleghe).

All’estero, infatti, fra i paesi analizzati una maggiore paura si ha solamente in Cina (63%), Hong Kong (66%) e India (78%). In Italia, tale timore coinvolge soprattutto i più giovani (84% dei 18-24enni e 69% dei 25-34enni contro solo il 46% degli over 55).

In caso di perdita del posto più di metà dei dipendenti ripone fiducia nel datore di lavoro per essere aiutato a ricollocarsi (52%) o nel governo per avere un sostegno finanziario o nella ricerca di un altro impiego (54%). La fiducia nel governo è cresciuta dell’8% rispetto alla precedente rilevazione di marzo, ma resta ancora 13 punti sotto alla media globale, al penultimo posto fra i paesi analizzati, davanti al solo Giappone (36%). Uomini e dipendenti under 25 sono anche i dipendenti più fiduciosi nel sostegno del datore di lavoro (rispettivamente 55% contro il 50% delle donne e 68% contro il 38% dei senior) o del governo (56% uomini e 53% donne, 68% under 25 e 49% over 55) nella ricerca di un nuovo impiego. 

Ma aumentano le scelte digitali…

Ma qualche notizia positiva c’è. Infatti, il Coronavirus ha fatto che sì che si diffondessero soluzioni digitali e di modelli di organizzazione del lavoro più evoluti. Secondo la maggioranza dei dipendenti, l’azienda in cui lavora li sta aiutando ad adattarsi alla nuova situazione lavorativa investendo in nuove tecnologie e soluzioni digitali (62%), fornendo gli strumenti necessari a lavorare da casa o da un altro luogo al di fuori dell’ufficio (59%) e mettendo a disposizione piani di formazione su strumenti e competenze digitali (61%). Sono numeri ancora inferiori alla media globale e ai risultati dei paesi più avanzati sul digitale, ma evidenziano come le imprese stiano reagendo positivamente all’emergenza. E i lavoratori mostrano la stessa reattività: il 70% afferma di essersi adattato alla nuova situazione lavorativa, l’80% si sente pronto alle nuove modalità di lavoro digitale.

Nuove relazioni professionali

Il ricorso allo smartworking e la conseguente assenza di presenze in ufficio, porta a riflettere anche sulle nuove relazioni professionali tra dipendente e azienda. Per il 60% del campione, infatti, il proprio datore di lavoro si aspetta che i dipendenti siano disponibili oltre al normale orario di lavoro (-1% sulla media globale). Una sensazione che in Europa è più comune soltanto in Portogallo (72%) e Spagna (64%) e più frequente fra uomini (62% contro il 58% delle colleghe) e nelle fasce di età 18-24 (65%) e 45-54 anni (67%). Ma le aziende si mostrano anche flessibili: per il 69% l’impresa consente al lavoratore di gestire in autonomia orario di lavoro e priorità famigliari (-4% rispetto alla media globale), opinione comune fra i 35-44enni (75%) e gli over 55 (81%), e il 70% si prende cura del benessere emotivo dei dipendenti (cinque punti in meno della media mondiale), anche in questo caso soprattutto dei 35-44enni (76%) e degli over 55 (75%).