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Talent Trends Report di Randstad Sourceright: 10 consigli per mantenere i talenti in azienda

Nei prossimi mesi le aziende investiranno per attirare i talenti, meno per trattenerli. Questo emerge dal Talent Trends Report di Randstad Sourceright.

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Tenere e attrarre talenti in azienda: il salario è importante, ma non è l’unico fattore

Il mito del posto fisso? Le aziende italiane vogliono attrarre (e mantenere) i propri talenti. Secondo uno studio di Infojobs, per il 41,1% delle aziende la sfida da vincere in questo momento è quella di attrarre e trattenere i talenti, per riuscire ad essere competitivi in un mercato davvero impegnativo, che viene da due anni e più di pandemia. Questo il dato più interessante dell’indagine InfoJobs Trend HR 2022 (realizzata fra dicembre 2021 e gennaio 2022 su un campione di 180 aziende attive sulla piattaforma, in tutta Italia).

I programmi delle aziende per essere competitive

Dall’Indagine InfoJobs Attraction & Retention (svolta, invece, fra giugno e agosto 2022 su un campione di 208 aziende attive sulla piattaforma, in tutta Italia e 1334 candidati, dai 18 anni in su) è arrivata la conferma anche da parte delle PMI. Nei primi sei mesi di quest’anno, il 60,1% delle aziende italiane ha riscontrato un numero maggiore di dimissioni rispetto al 2021, contro un 34,1% che non ha notato differenze ed una piccola parte (5,8%) che invece sostiene che le difficoltà del mercato del lavoro abbiano ridotto il numero dei dimissionari.

Quali sono i motivi di questo fenomeno? Secondo gli HR sono diversi i fattori che hanno inciso. Anzitutto,una nuova consapevolezza delle priorità e un ritrovato coraggio di cambiare lavoro per seguire aspirazioni e desideri da parte dei professionisti (30,3%) e, per il 29,8%, la ricerca di nuove opportunità di carriera e di un miglior bilanciamento tra vita privata e professionale, soprattutto da parte dei giovani. In che modo hanno risposto le aziende a questa nuova tendenza? C’è da rilevare che è ancora alta la percentuale di aziende (30,4%) che dichiara di non intraprendere azioni concrete per trattenere i talenti, anche se, la maggior parte (69,6%) afferma, invece, di avere programmi ad hoc. Prima tra tutte con il 45,9%, è previsto il pacchetto welfare aziendale: formazione continua e per tutti, lavoro agile, benefit e percorsi di crescita; seguono l’impegno per un modello organizzativo meno gerarchico e più partecipativo (37,6%), percorsi di carriera chiari e concreti (33,8%), percorsi di formazione professionale (33,1%), e, infine, attività di team finalizzate alla costruzione di un clima collaborativo e di fiducia (27,1%). 

Chi non ha programmi per attrarre talenti dichiara di avere all’attivo azioni per trattenerli: il 73,4% sta lavorando affinché a breve vi siano soluzioni per tenere maggiormente ingaggiati i dipendenti. E mentre il 17,9% ne sottolinea il fattore economico, in questo momento non sostenibile dall’impresa, solo l’8,4% non ritiene necessario adoperarsi per i talenti già presenti in azienda. Chi invece vuole attrarre talenti punta su un percorso di carriera concreto (44,5%), flessibilità oraria e  possibilità di lavorare in smart working (26,6%), formazione professionale gratuita, che va dalle lingue al tech (24,2%), infine pacchetti welfare per dipendenti e familiari (21%) e stipendi sopra la media e benefit in senso ampio, dal parcheggio ai buoni pasto (18%). 

Secondo gli HR intervistati, per sottrarre talenti si utilizza in primis il fattore economico (60,2%), seguito dalla prospettiva di un migliore equilibrio vita privata-lavoro (17,2%), una reale possibilità di carriera (11,7%) e il caring dei dipendenti (10,9%). 

