Vendere è un’arte come tutte le altre. Non snaturiamo chi ha altre caratteristiche!
Vendere è un arte, ma ognuno ha la propria. C’è chi è bravo a dipingere, chi a salvare vite, chi fa il commerciale, chi fa musica, chi insegna e via dicendo. Purtroppo (e per fortuna) di “tuttologi” ce ne sono pochi in giro. Ma in un momento storico come questo, l’unica voce che realmente interessa alle aziende è quella relativa alla capacità di produrre denaro e ricchezza. Ed è giusto, perché come recita un vecchio adagio, “dove non c’è guadagno la remissione è certa”.
Dobbiamo trovare il nostro posto nel mondo, certamente adeguandoci ai tempi, ma senza l’ossessione di snaturarci; così come chi il lavoro lo offre, non deve snaturare l’ambizione e la propensione ad una determinata abilità chi è alla ricerca.
Chi esercita lavori intellettuali, difficilmente produrrà un qualcosa destinato al guadagno immediato, ma cercherà di manifestare il proprio pensiero attraverso un’opera. E il business qual è? Fare in modo che quell’opera nel tempo venga apprezzata e che sia valorizzata al fine di averne profitto.
Quanto vale questo oggi? Molto poco. Perché l’obiettivo, come detto, è fare soldi, non nel tempo, ma subito: ergo, un commerciale in grado di vendere un prodotto o un servizio in modo rapido, sarà molto più apprezzato da un’azienda, rispetto a chi quel prodotto o servizio lo pensa, lo immagina, lo definisce.
Non bisogna per questo colpevolizzare le aziende, anzi, bisogna fare loro un plauso perché producono ricchezza per il Paese e bisogna riconoscere i meriti ai cosiddetti “venditori” di mestiere, in quanto capaci di generare business per chi a fine mese paga loro gli stipendi.
Ma ciò che vorrei esprimere, attraverso questo mio pensiero, è che noto sempre meno spazio in questo mondo del lavoro per chi fa fatica ad entrare in questi concetti, proprio per natura e propensione. Ci sono professioni (eccezion fatta per rari casi), anche molto nobili, per le quali si fa fatica a trovare una fonte di guadagno o comunque un impiego e questo è un peccato perché, a mio personalissimo giudizio, si frena la capacità di ciascuno di questi di sviluppare le proprie caratteristiche.
Il mondo del lavoro ha sempre avuto bisogno di chi sa vendere, ma anche di altro ed in questo universo lavorativo allargato perdere le potenzialità, o meglio, non sfruttare al massimo tutto questo “altro”, è un vero peccato.