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Mentor, una figura professionale utilissima per le start up. E ora c’è un’opportunità in più…

Nel mondo delle aziende ed in particolare in quello delle start up, si sta sempre più diffondendo una figura professionale di cui si sente un gran bisogno e che forse in passato è stata un po’ sottovalutata, ovvero il mentor.

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Investire a Dubai: ottime opportunità per le start up digitali

L’Expand North Star, il principale evento globale dedicato alle start up, si svolgerà dal 14 al 18 ottobre 2024 presso il Dubai World Trade Centre. Quest’anno, l’evento segnerà un record di partecipazione europea, con oltre 2.000 espositori, di cui più di 400 provenienti dall’Europa. Tra questi, ben 25 start-up italiane parteciperanno a questa quattro giorni di innovazione.

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Una visone moderna dell’ufficio: il progetto della start up Smace è molto ambizioso

Una visione moderna e differenza del “mondo dell’ufficio”, capace di adattarsi alle nuove necessità che sempre più spesso manifesta chi è alla ricerca di un lavoro, ma anche chi un impiego già ce l’ha.

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Intelligenza artificiale e start up: che rapporto c’è?

Meno del 20% delle start up utilizza l’intelligenza artificiale, un dato che può sembrare basso, rispetto al concetto di innovazione che dovrebbe avere ogni start up al giorno d’oggi. Ma non è così. Infatti, secondo gli ultimi dati, l’utilizzo della stessa nelle PMI è pari al 5,3%.

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Caro prezzo pausa pranzo? 5 start up aiutano a mangiare sano e spendere meno

Pausa pranzo, un momento in cui si dovrebbe, e sottolineiamo dovrebbe, staccare dal lavoro per un’ora dedicandosi a sé stessi e a mangiare per ricaricare le batterie.

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7Seconds, una start up che valorizza il talento e le competenze di professionisti che cercano lavoro

Non ci sono seconde occasioni per fare una buona prima impressione. Non è una frase buttata lì a casa, ma a quanto sembra è una verità assoluta. Una teoria scientifica afferma che ci vogliono 7 secondi per costruirsi mentalmente una prima impressione di qualcuno. Su queste riflessioni nasce 7Seconds, start up italiana che punta a valorizzare le competenze e le qualità di chi cerca il lavoro dei sogni in uno scenario del mondo hr decisamente mutato negli ultimi anni.

Che tipo di servizi offre 7Seconds

La start up 7Seconds con il suo intervento intende esaltare le competenze e il talento dei professionisti e aiutarli a distinguersi, catturando l’attenzione dei recruiter tra migliaia di curriculum vitae e lettere di presentazione.

7Seconds offre consulenze utili a chi cerca lavoro per emergere tra la folla di candidature: dalla redazione di un CV professionale all’intervista di 30 minuti con esperti nella selezione del personale, passando dalla redazione di una lettera di presentazione e di un’email di accompagnamento per la candidatura, oltre all’ottimizzazione (o addirittura la creazione) di un profilo LinkedIn per aumentare visibilità e autorevolezza del professionista.

Il target a cui si rivolge la startup è pressoché composto da figure professionali con una buona esperienza alle spalle, che possano puntare a ruoli di spessore.

“La disruption nel mondo del lavoro è un processo ormai inarrestabile che cambia per sempre i parametri del settore HR” ha dichiarato Gianluca Ciralli, CEO e Co-Founder di 7SECONDS. “Noi nasciamo con l’obiettivo di cavalcare questa rivoluzione e accompagnare i professionisti verso il posto di lavoro che sognano, fornendogli tutti gli strumenti per presentarsi al meglio e valorizzare le proprie competenze e capacità. Il fenomeno delle Grandi Dimissioni riguarda principalmente i professionisti più qualificati – quelli a cui ci rivolgiamo noi –  spinti alle dimissioni dal desiderio di lavorare in realtà professionali più stimolanti, di ottenere compensi maggiori e, soprattutto per le nuove generazioni, di trovare un maggior equilibrio tra carriera professionale e vita professionale. 7SECONDS fa proprio questo, analizza le skill di ogni candidato e lo aiuta a posizionarsi nella maniera più distintiva possibile. Abbiamo una squadra di consulenti HR di grandissima esperienza e bravissimi storyteller in grado di trasformare le esperienze professionali in storie di successo, riuscendo così a valorizzare al meglio il talento che risiede in ogni professionista”.

