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Metaverso, le 7 professioni più richieste per un business in evoluzione

Il metaverso è in poco tempo divenuta una risorsa per molte aziende. Un mondo parallelo, sempre disponibile, sempre aperto, con vantaggi facilmente identificabili per determinati tipi di business.

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South working, sono molte le aziende che ci vedono un’opportunità

I cambiamenti nel mondo del lavoro, soprattutto negli ultimi tre anni, sono stati tantissimi e hanno letteralmente stravolte quelle che erano regole e moduli che finora qualche hanno fa rappresentavano la cosiddetta normalità. Smartworking, lavoro ibrido, settimana corta, sono termini che sono entrati ormai a far parte della nuova era del mondo del lavoro. Ma c’è un altro concetto che sembra farsi largo ultimamente: è il south working che può essere uno strumento importante per lo sviluppo di alcune zone del Paese, in particolar modo, per l’appunto, il sud. Il 77% delle aziende ha adottato lo smartworking e il 46% è disponibile a progetti di remote working da 2 a 5 giorni settimanali. Numeri davvero importanti per modelli lavorativi che piacciono sia ai datori di lavoro, che hai dipendenti. 

Il south working, molto più di una semplice possibilità 

Questi numeri arrivano da un interessate studio di Randstad e Fondazione per la Sussidiarietà (FPS) “South working per lo sviluppo responsabile e sostenibile del Paese”, che sarà presentata oggi al Meeting per l’amicizia fra i popoli di Rimini.

La ricerca evidenzia come le aziende italiane strizzino l’occhio agli “hub di lavoro” al Sud, siano essi co-working o uffici veri e propri con personale residente lontano dalle grandi città del Centro-Nord: tali aziende sarebbero disponibili ad avviare simili collaborazioni per contribuire alla crescita (61%), per reperire figure professionali importanti (48%) e ridurre i costi (35,5%). Il 61% delle imprese pensa che l’hub possa essere gestito in modo diretto, come una filiale, piuttosto che tramite società di servizi esterne.

Lo studio mette in mostra numeri impietosi per il Sud, che starebbe andando incontro ad un calo importante della popolazione nei prossimi anni superiore alla tendenza nazionale. Entro il 2030 gli abitanti tra i 20 e i 64 anni si ridurranno dell’11% nel Sud Italia, rispetto al -6,7% atteso a livello nazionale. Questo andamento, rivela la ricerca, è effetto non solo di fattori demografici, ma di nuovi flussi migratori interni, legati alla ricerca di lavoro qualificato.

L’analisi ha preso in esame oltre 1 milione e 420mila offerte di lavoro pubblicate sui principali siti di ricerca online tra il 2019 e il 2021. Le offerte di lavoro al Sud sono state solo l’8% del totale, mentre il 78% dei posti di lavoro sono concentrati nel Nord e il 14% nel Centro.

“Fare scelte sostenibili e responsabili è una priorità per Randstad ma non solo – afferma Marco Ceresa, Group CEO di Randstad -. Sempre più imprese iniziano a considerare di favorire lo sviluppo nelle aree più fragili del Paese, cercando di trovare anche quelle competenze e quelle risorse preziose che sempre più si fa fatica a trovare nel Nord del Paese. La creazione di un hub di lavoro può davvero essere il volano per il south working, potendo reclutare competenze altrimenti non accessibili, garantire il bilanciamento vita-lavoro alle persone e sostenere di un indotto locale. Ma i presupposti fondamentali per esperienze di south working di successo sono la creazione di un’adeguata infrastruttura digitale, spazi adeguati e uno sforzo multilaterale tra aziende, agenzie per il lavoro, Comuni di riferimento e atenei universitari”.

“Lo smart working e la creazione di hub nel Sud sono una occasione straordinaria per favorire la crescita del paese e abbattere storiche diseguaglianze”, osserva Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, “Molti lavoratori qualificati del Mezzogiorno potrebbero così mantenere un legame con il proprio territorio, senza rinunciare a preziose opportunità. È una strada che potrebbe coinvolgere anche la pubblica amministrazione. Un percorso sussidiario che parte dal basso e potrebbe davvero cambiare il mondo del lavoro e dare un nuovo impulso all’iniziativa imprenditoriale al Sud”.

Le figure professionali ricercate nel Sud Italia

Sono 112.451 annunci di lavoro al Sud analizzati sul web nel periodo 2019-2021. Tra questi, quelli dedicati a profili con un livello di competenze alto sono 50.126. Nel dettaglio sono richiesti rappresentanti di commercio (4.054), sviluppatori di software (3.362), segretari con mansioni amministrative ed esecutive (3.001). 

Gli annunci per figure con competenze medie, invece, sono 41.506. In questo caso, sono soprattutto assistenti alle vendite (6.097),installatori e riparatori di apparati elettromeccanici (2.917) e manutentori di apparati elettronici industriali (2.061). Circa 20.819 annunci sono dedicati a professionisti con qualifiche di altro genere.

La situazione è molto differente d‘Italia: al primo posto il nord-ovest, con 617.482 ricerche aperte (43,5%), segue il nord-est con 482.712 (34%), e il centro con 207.655 (14,6%).

Torna nei mari italiani il Clipper Stad Amsterdam Ranstad: un’occasione per manager e professionisti. Ecco perché…

C’è un gradito ritorno tra i mari italiani, ovvero quello del Clipper Stad Amsterdam, splendido veliero di Randstad, primo operatore mondiale nei servizi HR, copia di un Dutch Clipper del XIX secolo.

