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La morte della privacy ed i rischi della Rete

L’attacco alla piattaforma informatica della Regione Lazio ci racconta bene quale sarà il campo di battaglia di molte delle guerre del futuro. 

E questo è un tema che va sicuramente affrontato: il rischio di una lesione della libertà è normalmente valutato in modo completamente diverso rispetto, ad esempio, ad un problema di salute. La lesione della libertà non fa male, non si percepisce, non ti fa contrarre malattie, non si soffre della mancanza di opportunità sul mercato.

D’altra parte, Internet è uno strumento, non una democrazia. Non ci sono supercomputer designati dal popolo che determinano se la Rete debba essere utilizzata bene o male. In ogni caso, non dobbiamo dimenticare una cosa importante: tanto online quanto offline, le nostre impronte digitali vengono raccolte in una serie di personaggi, profili, avatar (le nostre rappresentazioni virtuali) in centinaia di punti diversi allo stesso tempo. 

Una specie di “ombra digitale” (nelle accezioni negative) che viene sfruttata per fornirci nuovi, straordinari servizi, comodità, efficienze e benefici che i nostri nonni e genitori non avrebbero mai potuto immaginare. Tuttavia, soltanto una parte molto piccola della nostra vita rimane realmente privata e questo, comprensibilmente, rappresenta un problema per molte persone.

Un timore da rispettare

In passato, il nostro unico timore era che i governi ispirati dal Grande Fratello di Orwell tenessero dossier dettagliati sulle nostre vite. Oggi, però, la minaccia sorge anche da tanti “piccoli grandi fratelli”, la miriade dei singoli soggetti che raccolgono i dati dei loro clienti. 

La buona notizia è che tutti questi soggetti possono fornirci servizi altamente personalizzati sulla base di queste conoscenze dettagliate. La notizia cattiva è che questi profili, una volta compilati, sono cancellati raramente oppure non lo sono affatto. I meccanismi di tutela che impediscono a persone non autorizzate di accedere a questi dati sono fragili. E a volte i database vengono venduti a terzi per scopi non concordati o, ancora peggio, discutibili. 

Ma non basta. Le frodi e i furti d’identità (il phishing) rappresentano minacce sempre più gravi in un mondo reticolare e sono accompagnate da nuove forme di discriminazione e ingegneria sociale rese possibili dalla sovrabbondanza di dati. 

Oggi sono le informazioni personali, tanto biografiche quanto biologiche, genealogiche, storiche, relazionali a costituire la nostra identità. Vanno gestite in modo responsabile. Quando non accade, la nostra reputazione viene compromessa.

La privacy va tutelata meglio

Va detto senza giri di parole: la privacy, perlomeno nella forma conosciuta finora, è morta. Ed il bello è che siamo stati noi stessi ad ucciderla. Chi mai avrebbe previsto che miliardi di persone avrebbero ceduto volontariamente ogni giorno su Internet dati privati sulle loro attività, sui loro gusti, sulle loro simpatie, sulle loro antipatie? Abbiamo spazzato via il concetto di riservatezza attraverso la partecipazione ai social media: è finita l’epoca in cui eravamo meri fruitori di contenuti ed è iniziata l’era in cui ne siamo produttori. 

In realtà, dobbiamo essere consapevoli che non avevamo scelta. Quali altri contenuti potevamo produrre se non quelli che ci riguardano individualmente? Ecco perché la privacy non esiste più. Nel momento in cui abbiamo conquistato il centro del palcoscenico e siamo diventati protagonisti della Rete e dei social network, la nostra privacy personale ha smesso di esistere.  

Abbiamo iniziato a tappezzare le pagine Web ed i nostri profili personali di opinioni, commenti, fotografie e tag su preferenze, amici, gruppi in un flusso continuo e inarrestabile di informazioni. Cosa succederà poi quando saremo tutti forniti di occhiali smart o strumenti equivalenti di realtà aumentata? Non solo saremo stati i killer della nostra privacy, ma inizieremo a demolire anche quella degli altri. Un mondo iperconnesso in Rete ci rende tutti ancora più interdipendenti. Ancora una volta soli. Ancora una volta insieme. 

“Il pericolo non viene da quello che non conosciamo, ma da quello che crediamo sia vero e invece non lo è”

Mark Twain

A cura di Angelo Deiana

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