Roberto Pasi, CEO di Beeing: “Ecco il nostro programma per tutelare le api e promuovere l’apicoltura responsabile”

Dall’idea di Roberto Pasi, 34 anni, founder e CEO, e Gabriele Garavini, CTO e co-founder, oggi 37 anni, nasce nel 2017 a Faenza Beeing, start up innovativa che attraverso il suo lavoro vuole mettersi servizio delle api e degli apicoltori.

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3 leve per mantenere attivo il coinvolgimento di dipendenti e collaboratori

Spesso la difficoltà dei manager è quella di mantenere sempre “sul pezzo” i collaboratori o i partecipanti ad un team di lavoro. Come fare quindi per non far calare il livello di attenzione e di coinvolgimento?

HRCOFFEE, startup innovativa che ha sviluppato un nuovo modello di gestione del personale basato su approccio people based (persone al centro) sono tre le leve su cui puntare per mantenere vivo il coinvolgimento dei dipendenti.

“Il mondo HR è una realtà sensibile ai cambiamenti, alla tecnologia e alle emozioni. Non vi sono più percorsi esclusivi, ma inclusivi, i numeri si interfacciano con i sentimenti, i dati con le esperienze, quindi, la funzione delle Risorse Umane nei prossimi anni non deciderà più in base ‘alle persone’ ma ‘alle SUE persone’, creando percorsi di crescita, di valorizzazione e formazione attraverso l’utilizzo del People Analytics” afferma Davide De Palma, CTO e co-founder di HRCOFFEE. “La funzione delle Risorse Umane, oggi,  ha un ruolo strategico all’interno delle organizzazioni. La pandemia ha rivoluzionato gli spazi e la modalità di lavorare e per le aziende è arrivato quindi il momento di allineare comportamenti e obiettivi delle persone alle strategie di trasformazione digitale. Questo significa che i processi HR sono in una nuova fase di transizione, di cambio di paradigma che creerà nuove sfide e nuove priorità, tra queste certamente rientrano la mappatura delle competenze e dei processi di carriera”, prosegue.

Le 3 leve per mantenere vivo il coinvolgimento in azienda

  1. Curare l’employee engagement, ossia  la misura del coinvolgimento del dipendente verso l’organizzazione. Quando un collaboratore si sente coinvolto negli obiettivi dell’azienda e ne condivide i valori è più produttivo. Per questo è importante che la funzione HR attivi dei processi e iniziative interne all’organizzazione che mirino davvero a mettere al centro le persone. In questo modo, il dipendente, percependo il proprio ruolo importante all’interno dell’impresa, si sente parte attiva dell’organizzazione e, a parità di competenze, si dimostrerà più efficiente e collaborativo.
  2. Implementare piani di welfare aziendali. Per welfare aziendale si intendono iniziative e progetti volti a migliorare il benessere dei propri dipendenti e le loro famiglie. Possono quindi essere azioni a sostegno del reddito, ma anche della salute sia fisica che psicologica. La funzione HR, soprattutto in questo particolare momento storico, dovrebbe, ad esempio, prevedere un piano di misure per la conciliazione vita – lavoro calibrate sulle esigenze dell’azienda e dei suoi dipendenti; favorire un clima aziendale di confronto, promuovendo momenti di incontro per aumentare la motivazione e il benessere  aziendale e le pari opportunità, anche grazie al supporto di piattaforme e app aziendali che agevolino e rendano più immediate le interazioni tra colleghi. 
  3. Favorire un ambiente di lavoro digitale. I contesti di lavoro saranno sempre più ibridi, per questo in uno scenario pieno d’incognite è fondamentale per le aziende mettere a fattor comune tutte le abilità e le competenze di cui ogni lavoratore è portatore attraverso l’automazione, i BOT e gli assistenti virtuali. Grazie all’Intelligenza artificiale, infatti la funzione HR  è in grado di individuare le competenze di ogni dipendente assegnando a ciascuno il giusto ruolo all’interno di un meccanismo complesso. Inoltre, grazie ai sistemi digitali e il supporto di algoritmi, è possibile creare uno spazio web per consentire a tutti i dipendenti, anche a coloro che non lavorano in ufficio, di restare connessi e conoscere le novità aziendali.