Dal 31 maggio al 17 giugno prossimo questa meravigliosa e affascinante imbarcazione navigherà i mari tra Cagliari, Livorno e Genova, coinvolgendo manager, imprenditori, professionisti e stakeholder in attività di formazione e cene di business, approfondendo temi legati al mondo del lavoro, ma anche divertendosi con attività specifiche.

Il programma del Clipper Stad Amsterdam

 Si partita da Cagliari il 31 maggio, dove è previsto il workshop “Performance: Generare valore, Insieme”, per poi proseguire verso Villasimius. Qui, in virtù della partnership con il prestigioso marchio di yacht a vela Nautor’s Swan, sarà presente alla tre giorni della seconda tappa del circuito One Design 2022, la Swan Sardinia Challenge, durante la quale Randstad affiancherà la divisione sportiva di Nautor’s Swan, ClubSwan Racing come sponsor per eventi sociali.

Il 10 giugno il veliero salperà alla volta di Livorno, dove ci sarà il workshop “Posti vacanti e disoccupazione tra passato e futuro: secondo il Rapporto Randstad Research sul mismatch”. Infine, il tour si concluderà a Genova, con due incontri “Welfare: allenarsi per il tuo futuro benessere” e “Performance: Generare Valore, Insieme”.

“Dopo uno stop di due anni, torniamo sui mari italiani a bordo del Clipper Stad Amsterdam, offrendo a manager e imprenditori la possibilità di abbinare il piacere di una crociera ad occasioni di networking e formazione”, ha dichiarato Marco Ceresa, Group CEO di Randstad Italia. “Il Clipper Stad Amsterdam è il simbolo di Randstad e del suo spirito. La storia della sua realizzazione e la sua attività di training per giovani in ambito nautico rappresentano la nostra vocazione e i nostri valori fondanti: l’alta formazione e la specializzazione unite alla costante ricerca della perfezione e dell’internazionalità”.

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Workmonitor Randstad: c’è tanta voglia di cambiare lavoro. Ecco perché…

C’è tanta voglia di cambiare, di provare nuove esperienze, nella vita quotidiana (dopo tante costrizioni), ma anche nel lavoro. Secondo le rilevazioni del Workmonitor, l’indagine semestrale sul mondo del lavoro, realizzata da Randstad in 34 Paesi, intervistando per ogni nazione un campione di oltre 800 dipendenti fra 18 e 67 anni, emerge che più della metà dei lavoratori italiani sta cercando un nuovo lavoro o inizierà a farlo a breve.

Le motivazioni possono essere molto diverse e quello che è importante capire è che i manager delle aziende non possono perdere i loro talenti e allo stesso tempo devono cercarne altri.

I dati dello studio

È importante da subito mettere l’accento sul fatto che il 29% dei lavoratori italiani oggi sta attivamente cercando un nuovo impiego (l’Italia è al terzo posto al mondo in questa classifica), percentuale che arriva al 38% nella fascia tra i 25-34 anni. E un altro 24% sta pensando di cercarne uno nuovo, con un’incidenza più alta tra le fasce giovanili. D’altronde, gli italiani sono in penultima posizione al mondo fra coloro che nell’ultimo anno hanno ricevuto un aumento di stipendio (il 19%), in ultima per distribuzione dei benefit (53%), tra i meno agevolati dalla flessibilità (il 62% non può scegliere quante ore lavorare, il 60% dove e il 50% quando).

Altri numeri importanti: oggi il 38% lascerebbe il proprio datore di lavoro se non tenesse conto delle sue richieste, percentuale che sale addirittura il 56% tra i giovani di 18-24 anni.

Il ruolo del lavoro nella vita delle persone

Uno dei motivi principali per cui si cambierebbe lavoro è che lo stesso non è più in grado di soddisfare le ambizioni di realizzazione personale, in particolare tra i giovani. Per due terzi degli italiani (77%) “il lavoro è importante nella vita”, ma meno della metà (49%) lo ritiene realmente in grado di offrire uno scopo. E per il 60% la vita personale e più importante di quella lavorativa. Oltre metà (53%) dichiara addirittura che se i soldi non fossero un problema sceglierebbe di non lavorare affatto. 

Questo aspetto riguarda soprattutto la generazione Z. Infatti, oltre un terzo dei dipendenti (ben il 36%) ha già abbandonato un lavoro perché non si adattava alla propria vita privata, la percentuale sale al 51% tra i 18-34 anni. Il 38% degli italiani lascerebbe il lavoro se questo gli impedisse di godersi la vita, ma è pronto a farlo più di metà dei lavoratori dai 18 fino a 25 anni. Addirittura, il 23% dei dipendenti preferirebbe essere disoccupato che infelice sul lavoro, ma nella fascia 25-34 anni l’incidenza sale al 34%.

Nell’era dello smart working, le considerazioni legate alla flessibilità sono aumentate per gli italiani, ma non come dovrebbero. Infatti, il 76% dei lavoratori italiani auspica una flessibilità di orario, il 70% di luogo. Ma le aziende la offrono solo nel 50% dei casi per l’orario e nel 40% per il luogo. Il risultato è che il 27% dei lavoratori ha già lasciato un lavoro che non offriva, secondo il loro giudizio, una sufficiente flessibilità (percentuale che sale al 49% tra i 18-24 anni). 