Cosa ne pensano i lavoratori

Secondo lo studio, c’è da registrare un generale malcontento: infatti, l’80,9% dei rispondenti non consiglierebbe a un amico/conoscente, che svolga un lavoro simile al proprio, l’azienda per la quale lavora a causa dell’ambiente di lavoro poco stimolante (52,1%) o di stipendio e benefit poco soddisfacenti (28,8%).

Per il 66,7% dei dipendenti rispondenti non si sente valorizzato dalla propria azienda, contro un 27% che, seppur apprezzi i riconoscimenti dell’azienda, pensa che il datore di lavoro possa e debba fare di più per i propri dipendenti. 

La situazione difficile è dovuta in primis dalla sensazione di non vedere un giusto percorso di crescita professionale, soprattutto quando si assiste alla decisione di assumere risorse esterne all’azienda anziché promuovere e valorizzare le potenzialità di quelle interne (37,6%). Il 27,5% evidenzia le possibilità di crescita non per tutti, quindi riservate esclusivamente a particolari figure professionali, ma uno speranzoso 12,5% prevede maggiore attenzione per questa tematica nel prossimo futuro. Di contro c’è chi percepisce l’impegno dell’azienda nel fornire possibilità di carriera e percorsi di formazione, ma ne lamenta la poca comunicazione interna (16,3%), solo il 6,1% riconosce all’azienda il suo impegno nel proprio percorso di crescita professionale interno in azienda.

Dipendenti e aziende sono d’accordo su un aspetto: la parte economica ancora oggi continua ad avere un peso rilevante nelle scelte. Il 52,7% infatti conferma che la propria soddisfazione migliorerebbe a fronte di un salario più adeguato alle competenze e in crescita nel corso degli anni, parallelamente a un percorso di carriera ben sviluppato. 

La visione del futuro

Come si ipotizza possa evolvere la situazione nei prossimi 5 anni? I candidati si vedono impegnati nella ricerca del nuovo, spinti dalla voglia di imparare e di crescere (41,7%), o nei panni di imprenditore o di chi ce l’ha fatta a raggiungere il proprio sogno professionale da dipendente (37,2%), o ancora in un’azienda più affine alle proprie caratteristiche, nonostante il lavoro attuale piaccia (13,2%), mentre solo il 7,9% si vede nella stessa azienda, di cui apprezza l’ambiente di lavoro e l’attenzione ai dipendenti, ma in una posizione di maggiore responsabilità.

Filippo Saini, Head of Job di InfoJobs, afferma: “In un mercato fortemente competitivo e attraversato dal cambiamento, la capacità di essere attrattive per i nuovi potenziali collaboratori e per i dipendenti deve essere considerata dalle aziende tra le principali leve strategiche per la crescita. Gli investimenti sulle persone, pertanto, hanno assunto una rilevanza centrale. Non più, o non solo, una retribuzione soddisfacente, ma anche prospettive di crescita, formazione e visione strategica della dimensione futura, unite a un buon bilanciamento tra vita lavorativa e privata. Dal nostro punto di vista di realtà che unisce domanda e offerta, crediamo che l’attuale momento storico rappresenti una grande opportunità per la costruzione di modelli di collaborazione e ambienti di lavoro che rispondano efficacemente alla nuova sensibilità e alle sfide del futuro di tutte le parti sociali”.

Dalla laurea all’azienda, un percorso d’eccellenza attraverso l’Incubatore di Talenti del Forum della Meritocrazia

Quando un giovane laureando si appresta alla preparazione della tesi e all’uscita dal mondo accademico, numerosi sono i dubbi sul proprio futuro e con essi i passi che per molti manager sono dati per scontato: dalla stesura di CV alla lettera di presentazione, da come approcciare il mondo lavorativo, che sia industriale, di ricerca o imprenditoriale poco importa, fino a compire delle scelte cercando di mantener fede a chi è, ai propri desideri e a ciò che merita.

È per questo, in seno a un’associazione no profit ben più vasta nata nel 2011 e denominata Forum della Meritocrazia per l’appunto, che è nato il percorso Incubatore di Talenti.