“Per i Direttori del Personale, così come per gli specialisti nei processi di gestione delle risorse umane e per chi si occupa di People management, creare opportunità per la propria comunità organizzativa oggi è un dato di fatto, nonché un dovere morale, che non può però prescindere dall’aspetto umano. Un’azienda, infatti, funziona e cresce se è in grado di mettere veramente le persone al centro e per farlo sicuramente la tecnologia e più nello specifico il People Analytics è uno strumento importante e indispensabile per il futuro perchè è in grado di esaminare, ad esempio, l’evoluzione delle competenze nel tempo”, conclude De Palma.

Guida autonoma? Sempre più vicina. Ecco l’idea di Social Self Driving

La guida autonoma è sempre meno utopia e più realtà. Le aziende del mondo dell’automotive ci stanno lavorando da anni e quello che fino ad un po’ di tempo fa era considerato fantascienza, ora possiamo tranquillamente definirlo scienza.

Tra le tante realtà che lavorano a progetti di guida autonoma, ora c’è anche “Social Self Driving”, startup innovativa per la guida autonoma, completamente italiana nata da un’intuizione dell’ex ingegnere della Ferrari Luigi Mazzola.

Stando ad uno studio condotto dalla società internazionale di consulenza McKinsey & Company, nel 2030 il 15% delle nuove immatricolazioni sarà rappresentato da auto a guida autonoma e il 55% da vetture a guida semi autonoma. Secondo lo studio nel 2030 vi saranno complessivamente 200 milioni di auto autonome o semi autonome circolanti nel mondo. Numeri che devono far riflettere anche su quello che attualmente è lo stato dell’evoluzione in questo settore.

Cos’è Social Self Driving?

“Con Social Self Driving possiamo personalizzare la nostra auto a guida autonoma ed insegnarle a comportarsi come se alla guida ci fossimo noi. Oppure potremmo farle replicare lo stile di guida del nostro idolo – spiega l’ingegner Luigi Mazzola – e case automobilistiche, piloti professionisti, istruttori di guida sicura, personaggi noti e social influencer possono creare e rivedere i propri programmi di guida personalizzata e promuoverli direttamente in Social Self Driving per il download immediato nel sistema, come un’App qualsiasi”.

Insomma, la nostra auto potrebbe essere in grado di “apprendere” dal nostro stile di guida, andandolo poi a riprodurre in modalità guida autonoma.

“Sebbene il pubblico stia cominciando, poco alla volta, ad abituarsi all’idea di muoversi su auto a guida autonoma – dice Francesco Zanazzi, co-fondatore – la loro completa accettazione è ancora molto lontana e questo rappresenta un potenziale problema per le case automobilistiche che vi stanno investendo. Siamo convinti che la possibilità di interagire maggiormente con queste vetture permetterà di conquistare rapidamente un grande consenso tra i potenziali acquirenti”.

“Social Self Driving – aggiunge Guido Ciapponi, co-fondatore – è stata pensata per essere anche un grande strumento di Fan Engagement. I brand, le case automobilistiche, i team e personaggi sportivi, oppure ancora chiunque nel mondo dello spettacolo abbia la necessità di consolidare la relazione emozionale con il proprio pubblico di appassionati, potrà beneficiare di questo grande mercato che sta per nascere”.

Il brevetto per questo sistema è stato registrato il 22 aprile scorso e la start up sta per iniziare il primo round di finanziamenti per partire con lo sviluppo.

Come funziona?

Il sistema si appoggia alle dotazioni hardware e software solitamente già presenti sulle auto con differenti livelli di guida assistita o autonoma e li va ad integrare. Sensori di angolo di sterzo, di coppia applicata allo sterzo, di velocità di sterzata, di azione sui pedali di acceleratore e freno, di angoli di imbardata, rollio e beccheggio, di accelerazione laterale e longitudinale.

Ai sensori si aggiunge il software di elaborazione dei segnali visivi, sonar e radar che permette ai mezzi di acquisire le informazioni sulla situazione ambientale circostante. Attraverso la registrazione dei dati effettuata su questi sensori, viene profilato uno stile di guida. Il guidatore del mezzo a guida autonoma o semi autonoma potrà successivamente impostare questo profilo di guida.