Il tempo libero è destinato maggiormente alla famiglia (nel 66% dei casi), poi a prendersi cura di sé (49% fisicamente, 19% salute mentale), coltivare passioni (44%), viaggiare (34%), pensare al proprio sviluppo personale (24%), socializzare (12%). Poi vengono le attività di welfare familiare (26%) o comunitario (13%).

Le ambizioni professionali

Le ambizioni professionali risultano spesso poco considerate. Il 70% pensa che la formazione sia rilevante, ma solo per il 65% il lavoro attuale offre le giuste opportunità di formazione. I bisogni formativi più sentiti sono competenze utili a consolidare il ruolo attuale (nel 58% dei casi), sviluppare di competenze tecniche (53%), la formazione digitale (44%), lo sviluppo soft skill (40%). Gli italiani puntano meno alla riqualifica in vista di un nuovo ruolo (39%).

Tra le diverse azioni intraprese dai datori di lavoro per rendere felici i dipendenti negli ultimi 12 mesi, solo il 19% ha ricevuto un aumento di stipendio (contro il 36% nella media globale), il 23% ha ricevuto una nuova opportunità di formazione o sviluppo (25% globale), il 22% ha visto un aumento della flessibilità di orario di lavoro (26% globale) e il 26% di luogo (28% globale). E appena il 15% ha riscontrato maggiori vantaggi (contro il 22% a livello globale).

Ranstad: ecco le 10 ragioni principali per cui i lavoratori scelgono di lasciare un’azienda

Il concetto di lavoro in sé è molto cambiato negli ultimi anni. Una maggiore possibilità di ricorrere allo smartworking, il lavoro flessibile, il lavoro ibrido: gli italiani ne hanno sperimentate di situazioni rispetto alle classiche 8 ore di impegno quotidiano.

La valutazione dell’impiego, quindi, non può prescindere da un’attento studio delle possibilità che il mercato del lavoro offre.

Le relazioni professionali con i colleghi e superiori, la richiesta di un aumento di stipendio, la possibilità di richiedere di lavorare in smart working, dalle opportunità di carriera a quelle di specializzazione, dal clima aziendale al desiderio personale di cambiare: sono tutti fattori che oggi chi cerca un lavoro tiene fortemente in considerazione. Per capire meglio verso quale direzione si sta andando, Randstad ha stilato un decalogo delle 10 ragioni principali per cui i lavoratori scelgono di lasciare un’azienda.

Il decalogo dei motivi per le dimissioni

Ecco quali sono le motivazioni che spingono dipendenti, collaboratori e professionisti a dimettersi dal proprio posto di lavoro e cercare qualcosa di diverso.

  1. Relazioni professionali con i colleghi e i responsabili. La prima ragione per cui i lavoratori lasciano un’azienda è il rapporto con i colleghi di livello pari o superiore, anche se non conflittuale.
  1. Il contenuto del lavoro. Molte persone cambiano lavoro alla ricerca di un contenuto qualcosa di più interessante e stimolante, di quello attuale, più in linea con le aspettative del ruolo professionale che vogliono ricoprire.  
  1. I valori aziendali. Ma non c’è solo il tipo di lavoro. I compremessi oggi sono meno accettati rispetto al passato e si cerca sempre più un’azienda con gli stessi valori di chi ci lavora.
  1. Lo stipendio. Non c’è niente da fare, oggi ciascuno di noi si assegna un valore basato su competenze ed esperienza e pretende che tale valore sia rispettato. La leva economica oggi è particolarmente attrattiva per i lavoratori senior, meno per i giovani per cui sono altri i fattori cruciali.
  1. Il tempo. L’equilibrio tra vita privata e professionale è stato messo a dura prova durante il lockdown. Oggi i lavoratori sono meno propensi a sacrificare il tempo libero e possono scappare da condizioni “tossiche”, in cui l’attività professionale invade totalmente quella privata.
  1. Le opportunità di crescita. I più giovani cercano prospettive di crescita, step professionali rapidi, stimoli continui. L’offerta di percorsi di carriera strutturati e ambiziosi è uno degli elementi di attrazione dei candidati.
  1. La specializzazione. Crescere professionalmente è un’opportunità che è fortemente desiderato. Le aziende più apprezzate sono quelle che offrono possibilità di formazione.
  1. Il clima. L’ambiente è fondamentale e il clima in ufficio è determinante per il benessere di chi ci lavora. Se non è positivo, l’attrattiva per un’azienda è certamente minore.
  1. Il lavoro da remoto. È una novità arrivata con la pandemia: molti lavoratori cercano espressamente offerte di lavoro che consentano di svolgere l’attività a distanza, magari da luoghi diversi dagli uffici delle grandi aree urbane, con maggiore flessibilità sugli orari e improntati al raggiungimento di obiettivi
  1. Il desiderio di cambiare. Delle volte cambiare il posto di lavoro può significare dare un taglio alla quotidianità per aprirsi a nuove sfide, stravolgere completamente la propria vita per mettersi alla prova con un’avventura che dia un nuovo significato al proprio percorso.

2022: ecco le professionalità che vanno per la maggiore secondo uno studio di Randstad

Magazziniere, operaio e infermiere. Questo il podio dei mestieri più ricercati in Italia nel 2022. Poi troviamo l’addetto al call center, l’impiegato amministrativo, l’operatore di macchine utensili, l’operatore sociosanitario, l’elettricista, lo sviluppatore Java e il saldatore a chiudere la top 10. Tra i top ci sono anche l’operatore dell’industria alimentare, il system administrator, l’addetto alle macchine per la lavorazione del legno, l’operatore multiservizi nella ristorazione e l’addetto all’help desk.  

