Vivere le reti tra tempo reale e tempo digitale
Il nostro viaggio nelle reti continua, anche nel tempo pandemico. Siamo di fronte ad una mutazione epocale in cui viviamo un tempo a due velocità. Da una parte, viviamo il presente che, per quanto veloce, comunque scorre accanto a noi ed insieme a noi, con processi e flussi che forse non possiamo governare del tutto ma che, per buona parte, possiamo quantomeno capire. Dall’altra, molti di noi vivono i loro flussi di Rete (sul lavoro, sui mercati, sui social network, eccetera) come una dimensione parallela che viaggia ad una velocità indescrivibile, e di cui è difficilissimo afferrare qualcosa se non, per i più attenti, piccole tracce di futuro sparse qua e là. Briciole di consapevolezza e poco più.
Ci dobbiamo stupire? In realtà, questa fase, nella sua struttura a due velocità, non è una novità nella Storia. Anche le persone che vissero nell’Umanesimo e nel Rinascimento avevano scarso sentore dei cambiamenti titanici che si stavano verificando attorno a loro. E anche loro venivano dal periodo della grande peste che sconvolse con ondate successive l’Europa tra il 1320 e il 1500. Oggi stiamo cercando di attraversare un abisso analogo.
Per l’ennesima volta nella Storia, i poteri e gli equilibri sono messi in discussione, mano a mano che un maggior numero di persone provenienti da un molte zone del mondo entrano in contatto, collaborano e competono sul palcoscenico globale. Le rivoluzioni vere, quelle silenziose, quelle non cruente, vanno sempre in questo modo. Il vecchio viene marginalizzato più velocemente di quanto non ci impieghi il nuovo a rimpiazzarlo. Gli antichi patti sociali, una volta smantellati, non possono essere riparati né sostituiti in tempi rapidi, perché hanno bisogno di un tempo sufficiente per il loro progressivo consolidamento.
Come cambieranno le cose intorno a noi?
Detto questo, la domanda successiva è: ok, ma qual è il problema? Il futuro non è una cosa che si prevede, è una cosa che si consegue. E oggi, anche se attraverso nebbie e tumulti, i contorni di nuove, inedite forme di organizzazione e rappresentanza stanno iniziando a profilarsi. Grazie alla Rete, al nuovo medium globale della competizione collaborativa e a livelli di connettività sociale mai raggiunti prima, tutti noi abbiamo a disposizione una serie di strumenti per reinventare processi, Istituzioni, convenzioni sociali.
Pensiamo alla crisi della politica. Ma il rischio vero è quello per cui le persone stanno maturando la sensazione che le Istituzioni siano remote e sganciate dall’esperienza, dai sentimenti e dalle aspirazioni reali della gente. Persino le organizzazioni no-profit vengono sottoposte ad un esame sempre più approfondito, e ricevono un numero crescente di appelli a comportarsi con maggior integrità nelle loro campagne o nella gestione dei fondi offerti dai donatori.
Il punto di svolta è questo: il sistema sociale connesso in Rete sarà sempre più attento nei confronti degli individui e delle organizzazioni. Nel business e nella società, quando i soggetti godono della fiducia del proprio network, dei propri stakeholder, i loro contatti di Rete rispondono attraverso comportamenti basati sulla cooperazione e sulla competizione collaborativa. Migliore è il rapporto di un’organizzazione con i suoi interlocutori, maggiore è l’accesso alle risorse di cui gode. La mancanza di fiducia dà luogo a conflitti, attriti e inefficienze. Consuma il tempo e le risorse di un sistema di gestione e management costretto a focalizzarsi sulle attività difensive.
Senza dimenticare che, nonostante la pandemia, la nascita di una nuova classe media planetario (centinaia di milioni di persone in Cina, India ed altri Paesi emergenti) sta probabilmente dando vita al maggiore sconvolgimento sociale che abbiamo mai visto a livello globale. Ne siamo già consapevoli: il ceto medio sfuma progressivamente nei Paesi industrializzati e cresce nelle nazioni che stanno emergendo a livello economico.
Questa importantissima fascia di popolazione diventa ogni giorno più consapevole dei processi economici e culturali che influenzano il pianeta e, piuttosto che alle guerre, in qualunque parte del mondo si collochino queste persone sono interessate alla stabilità del pianeta ed al loro benessere. Mentre i loro antenati celebravano il giorno in cui i loro figli partivano per la guerra, oggi una delle preoccupazioni che si sta diffondendo è quella di garantire ai ragazzi l’iscrizione a una buona università. Che dire? Persone lungimiranti.
Questa centralità degli indicatori economici e di benessere ci deve far riflettere. L’economia si è sostituita agli armamenti come parametro di potere globale. A livello internazionale, è chiaro che in futuro una nazione potrà mantenere il suo status attraverso il potere economico che, a sua volta, nasce dallo sviluppo scientifico e tecnologico.
“Il tempo è l’unico capitale che tutti gli uomini possiedonoe che nessuno può permettersi di perdere”
Thomas Alva Edison
A cura di Angelo Deiana