NoWave e Offtopic, l’imprenditoria rivoluzionaria dei fratelli Mauro e Roberto Piras

L’imprenditoria italiana si sa, nasce creativa nel DNA, ma con Mauro e Roberto Piras, nati sardi, piemontesi d’adozione, entrambi under 35, il sogno è di risolvere problemi concreti e rispondere alle esigenze di una fetta di mercato che ha iniziato a seguire nuove regole e abitudini di vita.

Due le realtà create nel corso degli ultimi anni: la recente start up Offtopic, specializzata nel commercio di prodotti per il viso e i capelli in pura seta testata Oeko-Tex, confezionati in packaging completamente riciclato e riciclabile, e NoWave, che propone occhiali schermanti anti-luce blu, con lenti da graduare, adatti per tutti coloro che passano le ore davanti allo schermo di PC, telefono o tablet.

Il desiderio di fondo è stato quello di realizzare prodotti concreti capaci di risolvere problemi reali, unendo tra loro design e funzionalità; fil rouge del percorso imprenditoriale di Mauro e Roberto Piras, che dopo qualche anno da dipendenti hanno deciso di spiccare il volo e diventare imprenditori.

Cos’è la luce blu: il problema risolto con NoWawe

Spieghiamo bene cosa significa guardare – nel vero senso della parola – a un problema e cimentarsi nel risolverlo: quando si parla di luce blu e dei suoi effetti dannosi, ci si riferisce alla luce emessa dai dispositivi come smartphone, tablet, TV e PC. La luce blu emessa da questi dispositivi ha una corta lunghezza d’onda e presenta dunque una più elevata frequenza ed energia: tecnicamente invisibile poiché compresa tra i 380 nm e i 500 nm, influisce direttamente e pericolosamente sulla produzione della melatonina, interferendo con l’orologio biologico e il ritmo sonno-veglia. Gli effetti sull’occhio sono rossore, occhi irritati, secchezza oculare, stanchezza visiva; sull’organismo insonnia, mal di testa, cali di concentrazione; nel lungo periodo maculopatia, miopia, cataratta.

I benefici della seta: la risposta di Offtopic

I benefici della seta sono un segreto di bellezza da migliaia di anni, con le sue proprietà la seta garantisce benefici immediati per pelle e capelli. Per mantenere una pelle liscia e luminosa è necessario fare attenzione all’alimentazione, a non fumare e…scegliere su dove farla riposare. Trascorriamo oltre 1/3 della nostra vita a dormire per tale motivo è indispensabile scegliere con attenzione il tessuto sul quale dormire. La seta, a differenza del cotone e di altri comuni tessuti, con la sua superficie liscia riduce al minimo l’attrito con il tuo viso e questo impedisce la formazione delle “pieghe da sonno” che nel medio-lungo periodo possono trasformarsi in vere rughe e segni sulla pelle antiestetici. Inoltre, oltre ad essere un anti-aging naturale,non assorbe lozioni e umidità della pelle, rende i capelli sani rendendoli non crespi fino ad impedirne la formazione delle doppie punte.

Intervista a Mauro Piras

Com’è nata l’idea degli occhiali che risolvono il problema della luce blu?

Nel 2016 il mercato della luce blu era costituito solo da ottiche e da alcune aziende cinesi che vendevano occhiali anti-luce blu su Amazon. Si passava dunque da un estremo all’altro: o occhiali cheap di qualità molto economici o occhiali di fascia alta, performanti, ma si parlava e si parla a tuttora di un costo da € 300 in su. La mia idea è stata quella di introdurre sul mercato italiano un occhiale che coniugasse l’estetica e il design delle montature con delle lenti anti luce blu di qualità ad un prezzo accessibile al pubblico. Stiamo infatti parlando di € 60 al pubblico.

Cosa significa invece avere la certificazione Oeko-Tex di Offtopic?

La certificazione Oeko-Tex, l’ente internazionale di riferimento che testa e certificata i tessuti prima di essere immessi in commercio, è una delle certificazioni più importanti per il tessile e certifica che i tessuti sono stati trattati senza sostanze chimiche nocive. Per noi questo è molto importante, perché ci teniamo a garantire alla nostra clientela prima di tutto la qualità dei prodotti, in Offtopic così come in NoWave. Questa certificazione, per noi, è una garanzia di qualità, un modo per guadagnarci la fiducia del consumatore. Un tessuto di qualità sicuro anche per la salute.