Questi i 15 profili più ricercati sul mercato del lavoro, secondo uno studio di Randstad che ha analizzato gli annunci di lavoro di inizio 2022 del primo operatore nei servizi per le risorse umane, che complessivamente rappresentano quasi 4mila posizioni aperte. Differenti sono le competenze richieste, livelli di alti e provenienza da settori di appartenenza, che nel loro insieme evidenziano quelli che sono i trend in atto sul mercato del lavoro, in un momento di forte crescita dell’offerta, ma anche di difficoltà nel trovare i candidati giusti per soddisfare le esigenze delle imprese.

Il profilo più richiesto è il magazziniere, per cui Randstad ha oggi oltre 1200 posizioni aperte. Una professionalità molto richiesta anche per l’espansione del settore della logistica come effetto della crescita produttiva e del boom dell’eCommerce, testimoniato anche dalle crescenti richieste di addetti ai call center per l’attività di assistenza clienti. 

Tra i più richiesti c’è sicuramente l’operaio metalmeccanico, che con quasi 900 posizioni aperte è particolarmente apprezzato evidentemente, come anche gli operatori di macchine utensili (al 6° posto), elettricisti (8°), saldatori (10°), operatori dell’industria alimentare (11°) e addetti alle macchine legno (13° posto) per supportare l’aumento dell’attività produttiva e per inserire le nuove competenze richieste dalla quarta rivoluzione industriale. 

A seguire l’infermiere (oltre 800 posizioni aperte), professione introvabile per definizione, che, insieme all’operatore sociosanitario in settima posizione, evidenzia la cronica carenza di professioni sanitarie, aggravata con l’esplosione della pandemia e le nuove esigenze di cura e assistenza. Ovviamente grande richiesta c’è anche per i settori tecnologici.

L’analisi fa riferimento alle ricerche di lavoro aperte su tutta Italia, ma emergono alcune specificità territoriali in funzione delle specializzazioni dei vari distretti: le richieste di operatori macchine utensili, ad esempio, riguardano soprattutto il Nord Italia, mentre gli operatori per macchine del legno sono concentrati nel Nord-Est e gli elettricisti sono particolarmente ricercati nel centro sud. 

“Questa selezione evidenzia alcune delle professioni chiave per la ripresa, verso cui è utile si orienti chi è alla ricerca di un’opportunità di impiego”, afferma Elena Parpaiola, Amministratore Delegato di Randstad Italia, responsabile delle attività di staffing, permanent e welfare.

“Il mercato del lavoro italiano sta vivendo uno straordinario momento di vitalità, eppure le aziende faticano a trovare le persone giuste, perché la talent scarcity è una realtà con cui confrontarsi”, spiega Simona Tansini, Amministratore Delegato di Randstad Italia con delega sui business Inhouse, Verticals, Public Sector.

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Smartworking: il Remote Leader è il manager per gestire i collaboratori a distanza

Nella nuova organizzazione del lavoro, lo smartworking avrà un ruolo essenziale: ma le figure di controllo per chi lavora a distanza diventeranno essenziali. Ecco che in molti si rivolgeranno a quei professionisti che potremmo descrivere come Remote Leader.

In Italia il 72% delle imprese ha introdotto o potenziato il lavoro a distanza per tutti o per una parte dei dipendenti e l’86% di queste ha continuato a operare con questa modalità nel 2021, con i due terzi che proseguiranno in questa direzione anche in futuro. Questo secondo l’HR Trends & Salary Survey 2021, la ricerca condotta da Randstad Professionals – la divisione specializzata nella ricerca e selezione di middle, senior e top management di Randstad guidata da Maria Pia Sgualdino, Head of Randstad Professionals – in collaborazione con l’Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli (ASAG) dell’Università Cattolica, che tra l’1 marzo e il 7 giugno 2021 ha intervistato con metodologia CAWI 350 Direttori HR italiani sulle principali tendenze nelle risorse umane. 

Le skills dei nuovi manager da remoto

Quali sono le caratteristiche che vengono ricercate nelle nuove figure professionali? Oltre alla capacità di ascolto e all’empatia, caratteristiche condivise con i manager tradizionali e considerate fondamentali rispettivamente dal 26% e dal 23% dei Direttori HR, ai nuovi “remote leader” sono richieste capacità di comunicare efficacemente (24%) e di coinvolgere i collaboratori (19%), abilità di gestione e pianificazione (17%, +13% rispetto ai leader tradizionali), affidabilità e capacità di costruire legami di fiducia (12%, +7%) e attenzione alla misurazione dei risultati (11%, assente fra i leader tradizionali).

“Dalla ricerca emerge come lo smart working resterà nella quotidianità delle imprese: ben il 66% di quelle che lo hanno adottato durante l’emergenza continuerà a utilizzarlo anche in futuro – dice Marco Ceresa, Group CEO Randstad Italia –. Per adattarsi e avere successo in questa nuova normalità i manager devono essere “remote leader”, cioè leader capaci non soltanto di essere dei “capi” ma soprattutto di prendersi cura delle persone che guidano, in presenza e a distanza. Fondamentali, dunque, diventano la capacità di comunicare efficacemente con i collaboratori, ascoltarli, motivarli e coinvolgerli, ma anche fare squadra, costruire legami di fiducia ed essere in grado di stabilire obiettivi chiari e di misurare i risultati del team”.

