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Settimana corta al lavoro: tra 5 anni potrebbe essere la normalità. Cosa dice uno studio…

La settimana corta al lavoro è stato certamente uno dei temi più trattati nel 2023. C’è chi dubita sull’efficace di questo sistema lavorativo e chi è invece sicuro che possa essere un metodo per ottenere una maggiore produttività, garantendo ai dipendenti un welfare migliore.

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Settimana corta sul lavoro: ecco cosa sarebbero disposti a fare gli italiani

Lavorare con il modulo della settimana corta, per molti italiani rappresenta un’idea davvero interessante, in quante permette una migliore gestione del work life balance. Sebbene in Italia sia un benefit che riguarda solo il 5,9% delle persone, stanno nascendo diversi progetti pilota e proposte dettati anche dalla necessità di ridurre i costi energetici e non solo dalle esigenze dei lavoratori.

L’ADP Research Institute all’interno del proprio studio “People at Work 2022: A Global Workforce View” ha analizzato le tendenze svolgendo un’indagine che ha coinvolto circa 33.000 lavoratori in 17 paesi, di cui circa 2000 in Italia.

Il risultato, facilmente attendibile, è che il 56% degli italiani sarebbe disposto a passare alla settimana lavorativa da 4 giorni, portando a 10 ore l’impegno di lavoro giornaliero.

Nello stesso tempo il 35% di questi, sarebbe disposto a ridursi lo stipendio pur di ottenere un migliore work life balance. Il 26% degli intervistati accetterebbe una riduzione media del 9,9% dello stipendio se questa garantisse loro la flessibilità di decidere come strutturare le ore lavorative, anche senza una riduzione dell’orario di lavoro settimanale.

È ormai un fatto piuttosto frequente che tra i fattori principali che contribuiscono alla scelta di un posto di lavoro, il 48% degli italiani abbia indicato il work life balance come importantissimo: infatti, si posiziona al secondo posto dopo la lo stipendio (68%).È un criterio che vede protagoniste soprattutto le donne (52%) rispetto agli uomini (44%), ma comunque trasversale a tutte le generazioni e che, anzi, aumenta con l’avanzare dell’età lavorativa.

Inoltre, è una necessità particolarmente sentita da quelle categorie di lavoratori che non hanno accesso al lavoro da remoto (52% vs 44% di chi fa uso di smart working) e che, quindi, desiderano poter usufruire di forme alternative di flessibilità lavorativa.

People at Work 2022: A Global Workforce View. Il lavoro: la settimana lavorativa di 4 giorni piace!

Continuano ad arrivare conferme sulle tendenze che vedono i lavoratori alla costante ricerca dell’ottimizzazione dei propri tempi e del work-life balance. L’idea della settimana lavorativa di 4 giorni piace moltissimo. E a confermarlo arriva “People at Work 2022: A Global Workforce View” l’annuale survey redatta dall’ADP Research Institute.

Sono stati circa 33.000 i lavoratori interpellati in 17 Paesi, di cui circa 2000 in Italia.

Secondo le risultanze della ricerca, il 56% degli intervistati sarebbe d’accordo di passare a una settimana lavorativa di 4 giorni, arrivando così a lavorare 10 ore al giorno pur di avere un giorno libero in più a settimana.

In pratica, lo stesso numero di ore compresse in meno giorni. Anche se c’è chi è pronto a giurare che, ottimizzando le attuali ore lavorative nei 4 giorni, la produttività resti comunque inalterata.

Addirittura, tra i lavoratori, il 35% accetterebbe una diminuzione dello stipendio se questo significasse migliorare il proprio equilibrio tra lavoro e vita privata, anche senza nessuna modifica delle ore lavorative. 

“Alcuni datori di lavoro stanno già introducendo la settimana lavorativa di quattro giorni, un cambiamento epocale. Se riescono a farlo funzionare assicurando che le esigenze aziendali continuino a essere soddisfatte, potrebbe essere vantaggioso per tutti”, dice Marisa Campagnoli, HR Director ADP Italia. “Non molto tempo fa, idee come adottare un orario flessibile diffuso o consentire ai dipendenti di condensare le proprie ore in quattro giorni avrebbero potuto essere derise. Ora meritano una riflessione seria, soprattutto se la concessione di richieste di salari più elevati non è un’opzione praticabile”.

Altri dati significativi della ricerca

La metà dei dipendenti intervistati (54%) dice di aver valutato di cambiare lavoro negli ultimi 12 mesi. Tra loro, uno su quattro (21%) ha pensato di cambiare settore, il 14% di richiedere addirittura un anno sabbatico. Il 13% ha valutato l’idea di diventare imprenditore aprendo un’azienda, di prendersi una pausa temporanea dal lavoro (12%) o di lavorare part-time (13%), mentre uno su dieci ha considerato l’ipotesi del pensionamento anticipato (11%). Sono più le donne che desiderano passare al part-time (15% contro l’11% degli uomini).

“In questo periodo di cambiamenti radicali, i datori di lavoro devono concentrarsi prima di tutto sulla gestione delle nuove dinamiche lavorative e sulla fidelizzazione della forza lavoro. Per farlo devono porre le domande giuste, capire meglio i dipendenti, compreso il modo in cui la mentalità prevalente è cambiata, per adeguare l’approccio da adottare di conseguenza. Probabilmente dovranno prendere decisioni coraggiose e superare i preconcetti, come molte aziende hanno già fatto, ma saranno decisioni fondamentali per il benessere dell’azienda e della sua produttività” conclude Marisa Campagnoli.