Lei ha dichiarato di aver reso accessibile a tutti qualcosa che prima era un lusso. Ci spiega come?

L’accessibilità di un prodotto di qualità al grande pubblico è una cosa che accomuna sia NoWave che OffTopic e siamo riusciti a mettere sul mercato degli occhiali anti-luce blu e, adesso con OffTopic, delle federe di seta a un prezzo accessibile al pubblico, entrambi a 60 euro, perché praticamente andiamo a tagliare tutti gli intermediari che ci sono tra la fabbrica produttrice e il cliente finale.

Che cosa significa, per voi, avere una relazione diretta con il cliente?

Significa non avere intermediari, avere il pieno controllo sulle spedizioni dei prodotti, poterci confrontare con il nostro cliente, sentire direttamente le sue esigenze e poterlo interpellare nella scelta dei nuovi prodotti. Infatti, siamo molto attivi anche sulla nostra pagina Instagram, dove facciamo sondaggi e interpelliamo i nostri followers per capire le loro preferenze.

Unire design e funzionalità, questa la vostra mission. Perché?

Ci teniamo che i nostri prodotti siano innanzitutto utili, che risolvano un problema concreto e quotidiano, ma che siano anche esteticamente piacevoli ed eleganti. Sia negli occhiali NoWave che negli accessori in seta Offtopic abbiamo ricercato questo binomio, facendo sposare le forme pulite e lineari con l’utilità di un oggetto di uso comune.

Se l’idea è di risolvere problemi con un denominatore comune che unisce design e funzionalità, non è da trascurare come entrambe queste due realtà stiamo rispondendo ad una gestione digital di grande successo. In soli 5 anni di attività, NoWave ha raggiunto 60.000 clienti e conta 14.000 followers su Instagram, mentre Offtopic, nata meno di un anno fa nell’ottobre 2020, vanta già 4000 clienti e più di 2000 followers su IG, con una community sempre più appassionata e attiva. E’ Roberto, l’altro fratello Piras che, grazie all’esperienza pregressa con Social Media Manager, sta guidando sagacemente verso una direzione di successo tutti i canali Social.

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Intraprendere un progetto innovativo: 4 consigli top

Fare impresa oggi non è semplice, fare impresa che sia innovativa lo è ancor meno. Ecco perché Officine Innovazione, società di Deloitte specializzata in innovazione, ha condotto un’indagine con la collaborazione del network di SMAU su più di 130 aziende – tra cui startup, PMI e Corporate – che hanno sviluppato un progetto innovativo sul territorio italiano, per capire quali siano i passi che un’azienda deve fare per far sì che intraprenda un progetto davvero innovativo, da cui sono emersi 4 consigli da seguire.

4 consigli da seguire per realizzare un progetto innovativo

  • Quasi 1 azienda su 2 (46%) ha fatto emergere come prima sfida la definizione di un business model efficace.

Questo soprattutto per le PMI e le grandi aziende, in cui la percentuale di rispondenti sale quasi al 60%. Il business model è ritenuto elemento essenziale nel rendere scalabile la propria idea e trasformarla in un business remunerativo, oltre che nell’identificazione della value proposition.

  • Il 35% del campione messo in evidenza la necessità di creare un network,ossia mettere insieme le giuste connessioni per accedere alle risorse, umane e finanziare, e trovare dei partner chiave per guidare lo sviluppo del proprio prodotto e l’accesso al mercato.

Il bisogno di un network consolidato, come mostra evidenzia lo studio, si intensifica una volta superata la fase iniziale. E se non si riesce a soddisfarlo, sarà difficile stringere quelle relazioni che permettono di far crescere il proprio progetto innovativo.

  • Comprendere le reali esigenze del mercato nel quale ci si va ad inserire è fondamentale.

Vendere un prodotto che non serve, che non soddisfa le esigenze del proprio mercato di riferimento ed è il primo motivo per cui un’azienda fallisce, come sottolineato da 1/3 dei rispondenti (33%).

  • Come per tutte le imprese, risulta indispensabile una buona gestione delle risorse finanziarie.