“Cambiamenti di portata così profonda e radicale come quello che stiamo vivendo, toccano il tema identitario – dichiara Caterina Gozzoli, Direttore ASAG (Alta scuola di Psicologia Agostino Gemelli) Università Cattolica -. L’essere professionisti e pensare di esserlo in un certo modo viene scosso e messo in discussione. Per questo i lavoratori hanno oggi bisogni più o meno accentuati di essere aiutati a capire e costruire un nuovo senso del proprio lavoro. Si tratta di trovare un equilibrio tra pratiche e significati di valore del precedente modo di lavorare, e spazio e tempo di sperimentazione. Va individuato e compreso cosa è necessario/utile ‘lasciare andare’ per trovare possibilità più funzionali e sostenibili. Conseguentemente per i professionisti HR diventa cruciale accompagnare tali processi di risignificazione professionale caratterizzati spesso da situazioni di riparo, di demotivazione o di reattività. Si tratta da un lato di accogliere e trattare eventuali resistenze e fatiche delle proprie risorse umane, dall’altro di orientare in stretta connessione e coerenza con il management verso obiettivi sostenibili e condivisi”.

Remote Leader: le responsabilità e i compiti

Le principali azioni di lavoro che i remote leader hanno attivato per favorire il processo di coinvolgimento dei collaboratori a distanza e aumentare il senso di appartenenza all’azienda sono la rotazione delle presenze (58%), momenti di condivisione formali (52%) e informali (49%), monitoraggio e iniziative di engagement (31%) e proposte formative per la gestione del lavoro ibrido (22%).

Più della metà ha avviato azioni per la condivisione degli obiettivi aziendali e personali con maggiore frequenza (50%), per la condivisione di feedback (55%) e per stimolare la costruzione e il mantenimento dei legami fra colleghi (56%), mentre solo un quarto ha promosso momenti per il recupero delle energie (26%). 

Le risorse umane e le nuove esigenze

Con la pandemia e la diffusione sempre maggiore dello smartworking sono cambiate le priorità dei Direttori HR. Sempre secondo lo studio, la principale sfida che dovranno affrontare nel 2021 è infatti la creazione e il mantenimento di un buon ambiente di lavoro che tenga conto delle specificità del lavoro a distanza o ibrido (52%, +11% rispetto al 2020), seguita dall’impegno per trattenere i migliori talenti già presenti in azienda (46%, +6%) e dall’incremento delle performance e della produttività (46%, stabile rispetto allo scorso anno, quando era in prima posizione). Nella fase di selezione dei candidati da inserire in azienda le caratteristiche più ricercate sono competenze professionali specifiche del ruolo (66%), attitudini relazionali e comunicative (59%), capacità di lavorare in team (54%) e esperienza lavorativa nel settore (49%).

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Ripartenza: 9 consigli per aiutare i lavoratori over 50

Il mondo del lavoro è in fase di trasformazione e la pandemia ha provocato stravolgimento che hanno portato alla perdita del lavoro per moltissimi professionisti. Rimettersi in gioco non è semplice, soprattutto per chi ha superato una certa età.

Randstad RiseSmart, la divisione specializzata nel career management di Randstad, ha elaborato un elenco di 9 consigli per aiutare i lavoratori over 50 a ripartire e a cogliere le opportunità che, pur in un momento difficile, il mercato del lavoro continua a offrire.

“La pandemia ha accelerato un fenomeno già in corso da qualche anno”, afferma Arnaldo Carignano Head of Career Transition Randstad RiseSmart. “La fine delle carriere lineari, interamente spese nella stessa azienda, e la normalizzazione di un percorso fatto di diverse “transizioni” da un lavoro all’altro. Una tendenza che finora aveva riguardato soprattutto i più giovani e che sta cominciando anche a diffondersi nel segmento dei lavoratori senior. Un lavoratore over 50 ha il vantaggio di una solida esperienza lavorativa alle spalle, ma è importante essere consapevoli dei punti di forza e di debolezza del proprio profilo, intervenendo per aggiornare o sviluppare le competenze più richieste per il proprio ruolo e settore. Curare il proprio personal branding, sfruttando le precedenti esperienze di lavoro e i canali social per coltivare un network di relazioni professionali di qualità. Imparare a comunicare ciò che realmente trasmette il proprio valore al potenziale recruiter, cioè i risultati ottenuti sul lavoro, come sono stati raggiunti e cosa saremo in grado di fare domani per il nostro nuovo datore di lavoro”.

9 consigli per ripartire per i lavoratori over 50

1. Lavora sull’autoconsapevolezza. La consapevolezza di se stessi consente di capire quali sono le proprie abilità e quali invece gli aspetti che bisogna migliorare. Analizzare il proprio percorso professionale e comprendere quali competenze tecniche e trasversali si possiedono aiuta a ripensare le proprie priorità professionali e identificare nuovi obiettivi e nuovi sbocchi lavorativi.

2. Definisci i tuoi obiettivi professionali. Definire un obiettivo professionale non significa soltanto fissare una meta da raggiungere, ma soprattutto scoprire le proprie ambizioni e cosa serve per realizzarle. Bisogna coltivare la curiosità verso se stessi e il proprio settore e soprattutto comprendere che la definizione di nuovi obiettivi è un processo che non può essere confinato all’inizio del proprio percorso professionale, ma deve essere costante e avvenire in qualsiasi momento della carriera.

