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Perché cambiare lavoro? Ecco i motivi più comuni che spingono a cercare alternative

Perché cambiare lavoro? Beh, le risposte possono essere tante e tutte personalissime. Si cambia lavoro per guadagnare più soldi, per questioni di incompatibilità. per ragioni famigliari… Insomma ognuno ha la sua motivazioni. Queste sono state raccolte uno studio di Glickon, azienda italiana specializzata in People Experience e Analytics, presenta i dati dell’Osservatorio sul lavoro che offrono uno spaccato sulle motivazioni che portano le persone a cambiare occupazione.

Perché si cambia lavoro?

Secondo lo studio, l’assenza di prospettive rimane al primo posto (20,5%) ma registra un notevole calo rispetto al dato dell’anno precedente (32,5%), la retribuzione non soddisfacente assume un minore rilievo scendendo dal 14% al 4,3%. Che cosa incide allora in maniera crescente sulla decisione di cambiare lavoro? L’equilibrio tra vita privata e lavoro è sempre più importante: se un anno fa solo il 3,7% dichiarava come un miglior work-life balance rappresentasse una ragione importante tra quelle che portano a cercare un’occupazione diversa, oggi la percentuale è salita al 7,2.

La sicurezza della posizione ricoperta, infine, è uno stimolo non indifferente alla ricerca di un nuovo lavoro solo per il il 4% degli intervistati.

Cosa cercano i lavoratori?

L’obiettivo principale di coloro che scelgono di cambiare è quello di trovare un’organizzazione che abbia una cultura aziendale stimolante (24,6%). Il 12,4% dei lavoratori, infatti, aspira a trovare, con la nuova occupazione, anche un migliore work-life balance e il 9,5% prospettive di carriera più allettanti. Infine, l’11% del campione intervistato afferma che ciò che rende appetibile il lavoro in un’azienda è che questa sappia offrire un’esperienza di lavoro sfidante.

Tutto questo considerando un dato che è certamente non trascurabile: circa 1/3 della nostra vita la trascorriamo al lavoro: in tutto circa 90.000 ore… Le aziende sono sempre più consapevoli che i loro risultati economici sono dipendenti in buona parte dalla qualità dell’esperienza che sono in grado di offrire ai propri clienti, ma ancora prima ai loro collaboratori.

“Il lavoro ibrido, o qualsiasi altra definizione si voglia dargli, è un sistema giovanissimo, frutto di una mossa istintiva in reazione alla pandemia, tanto giovane da dover essere ancora generato, nella maggior parte dei casi, da persone che ancora non sono entrate nel mondo del lavoro. Dopo tanti tentativi capiremo che non sono le giuste condizioni che generano una buona esperienza di lavoro, ma sono le persone che hanno il potere di vivere o meno una buona esperienza di lavoro” – commenta Filippo Negri, CEO e cofounder di Glickon. “Si può disegnare questo nuovo mondo in maniera sostenibile solo con una nuova intelligenza, una combinazione di tecnologia e sapere umanistico. Intelligenza artificiale, algoritmi di Natural Language Processing, tecniche di Sentiment Analysis, insomma tutto quello che, attraverso la tecnologia, sembra portarci più lontano dalla realtà e dalle persone paradossalmente sarà la merce più preziosa per renderci capaci di guardare al lavoro a partire dalle cose più semplici, come le storie personali di ciascuno di noi”.

Ripartire tenendo conto di fattori come felicità e benessere lavorativo

I mesi di lockdown ci hanno profondamente segnato e hanno cambiato probabilmente in modo permanente la nostra concezione di lavoro. Ma da dove e da cosa si può ripartire per ripartire al top?

Lang&Partners, Younique Human Solutions, società di consulenza HR italiana specializzata in scouting e coaching, con particolare attenzione ai temi della Diversity & Inclusion e allo sviluppo di progetti speciali, sulla base delle richieste ricevute in questo primo semestre del 2020 ha rilevato quanto il lockdown vissuto in questi ultimi mesi abbia portato i dirigenti e i manager a fare delle valutazioni diverse rispetto al passato. Ad esempio, felicità e benessere lavorativo sono ora elementi chiave nella ricerca della migliore produttività.

Creare un ambiente di lavoro in cui il dialogo e l’interessamento da parte dei vertici per le esigenze dei lavoratori, può ridurre al minimo lo stress lavorativo, che è una tra le prime cause di produttività negativa.

L’importanza di un coach che possa capire le esigenze

Per il 25% dei Manager e CEO è essenziale la presenza di coaching relativi a fattori come “Happiness at work e benessere psicologico dei dipendenti” per cercare di comprendere meglio le esigenze dei collaboratori ed aumentare la produttività degli stessi: un leader oggi deve avere competenze sempre più trasversali e deve essere in grado di sviluppare la così detta e-leadership, ossia la capacità di utilizzare al meglio le tecnologie digitali, di introdurre innovazioni digitali nella propria azienda e di essere in grado di garantire ai dipendenti le giuste strumentazioni e la formazione necessaria per essere al passo con l’evoluzione digitale che si sta attraversando, soprattutto in questi mesi, nei quali si assiste all’affermazione di modalità di lavoro a distanza, come lo smartworking. 

Inoltre, il 30% delle aziende chiedono supporto nello sviluppo di progetti di Diversity&Inclusion, fanno comprendere quanto attuale e sentito sia questo tema e quanto le aziende stiano iniziando a prenderne consapevolezza. Altro fattore importante da considerare è la leadership femminile. Le donne non sono ancora considerate nel modo giusto per quel che concerne i ruoli dirigenziali e l’Italia, per quel che riguarda la presenza femminile ai vertici, si posiziona molto in basso rispetto alla media europea: solo 2 dirigenti su 10 sono donne. Qualcosa però inizia a muoversi e si registra un interesse molto forte, unito ad un’accresciuta sensibilità, verso la leadership inclusiva e i bias nel recruitment: le aziende stanno vivendo un vero e proprio ricambio generazionale e di stile di leadership che lascia dietro di sé l’idea ormai anacronistica che ai vertici di un’impresa possa esserci solo un maschio. 

I numeri raccolti da Lang&Partners nel primo semestre del 2020 relativi ai coaching più richiesti:

  • 30% Leadership inclusiva e D&I
  • 25% Happiness at work e benessere psicologico dei dipendenti
  • 25% E-leadership: come gestire efficacemente i team da remoto
  • 20% Sviluppo competenze manageriali 

Le nuove figure professionali richieste

Tra le professioni maggiormente richieste, inoltre, spiccano figure professionali estremamente importanti oggi come lo specialista di SEO e SEM che si occupa di incrementare l’adesione del consumatore sui social e sui siti web delle aziende, rendendo operative le strategie di marketing, ma anche l’Ecommerce Business Analyst, responsabile dell’analisi dei dati di vendita online. Il suo compito è di generare report sulle vendite online, analizzare le tendenze degli acquisti dei clienti e la valutazione dei competitor e l’Ecommerce Manager/Director che corrisponde al direttore commerciale e coordina le funzioni aziendali che strutturano l’e-commerce. Definisce la strategia delle attività di vendita tramite i canali digitali, il business planning, la definizione delle linee guida del marketing. In questi mesi il volume di affari delle vendite online ha visto un aumento di oltre il 74% delle transizioni rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un grande peso specifico in un’azienda hanno anche il Digital Marketing Manager, coordinatore delle attività di marketing legate al digital, e lo Chief Trasformation Officer, che gestisce tutta l’attività di digital transformation interno all’azienda.