Il quarto elemento sfidante per superare la fase di ideazione e progettazione è la gestione delle risorse finanziarie, come confermato dal 29% del campione. Ovviamente se è importante per una grande impresa, lo è ancor di più per una startup.

“Che vino”! E che storie! Dietro c’è una bella start up…

Nasce come una start-up ma in realtà offre molto, molto di più. “Che Vino!” riunisce il mondo del vino di qualità italiano. Quello di nicchia, quello dei piccoli produttori, quello delle bottiglie numerate, quello del biologico, insomma riunisce il mondo del vino da scoprire. Perché accanto al vino c’è anche la scoperta dei piccoli produttori locali, c’è la storia di come questo nuovo vino nasce e si trasforma, c’è la cultura perché solo con la scoperta si può accrescere la propria cultura. E poi, ultimo aspetto ma non da meno, c’è la solidarietà. L’idea nasce dalla mente di Giuseppe Trisciuoglio, appassionato ed esperto di vino, dalla sua compagna Federica Piersimoni, tra le più famose travel blogger d’Italia, e da Elio Maria Piersimoni, con competenze e importanti esperienze nel food.  

Federica Piersimoni - Giuseppe Trisciuoglio - Elio Maria Piersimoni

Delivery e non solo

“Che Vino!” oltre al servizio delivery propone solo etichette esclusive e selezionate e rigorosamente italiane. www.chevino.club è attivo a livello nazionale e la vendita online di vini selezionati è il core del nuovo servizio. L’idea, però, va oltre il delivery ed è proprio questo che caratterizza quest’azienda. 

Il progetto risponde alle esigenze dei produttori, confrontando il meglio delle piccole e medie aziende vinicole locali, e punta non solo a fornire una vetrina alle cantine italiane, ma soprattutto a far crescere tra i consumatori la cultura del vino e la conoscenza dei territori, valorizzando luoghi unici e straordinari. 

Non solo si vende vino, ma si raccontano storie

Su “Che Vino!” non sarà possibile trovare tutti i produttori d’Italia, ma solo una selezione di vini unici. L’azienda investe costantemente nella ricerca di viniche seleziona e mette in vendita. Il consumatore potrà scoprire prodotti e cantine che altrimenti farebbe fatica a conoscere. Il target non sono solo le persone appassionate di vino e food, ma anche chi non è un esperto e vuole farsi guidare alla scoperta di un mondo di profumi, sapori e storia.

Un portale, tre servizi

Al consumatore sono proposti diversi servizi. Oltre a “Che Vino!”, la start up offre anche “Che Box!”, un abbonamento mensile che propone, ogni mese, tre bottiglie, a sorpresa, di un produttore selezionato e una scheda che racconta la storia della cantina e dei suoi vini. Questo servizio unisce la qualità del vino Made in Italy con la social responsibility. Ogni box presenta un prodotto diun’azienda italiana impegnata nel sociale. Per esempio una borsa realizzata con tessuti eco della Tanzania, un panettone prodotto dai carcerati o, ancora, la pasta con farine di grani antichi macinati da un vecchio mulino. Per un’occasione speciale, un anniversario o per un regalo di Natale, invece, c’è “Che Regalo!”: un box in cui le bottiglie sono avvolte da un’elegante velina rossa, che prevede la possibilità di inserire un biglietto personalizzato.

Solo made in Italy

“I nostri prodotti enologici sono unici così come le nostre regioni, i nostri terreni, il nostro clima. Desideriamo raccontare la nostra italianità”, dice Giuseppe Trisciuoglio. “Che Vino!” propone ai clienti anche abbinamenti tra i vini e i piatti delle diverse regioni di produzione per offrire idee nuove e gustose per le cene con gli amici, i pranzi in famiglia o anche solo per il puro piacere personale di abbinare ottimi vini a piatti regionali. E, naturalmente, per esaltare ancora di più il vino acquistato.

“Investire sul vino – spiegano i fondatori – significa raccontare un territorio, una storia. A noi piace relazionarci con le persone, non con le aziende. Che Vino! vuole essere un’occasione per i consumatori, per dare loro nuove chiavi di lettura e di avvicinamento al vino attraverso esperienze emozionali. Vogliamo farli sentire parte di un mondo che possono vivere come proprio”.