3. Concentrati sulle tue Soft Skills. Oltre all’esperienza sul campo e alle competenze tecniche, le imprese ricercano sempre più lavoratori dotati di solide soft skills, le competenze sociali, umane e trasversali che maggiormente definiscono le caratteristiche personali di un collaboratore, come le abilità comunicative e decisionali, la creatività e l’autonomia. I nuovi modelli di gestione del lavoro e delle persone introdotti in seguito all’emergenza sanitaria hanno fatto emergere l’importanza di avere collaboratori proattivi, capaci di gestire il tempo, di comunicare e relazionarsi efficacemente con clienti, colleghi e superiori, di risolvere problemi con modalità alternative a quelle utilizzate in precedenza e di lavorare in team. Acquisire e allenare queste soft skills può dare la spinta professionale necessaria per incontrare nuove opportunità.

4. Impara a comunicare il tuo valore. Che sia sui tuoi account social, nel curriculum vitae o durante un colloquio di lavoro, a fare la differenza sarà la capacità di comunicare ciò che realmente trasmette il tuo valore agli occhi dell’interlocutore. Non limitarti a elencare le tue esperienze di lavoro, scegli le più rilevanti per il ruolo e il settore in cui vuoi posizionarti e per l’azienda per la quale ti stai candidando. E descrivi sinteticamente e concretamente le mansioni che hai svolto, i risultati che hai ottenuto e cosa hai fatto per raggiungerli. In questo modo sarà immediatamente chiaro cosa sai fare e in che modo puoi aiutare un potenziale cliente, collaboratore o datore di lavoro. 

5. Costruisci e cura un network di relazioni professionali. Fare le domande giuste alle persone giuste della propria rete potrebbe aprire molte nuove opportunità. Il primo passo è stilare una lista di persone che vorresti contattare: puoi cominciare ripercorrendo le diverse tappe della tua carriera per riallacciare i rapporti con persone che ti hanno conosciuto e apprezzato. Poi prepara una Professional Value Proposition (PVP) che riassuma le tue competenze chiave, i risultati raggiunti e il tuo metodo di lavoro, per essere in grado di raccontarti velocemente ed efficacemente anche a chi non ti conosce. È fondamentale stabilire una modalità di contatto per ogni persona della tua lista, con alcuni potrai organizzare direttamente un pranzo o un aperitivo, con altri sarà meglio iniziare con un messaggio su LinkedIn o una mail. Infine, l’elemento più importante: non avere fretta di proporti o “vendere” qualcosa, una relazione professionale e umana deve nascere spontaneamente per trasformarsi in un’opportunità di valore per entrambe le parti coinvolte.

6. Aggiorna le tue competenze. Il mercato del lavoro si evolve molto rapidamente e la pandemia, con il boom dello smart working e degli strumenti digitali, ha accelerato ulteriormente questa evoluzione. Per restare occupabili e con un profilo competitivo è necessario capire quali competenze sono e saranno più richieste per la nostra professione e per il settore di appartenenza. Se hai più di 50 anni, le competenze acquisite a scuola, all’università o nella prima parte della tua carriera sono inevitabilmente invecchiate; è necessario rinfrescarle o integrarle con corsi di formazione mirati a soddisfare le richieste del mercato. Segui i professionisti del tuo settore, analizza gli annunci di lavoro delle tue aziende target per individuare le skills richieste per il tuo ruolo e sfrutta le diverse piattaforme di e-learning disponibili sul mercato per formarti sulle competenze tecniche e trasversali che possono impressionare il potenziale selezionatore.

7. Sfrutta i social media per fare Personal Branding. I canali digitali sono un ottimo strumento per fare Personal Branding, cioè posizionarsi come un profilo esperto e competente nella propria mansione e nel proprio settore. Per costruire il proprio “brand professionale” è necessario diventare visibili e riconosciuti in rete, scrivendo articoli nei blog, pubblicando contenuti e opinioni di valore sui social network e, soprattutto, costruire una rete di relazioni professionali di qualità su LinkedIn. Anche in questo caso, analisi e concretezza sono le armi vincenti: racconta le tue competenze, il tuo percorso e i tuoi risultati con esempi concreti per distinguerti dai colleghi; collegati solo con persone in target, che siano realmente interessate ai tuoi temi e al tuo settore; interagisci con i tuoi collegamenti condividendo informazioni rilevanti, così da creare nuove relazioni e rafforzare il tuo brand.

8. Studia il mercato con costanza. Un errore comune è cercare nuove opportunità solo quando si perde il lavoro. Così facendo, si parte ogni volta da zero, col rischio di aumentare le difficoltà e prolungare il periodo di pausa. La ricerca del lavoro, invece, deve essere parte integrante del proprio percorso professionale e portata avanti con costanza. È importante studiare regolarmente il mercato per capire come evolvono le professioni del tuo settore, aggiornare le proprie competenze e svilupparne di nuove per non restare sorpreso dai cambiamenti, curare le relazioni professionali con ex colleghi, fornitori e clienti e con i propri contatti anche non lavorativi (come le conoscenze personali, le associazioni di volontariato, culturali e sportive).

9. Preparati ad essere sia “Mentore” sia “Allievo”. Nel tuo nuovo lavoro potresti ritrovarti con un recruiter, un capo o dei collaboratori più giovani. Sfrutta la tua ampia esperienza professionale per diventare un “mentore” dei collaboratori più giovani, soprattutto dal punto di vista della capacità progettuale, di gestione dei clienti e di quei “trucchi del mestiere” che si acquisiscono soltanto con l’esperienza. Ma allo stesso tempo sii aperto anche al “reverse mentoring”, un fenomeno sempre più diffuso nelle aziende per il quale sono i lavoratori più giovani a “istruire” i colleghi più esperti, soprattutto per quanto riguarda le competenze digitali o l’uso di tool e strumenti tecnologici particolari, con i quali generalmente hanno maggior dimestichezza.