A target giovani neolaureati e laureandi che si affacciano per la prima volta al mondo del lavoro, il percorso ha come obiettivi di essere “ponte” tra le istituzioni formative e mondo professionale, diffondere il valore di percorsi individuali basati sul merito oltreché generare inclusione e valore sociale.

Programma completamente gratuito, è pensato per produrre un impatto sociale positivo perché, nella realtà socio-economica di oggi, i giovani laureati soffrono spesso di difficoltà di inserimento, benché dotati di alto potenziale di innovazione e pronti a costituire un impiego qualificato. 

Come si articola il programma

I partecipanti al percorso, i mentee, saranno accompagnati da un mentor e avranno l’opportunità di venire a contatto col mondo del lavoro grazie alle parole e all’esperienza di chi lo conosce profondamente, e saranno sostenuti per realizzare una scelta consapevole del proprio futuro professionale.

I giovani selezionati prenderanno parte a un’esperienza formativa di valore: si confronteranno e si eserciteranno col proprio mentor sulle skill fondamentali per l’employability odierna, oltre a ricevere i primi feedback sulla propria preparazione e sulle proprie competenze professionali. Il percorso prevede, inoltre, la possibilità di partecipare a incontri e webinar su temi fondamentali per la crescita professionale: come costruire un proprio network, come parlare di sé online, come progettare passo dopo passo la propria carriera professionale.

Grazie all’Incubatore di Talenti, sarà possibile apprendere un approccio al lavoro per valorizzare il proprio potenziale, progettare un piano di formazione e di carriera individuale con obiettivi di lavoro, di apprendimento e di sviluppo personale, creare un proprio network di contatti professionali senior e di aziende, ridurre il senso di disorientamento e dispersione dopo gli studi svolgendo il programma in un ambiente positivo e motivante; condividere il proprio profilo con le aziende partner, attraverso le piattaforme del Forum della Meritocrazia.

Chi sono i Mentor

I mentor sono professionisti senior che organizzano il progetto in tutte le fasi e si affiancano ai giovani partecipanti in percorsi di mentoring individuale, oltre che nei momenti di apprendimento collettivo. L’impegno dei mentor è un atto di “giveback” valoriale e meritocratico, che i mentor dedicano al progetto su base volontaristica e per convinzione negli ideali meritocratici.

Il gruppo di mentor che si impegna nel progetto Incubatore dei Talenti costituisce un patrimonio di grande valore umano e professionale al servizio dei giovani laureandi e neolaureati, e della collettività che beneficia di una società che – grazie al loro impegno – è un po’ più meritocratica: sono di fatto un gruppo di professionisti accomunati dal valore della meritocrazia.

Partnership con aziende, università e associazioni alumni

Le aziende partner potranno beneficiare di “talenti” e di occasioni per metterli alla prova attraverso un processo che permetterà di valutare il “saper fare” del candidato grazie a una formula non vincolante per l’azienda stessa (il rapporto di collaborazione è mediato dal programma). Potranno inoltre suggerire attività e valutare i programmi proposti, oltreché offrire il programma ai figli dei dipendenti che ricadessero nel target dei mentee. 

Gli enti formativi aggiungeranno un nuovo segmento alla preparazione offerta ai loro studenti ricevendo feedback da parte delle aziende; le fondazioni e le associazioni sosterranno un programma che genera valore aggiunto sociale.

Università e associazioni alumni aggiungeranno un nuovo segmento all’offerta di servizi di orientamento in uscita, e un percorso di formazione concreto che mira a rendere professionali le competenze che servono oggi per l’ingresso nel mondo del lavoro.

10 trend nella gestione dei talenti per il 2021

Le tendenze nel mondo del lavoro cambiano con una velocità impressionante ed anche le aziende cominciano ad interrogarsi su cosa attira i talenti in quest’epoca così particolare. Profili agili, capaci di lavorare in autonomia e per obiettivi e dotati di competenze trasversali, per gestire imprevisti e cambiamenti senza esserne travolti, e digitali, per poter operare e collaborare da remoto con successo. Ma non solo: ciò che crea valore per i talenti dell’era Covid-19 è costruire un’esperienza aziendale.