“Career! Le competenze del manager del futuro”: il corso specialistico online

Randstad RiseSmart, divisione di Randstad HR Solutions specializzata nel career management, e The European House – Ambrosetti, gruppo professionale di circa 240 professionisti attivo sin dal 1965, hanno presentato il corso “Career! Le competenze del manager del futuro”, un  percorso formativo digitale volto a scoprire le proprie potenzialità manageriali, acquisire le competenze chiave per il manager del futuro e apprendere i comportamenti per costruire una leadership efficace e inclusiva.

“In un contesto che richiede sempre più flessibilità e adattabilità, lo sviluppo delle competenze diventa soprattutto un elemento di inclusione”, ha dichiarato Fabio Costantini, Amministratore Delegato di Randstad HR Solutions, che ha aggiunto: “Le organizzazioni vedono ormai attive contemporaneamente ben quattro generazioni, un confronto inevitabile che spinge più e meno giovani ad acquisire sempre più consapevolezza; qualità necessaria per accettare e gestire i cambiamenti di un mercato del lavoro sempre più dinamico nel quale è importante saper valorizzare le proprie capacità ed esperienze”.

Tre sessioni con focus su competenze specifiche

Il programma in e-learning è strutturato in 16 videolezioni. Le prime sessioni di lavoro riguardano: motivazione, costruzione di un clima di fiducia, gestione del cambiamento, diffusione delle competenze. La seconda parte del programma è dedicata al cambiamento che investe tre competenze chiave del management: comunicare, decidere, negoziare. La terza parte riguarda la cultura d’impresa come acceleratore delle competenze individuali e dei gruppi che compongono l’organizzazione. Il percorso formativo è anche un’ottima occasione per mettere mettere a confronto le proprie capacità manageriali con i principali benchmark internazionali.

“La capacità di apprendimento rapida e costante, sarà una leva determinante nei prossimi anni per riuscire a mantenere livelli accettabili di competitività. L’apprendimento sarà sia un fattore che riguarda le capacità individuali, sia quelle collettive. L’ingrediente di base dell’apprendimento è sempre stato e rimane la gioia della scoperta. Nelle prove e nelle lezioni che vi vedranno protagonisti non sarà difficile per voi trovare gli enzimi di questa gioia”, ha affermato Marco Grazioli, Presidente di The European House – Ambrosetti.

10 trend nella gestione dei talenti per il 2021

Le tendenze nel mondo del lavoro cambiano con una velocità impressionante ed anche le aziende cominciano ad interrogarsi su cosa attira i talenti in quest’epoca così particolare. Profili agili, capaci di lavorare in autonomia e per obiettivi e dotati di competenze trasversali, per gestire imprevisti e cambiamenti senza esserne travolti, e digitali, per poter operare e collaborare da remoto con successo. Ma non solo: ciò che crea valore per i talenti dell’era Covid-19 è costruire un’esperienza aziendale.

Il Talent Trends Report di Randstad Sourceright, società di Randstad, primo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane – ha individuato i 10 trend nella gestione dei talenti per il 2021 attraverso un sondaggio condotto su 850 C-suite, responsabili HR e delle strategie per l’acquisizione dei talenti di 17 paesi, che ha indagato le tendenze più importanti in questo ambito nelle organizzazioni.

“La strategia della forza lavoro non è mai stata così importante per i risultati aziendali come in questo momento – afferma Fabio Costantini, Chief Operations Officer Randstad Hr Solutions –. La diffusione del lavoro da remoto permette di selezionare candidati senza confini, ma aumenta la competizione per attrarre i talenti agili, in grado di far fare il salto di qualità alle imprese grazie al mix di competenze tecniche e soft. Per vincere la competizione le aziende devono creare una talent strategy che risponda alle nuove domande emerse dalla crisi sanitaria, come l’attenzione al benessere dei dipendenti, l’inclusione e lo sviluppo e riqualificazione professionale, e che al tempo stesso sfrutti le potenzialità del digitale per migliorare la produttività e i processi di selezione”.

10 trend che vanno per la maggiore

1 – Focus sulle competenze, non sulle mansioni. Il 76% dei C-level e degli human capital leader intervistati in Italia cerca lavoratori agili (un punto in meno della media globale), in possesso di competenze trasversali che possano essere utili in diverse aree aziendali. Una strategia che prevede un mix di inserimenti temporanei e permanenti per avere maggiore flessibilità e resilienza nei momenti di necessità.

2 – Flessibilità per adattarsi ai cambiamenti. Un anno di lavoro da remoto ha cambiato la visione dell’equilibrio fra lavoro e vita privata. Ecco quindi che restare flessibili, anche quando l’emergenza sarà rientrata, può essere un’arma in più per attrarre i talenti, come rivela il 64% del campione internazionale, oltre che per adattarsi meglio a una situazione fluida e in costante cambiamento. Un’idea che è più condivisa all’estero che in Italia: il 66% dei C-lever e degli HR italiani sta considerando una politica di lavoro da casa permanente, contro l’80% della media globale, e solo il 52% ritiene che la forza lavoro sia altrettanto o ancora più produttiva lavorando da casa.

3 – Più attenzione a salute e benessere dei lavoratori. Nel considerare le offerte di lavoro, i talenti danno priorità alla sicurezza e alla salute e le aziende che non soddisfano queste aspettative non riescono ad attrarre i talenti migliori. Benefit come orari flessibili, ambienti di lavoro più sicuri e maggiore autonomia sono fattori importanti per stimolare l’impegno dei talenti: secondo il 62% del campione internazionale offrire un programma di wellness è molto importante per attirare i candidati. I datori di lavoro che offrono un sostegno globale ai lavoratori stressati avranno probabilmente a disposizione una forza lavoro più sana e produttiva.

4 – Più produttività con la trasformazione digitale. Nel 2020 il digitale ha consentito alle imprese di garantire la continuità di business e ai lavoratori di restare produttivi, operando e collaborando da remoto. Accelerare la trasformazione digitale aziendale per migliorare collaborazione e connettività sarà un fattore chiave anche nel 2021. Occorre continuare a investire in tecnologie migliorative e indagare quali sono le più utili e apprezzate dai talenti, ad esempio promuovendo delle “pause caffè virtuali” e sessioni faccia a faccia per stimolare l’innovazione. In questo ambito gli HR italiani sono più attivi dei colleghi all’estero, con il 71% che sta investendo in tecnologie digitali per migliorare la talent experience sul lavoro (contro il 47% della media globale). 

5 – Analizzare i talenti con i dati. Il digitale può anche facilitare e ottimizzare le decisioni su eventuali assunzioni o sulla gestione del personale. Raccogliere e analizzare informazioni sulla salute, sulla ritenzione dei talenti e sull’ubicazione dei lavoratori può aiutare a prendere decisioni in risposta all’emergenza sanitaria, ad esempio per misurare il livello di stress dei dipendenti e adottare le opportune contromisure. L’82% dei C-level italiani prevede di effettuare corsi di formazione sull’analisi dei dati, contro il 46% dei colleghi all’estero, che però già in un caso su cinque hanno iniziato a investire nell’analisi dei talenti in seguito alla pandemia.

6 – Formazione contro la scarsità di talenti. Il 36% dei rispondenti italiani ha individuato nella scarsità di talenti uno dei punti più deboli della propria organizzazione (40% la media globale). La competizione per inserire i migliori talenti sul mercato è sempre più accesa e non sempre le imprese riescono a reperire all’esterno le competenze di cui hanno bisogno. Un’alternativa può essere coltivare i talenti già presenti in azienda predisponendo piani di formazione e riqualificazione professionale sulle competenze digitali e interpersonali. Lo ha già fatto un HR su cinque a livello internazionale. 

7 – La supply chain dei talenti senza confini. Con l’emergenza Covid19 la percentuale di dipendenti da remoto è quasi raddoppiata, passando dal 26% al 50%, mentre i talenti esterni all’azienda in smart working sono saliti dal 28% al 44%. Il lavoro agile da accesso a un bacino di talenti potenzialmente senza confini, ma per sfruttarlo bisogna utilizzare la market intelligence, i dati sulla forza lavoro e l’esperienza locale per comprendere la disponibilità di talenti e sviluppare capacità più sofisticate di ricerca e selezione dei profili.

8 – Una cultura dell’inclusione e della diversity – Un’altra tendenza in crescita è l’attenzione dei talenti per le politiche aziendali sulla diversity e l’inclusione sul posto di lavoro, sulle quale aumentano le aspettative di un vero cambiamento. Le direzioni HR lo hanno compreso e si stanno muovendo: l’80% ritiene molto importante disporre di una strategia della diversity e dell’inclusione per attrarre e trattenere i talenti (l’86% in Italia), il 68% l’ha già realizzata e il 27% la sta pianificando. Anche su questa fronte la tecnologia può dare una mano, utilizzando i dati per informare sul livello di inclusività dei processi di recruiting e sviluppo della leadership e le gli strumenti digitali per rendere la ricerca e selezione dei candidati più eque.

9 – Una forza lavoro riqualificata e sostenibile – Durante la crisi sanitaria sono cambiate le modalità di lavoro, il digitale è diventato pervasivo ed è emersa la necessità di nuove competenze. Le imprese stanno prendendo consapevolezza della necessità di riqualificare rapidamente la forza lavoro per metterla nelle condizioni di operare in diverse aree di business e affrontare l’evoluzione del mercato, attraverso strategie di micro-apprendimento che incentivino il personale a investire in formazione in proprio o tramite piattaforme aziendali. Il 100% dei C-level e human capital leader italiani intervistati ritiene che le aziende dovrebbero essere responsabili della riqualificazione dei propri dipendenti (+8% rispetto alla media globale), il 46% del campione internazionale sta puntando sul miglioramento delle soft skill, il 43% sulla capacità di lavorare e dirigere da remoto.

10 – Costruire una talent experience coinvolgente. Migliorare la soddisfazione del personale sul lavoro è una sfida sempre più complessa, fra processi di selezione e inserimento diventati virtuali e le difficoltà di gestire i dipendenti in esubero, ma fondamentale per mantenere una buona reputazione aziendale. Per tre HR su quattro (75% media globale e 76% in Italia) le aspettative dei talenti nei confronti del datore di lavoro sono in continuo aumento e con l’arrivo del Coronavirus costruire una talent experience è diventato un fattore sempre più critico (63%). È importante seguire e coinvolgere i candidati in ogni fase del loro percorso in azienda per comprendere se l’esperienza coincide con le aspettative. 

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