Il Talent Trends Report di Randstad Sourceright, società di Randstad, primo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane – ha individuato i 10 trend nella gestione dei talenti per il 2021 attraverso un sondaggio condotto su 850 C-suite, responsabili HR e delle strategie per l’acquisizione dei talenti di 17 paesi, che ha indagato le tendenze più importanti in questo ambito nelle organizzazioni.

“La strategia della forza lavoro non è mai stata così importante per i risultati aziendali come in questo momento – afferma Fabio Costantini, Chief Operations Officer Randstad Hr Solutions –. La diffusione del lavoro da remoto permette di selezionare candidati senza confini, ma aumenta la competizione per attrarre i talenti agili, in grado di far fare il salto di qualità alle imprese grazie al mix di competenze tecniche e soft. Per vincere la competizione le aziende devono creare una talent strategy che risponda alle nuove domande emerse dalla crisi sanitaria, come l’attenzione al benessere dei dipendenti, l’inclusione e lo sviluppo e riqualificazione professionale, e che al tempo stesso sfrutti le potenzialità del digitale per migliorare la produttività e i processi di selezione”.

10 trend che vanno per la maggiore

1 – Focus sulle competenze, non sulle mansioni. Il 76% dei C-level e degli human capital leader intervistati in Italia cerca lavoratori agili (un punto in meno della media globale), in possesso di competenze trasversali che possano essere utili in diverse aree aziendali. Una strategia che prevede un mix di inserimenti temporanei e permanenti per avere maggiore flessibilità e resilienza nei momenti di necessità.

2 – Flessibilità per adattarsi ai cambiamenti. Un anno di lavoro da remoto ha cambiato la visione dell’equilibrio fra lavoro e vita privata. Ecco quindi che restare flessibili, anche quando l’emergenza sarà rientrata, può essere un’arma in più per attrarre i talenti, come rivela il 64% del campione internazionale, oltre che per adattarsi meglio a una situazione fluida e in costante cambiamento. Un’idea che è più condivisa all’estero che in Italia: il 66% dei C-lever e degli HR italiani sta considerando una politica di lavoro da casa permanente, contro l’80% della media globale, e solo il 52% ritiene che la forza lavoro sia altrettanto o ancora più produttiva lavorando da casa.

3 – Più attenzione a salute e benessere dei lavoratori. Nel considerare le offerte di lavoro, i talenti danno priorità alla sicurezza e alla salute e le aziende che non soddisfano queste aspettative non riescono ad attrarre i talenti migliori. Benefit come orari flessibili, ambienti di lavoro più sicuri e maggiore autonomia sono fattori importanti per stimolare l’impegno dei talenti: secondo il 62% del campione internazionale offrire un programma di wellness è molto importante per attirare i candidati. I datori di lavoro che offrono un sostegno globale ai lavoratori stressati avranno probabilmente a disposizione una forza lavoro più sana e produttiva.

4 – Più produttività con la trasformazione digitale. Nel 2020 il digitale ha consentito alle imprese di garantire la continuità di business e ai lavoratori di restare produttivi, operando e collaborando da remoto. Accelerare la trasformazione digitale aziendale per migliorare collaborazione e connettività sarà un fattore chiave anche nel 2021. Occorre continuare a investire in tecnologie migliorative e indagare quali sono le più utili e apprezzate dai talenti, ad esempio promuovendo delle “pause caffè virtuali” e sessioni faccia a faccia per stimolare l’innovazione. In questo ambito gli HR italiani sono più attivi dei colleghi all’estero, con il 71% che sta investendo in tecnologie digitali per migliorare la talent experience sul lavoro (contro il 47% della media globale). 

5 – Analizzare i talenti con i dati. Il digitale può anche facilitare e ottimizzare le decisioni su eventuali assunzioni o sulla gestione del personale. Raccogliere e analizzare informazioni sulla salute, sulla ritenzione dei talenti e sull’ubicazione dei lavoratori può aiutare a prendere decisioni in risposta all’emergenza sanitaria, ad esempio per misurare il livello di stress dei dipendenti e adottare le opportune contromisure. L’82% dei C-level italiani prevede di effettuare corsi di formazione sull’analisi dei dati, contro il 46% dei colleghi all’estero, che però già in un caso su cinque hanno iniziato a investire nell’analisi dei talenti in seguito alla pandemia.

6 – Formazione contro la scarsità di talenti. Il 36% dei rispondenti italiani ha individuato nella scarsità di talenti uno dei punti più deboli della propria organizzazione (40% la media globale). La competizione per inserire i migliori talenti sul mercato è sempre più accesa e non sempre le imprese riescono a reperire all’esterno le competenze di cui hanno bisogno. Un’alternativa può essere coltivare i talenti già presenti in azienda predisponendo piani di formazione e riqualificazione professionale sulle competenze digitali e interpersonali. Lo ha già fatto un HR su cinque a livello internazionale. 

7 – La supply chain dei talenti senza confini. Con l’emergenza Covid19 la percentuale di dipendenti da remoto è quasi raddoppiata, passando dal 26% al 50%, mentre i talenti esterni all’azienda in smart working sono saliti dal 28% al 44%. Il lavoro agile da accesso a un bacino di talenti potenzialmente senza confini, ma per sfruttarlo bisogna utilizzare la market intelligence, i dati sulla forza lavoro e l’esperienza locale per comprendere la disponibilità di talenti e sviluppare capacità più sofisticate di ricerca e selezione dei profili.

8 – Una cultura dell’inclusione e della diversity – Un’altra tendenza in crescita è l’attenzione dei talenti per le politiche aziendali sulla diversity e l’inclusione sul posto di lavoro, sulle quale aumentano le aspettative di un vero cambiamento. Le direzioni HR lo hanno compreso e si stanno muovendo: l’80% ritiene molto importante disporre di una strategia della diversity e dell’inclusione per attrarre e trattenere i talenti (l’86% in Italia), il 68% l’ha già realizzata e il 27% la sta pianificando. Anche su questa fronte la tecnologia può dare una mano, utilizzando i dati per informare sul livello di inclusività dei processi di recruiting e sviluppo della leadership e le gli strumenti digitali per rendere la ricerca e selezione dei candidati più eque.

9 – Una forza lavoro riqualificata e sostenibile – Durante la crisi sanitaria sono cambiate le modalità di lavoro, il digitale è diventato pervasivo ed è emersa la necessità di nuove competenze. Le imprese stanno prendendo consapevolezza della necessità di riqualificare rapidamente la forza lavoro per metterla nelle condizioni di operare in diverse aree di business e affrontare l’evoluzione del mercato, attraverso strategie di micro-apprendimento che incentivino il personale a investire in formazione in proprio o tramite piattaforme aziendali. Il 100% dei C-level e human capital leader italiani intervistati ritiene che le aziende dovrebbero essere responsabili della riqualificazione dei propri dipendenti (+8% rispetto alla media globale), il 46% del campione internazionale sta puntando sul miglioramento delle soft skill, il 43% sulla capacità di lavorare e dirigere da remoto.

10 – Costruire una talent experience coinvolgente. Migliorare la soddisfazione del personale sul lavoro è una sfida sempre più complessa, fra processi di selezione e inserimento diventati virtuali e le difficoltà di gestire i dipendenti in esubero, ma fondamentale per mantenere una buona reputazione aziendale. Per tre HR su quattro (75% media globale e 76% in Italia) le aspettative dei talenti nei confronti del datore di lavoro sono in continuo aumento e con l’arrivo del Coronavirus costruire una talent experience è diventato un fattore sempre più critico (63%). È importante seguire e coinvolgere i candidati in ogni fase del loro percorso in azienda per comprendere se l’esperienza coincide con le aspettative. 

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